La caduta di Icaro


Era stato ideato per essere il mezzo di trasporto più grande ed imponente di tutti i tempi. Rivestito in tela di cotone, impregnata con ossido di ferro ed acetato butirrato di cellulosa, insieme miscelati con polvere di alluminio, sorretto da un telaio portante in alluminio del diametro di 46,8 metri, era lungo 245, solo 9 in meno del “Titanic”, e conteneva 211.890 metri cubi di gas, suddivisi in 16 comparti stagno. Spinto da 4 motori diesel “V16 Daimler Benz LOF 6 VL2”, ad elica, di 900 cavalli ciascuno, raggiungeva una velocità massima di 135 k/h. Era in grado di trasportare 72 passeggeri (ridotti a 50 nei voli intercontinentali) e 61 membri di equipaggio.
Sono queste le caratteristiche tecniche del dirigibile “LZ 129 Hindenburg”, dal nome dell’ultimo Presidente della Repubblica di Weimar, Paul von Hindenburg, eletto per due mandati consecutivi, nel 1925 e nel 1937, a governare la Germania.
Costruito nel 1935 dall’industria aeronautica tedesca “Luftschiffbau Zeppelin GmbH” (fondata nel 1908 da Ferdinand Graf von Zeppelin) al costo di 500.000 dollari e considerato in assoluto il velivolo più sicuro del momento, fece il suo primo viaggio nel marzo del 1936, completando, nel luglio di quello stesso anno, una doppia traversata atlantica, nel tempo record di 5 giorni, 19 ore e 51 minuti.
Era stato predisposto per essere riempito di elio, ma l’embargo militare statunitense costrinse i tecnici tedeschi a utilizzare, in alternativa, il gas idrogeno, peraltro altamente infiammabile.
Il 6 maggio 1937, durante la manovra di attracco nella stazione aeroportuale di Lakehurst, nel New Jersey, lo Zeppelin prese fuoco ed in meno di un minuto fu distrutto. Delle 97 persone a bordo, solo (è il caso di dirlo) 13 passeggeri e 22 membri dell’equipaggio persero la vita.
La sciagura è ricordata anche grazie alla straordinaria presenza di cineoperatori e fotografi, e dalla radiocronaca di Herbert Morrison, dell’emittente “WLS” di Chicago, condotta sul posto e trasmessa il giorno seguente.
Queste furono, letteralmente, le sue concitate parole: “Al momento è praticamente immobile. Hanno gettato le funi dalla prua e alcuni uomini le hanno assicurate al suolo. Ricomincia a piovere. I motori posteriori girano quel tanto, quel tanto che basta a tenerlo su… È andato in fiamme! È andato in fiamme e sta precipitando, si sta schiantando! Attenzione! Attenzione, voi! Toglietevi di mezzo! Toglietevi di mezzo! Riprendi, Charlie! Riprendi questo, Charlie! Il fuoco e si sta schiantando! Si schianta, è spaventoso! O mio Dio, toglietevi, ve ne prego! Brucia e divampa, e il… e sta precipitando sopra al pilone d’ormeggio e tutti si rendono conto che è terribile, questa è una delle peggiori catastrofi del mondo! È… è… in fiamme, sta salendo, oh, quattro, forse cinquecento piedi nel cielo ed è… uno schianto pazzesco, signori e signore. C’è fumo, fiamme ora… e il telaio si sta schiantando al suolo, non proprio sul pilone. Oh, tutta quell’umanità e i passeggeri che urlano ovunque, qui attorno. Ve l’ho detto, non riesco nemmeno a parlare alle persone i cui amici sono lì a bordo. Ah! È… è… è…è… o… ohhh! Non, non riesco a parlare, signori e signore. Veramente, giace laggiù, un ammasso di resti fumanti. Ah! Tutti riescono a malapena a respirare e a parlare, e le urla. Signora, mi, mi dispiace. Sul serio: respiro a malapena. Sto, sto per rientrare dove non posso vederlo. Charlie, è terribile. Ah, ah… Non posso. Devo proprio, proprio fermarmi un minuto perché ho perso la voce. È la cosa peggiore a cui abbia mai assistito!”. “Oh, the humanity!”
La causa del disastro non fu mai completamente chiarita. Inizialmente, venne attribuita, dal personale tecnico della “Luftschiffbau Zeppelin GmbH”, ad un sabotaggio. Ma in un secondo momento, prese piede un’altra teoria, giudicata da molti la più attendibile.
L’Hindenburg, durante il volo, aveva accumulato parecchie ore di ritardo sulla tabella di marcia e quando giunse in vista di New York, le condizioni atmosferiche non erano delle migliori. Ciò spinse l’esausto Comandante, il Capitano Max Pruss, ad ordinare una brusca virata, prima a destra poi a sinistra, per permettere al dirigibile di allinearsi con il vento ed attraccare senza dover attendere il miglioramento della situazione meteo.
Quella manovra piuttosto violenta provocò la rottura di uno dei tanti cavi elettrici che, per il contraccolpo, frustando la copertura esterna di una cisterna di idrogeno, la lacerò causando la fuoriuscita del gas. A contatto con le forze elettrostatiche prodotte dall’umidità esterna, incominciò, come sua caratteristica, a bruciare senza fiamma.
Alcuni testimoni dichiararono di aver visto, pochi secondi prima dell’incendio, un lampo di luce sulla parte posteriore del dirigibile (l’idrogeno che incominciava a bruciare) ed una deflagrazione che ne investì l’intero rivestimento esterno, disintegrandolo. Fu scoperto in seguito che l’Hindenburg non era stato progettato per effettuare virate strette e che una delle principali raccomandazioni, impartite all’equipaggio di guida, era stata quella di effettuare manovre piuttosto ampie, sia in fase d’attracco che di volo.
La disgrazia rese diffidente il regime nazista sull’impiego degli Zeppelin, tanto da ritenere il progetto, una vera e propria sconfitta. Quella che all’inizio degli anni ’30 era entusiasticamente apparsa come una rivoluzionaria e proficua soluzione dei voli transoceanici, in alternativa alle lunghe traversate via mare, fu progressivamente rivista e poi abbandonata.
Nel 1940, tre anni dopo l’incidente, il reparto dirigibili della casa costruttrice “Luftschiffbau Zeppelin GmbH” di Francoforte fu messo in disarmo, ponendo fine alla gloriosa storia dei giganti tedeschi dell’aria.