Amarsi da morire


“Questa è la signorina Bonnie Parker. Il mio nome è Clyde Barrow. Di solito rapiniamo banche….”.
Con questa famosa “frase d’amore”, pronunciata dall’attore americano Warren Beatty, il regista Arthur Penn, nel 1967, con il film “Gangster Story”, portò sugli schermi di tutto il mondo la storia del criminale più ricercato nell’America degli anni ’30, con un nome che da solo non avrebbe mai detto nulla, se non associato a quello della sua inseparabile compagna.
Lei, all’anagrafe Bonnie Elizabeth Parker, nacque nel 1910 a Romena, in Texas; lui, Clyde Chestnut Barrow, che aveva solo un anno di più, proveniva da un paesino dello stesso Stato, chiamato Ellis County. Il loro amore fu un vero e proprio colpo di fulmine, che scoccò al primo incontro, in casa di un’amica comune, nel gennaio del 1930 a Dallas. Una leggenda vuole che il ragazzo avesse anche cercato di rubare la macchina della madre di Bonnie.
Entrambi erano di origini molto umili. Clyde, cresciuto sulla strada, aveva frequentato poco la scuola e non aveva un lavoro. Bonnie faceva l’inserviente in un bar. Le loro famiglie furono comunque rovinate dal crollo finanziario americano del 1929.
L’infanzia di lei fu di stenti e di grossi sacrifici per poter pagare la scuola, in cui ottenne ottimi risultati che però non le permisero di conseguire un qualcosa di più di un posto da cameriera al “Marco’s Café” di Dallas. La vita di Clyde, abbandonata prestissimo la carriera scolastica, si svolse, con la famiglia, in una tenda sotto il viadotto di Houston Street e fu caratterizzata da continui furti d’auto e soggiorni in galera. Entrambi, quindi, incominciarono insieme ad inseguire il cosiddetto “sogno americano”.
Lui ebbe però la peggio. Durante una rapina, uccise il proprietario di un negozio ed iniziò così, per la coppia, una vita da fuggiaschi, costellata di omicidi e rapine a mano armata. A loro si unirono, in seguito, il fratello di Clyde, Buck (una volta uscito di prigione, nonostante i ripetuti ma vani tentativi della moglie di ricondurlo ad una vita onesta), ed Henry Methwin, l’uomo che poi tradì la coppia in cambio della salvezza, barattando la propria libertà con la vita dei compagni.
Bonnie seguì in tutto e per tutto Clyde, ciecamente, con un amore smisurato ed irrazionale. Pur avendo costantemente la polizia alle calcagna, in meno di due anni uccisero nove poliziotti e numerosi civili. In effetti, le loro prime azioni non colpirono particolarmente l’interesse della gente. Si trattò solo di piccoli furti a pompe di benzina e a gioiellerie. Divennero una preoccupazione, anche per l’opinione pubblica, dopo un agguato della polizia a Joplin, nel Missouri. Da quel momento, non più un attimo di tregua; incominciò la caccia e vennero messe le prime taglie sulle loro teste. Da quella trappola riuscirono a scappare, sparando, ma non ebbero, però, il tempo di recuperare le loro cose.
Fu così che un giornalista riuscì a trovare, nel loro covo, diversi rullini fotografici. Gli scatti, anche se sviluppati in modo artigianale, raccontavano la storia di due giovani innamorati, anche della vita, che avevano scelto di rifiutare un’esistenza grama, preferendo la fuga continua, dalla società e dalla legge. La maggior parte degli americani iniziò ad immedesimarsi in quelle due mitiche figure, che avevano avuto il coraggio di fare ciò che molti desideravano nel proprio inconscio.
Era l’America della grande crisi a fare da sfondo alla storia di due gangster, alla storia di una coppia snobbata dai criminali di professione e adorata dai giovani, per il loro modo di vivere e di vestirsi. Non a caso, erano gli anni in cui vennero aperti i primi supermercati.
Erano entrambi consapevoli del loro destino. Non avevano paura di sfidarlo, si sentivano quasi immortali. E se avessero dovuto morire, lo avrebbero fatto comunque insieme. Inseguivano un sogno di libertà. Il loro legame diede origine al termine, divenuto molto popolare, di “sindrome di Bonnie and Clyde”, con il quale venne definita la “Hybristophilia”, ovvero quel sentimento che spinge qualcuno, o qualcuna, tra le braccia di un’altra persona, la cui pericolosità e le cui gesta criminose sono note. Volevano essere ricordati come eroi, nonostante i delitti compiuti, prigionieri della loro fama. Una fama che raggiunse il culmine quando 167 fori di proiettile, che crivellarono la carrozzeria della loro Ford V8, posero fine a quell’esistenza, il 23 maggio del 1934. Lei aveva solo 24 anni, lui 25.
Nella macchina furono rinvenute numerose targhe, utilizzate per sostituire quelle originali delle auto rubate, delle armi e più di 3.000 proiettili. Un vero e proprio arsenale ambulante.
Entrambi furono sepolti a Dallas, nel Texas. Clyde, nel Western Heights Cemetery; Bonnie, nel Crown Hill Memorial Park. Avrebbero voluto essere seppelliti l’uno a fianco dell’altra, ma la famiglia Parker non lo permise.
Sulla lapide di Bonnie venne inciso questo brano, tratto da una sua poesia: “As the flowers are all made sweeter by the sunshine and the dew, so this old world is made brighter by the lives of folks like you” (come i fiori sono resi più profumati dalla luce del sole e dalla rugiada, così questo vecchio mondo è più splendente grazie all’esistenza di persone come te).
La loro popolarità è sempre stata viva e forte. Lo dimostrano, ad esempio, le “follie” compiute per accaparrarsi uno dei cimeli della coppia di gangster: la camicia indossata il giorno dell’omicidio è stata pagata, negli anni ’80, centoquarantamila dollari. Sono stati venduti, a cifre astronomiche, il primo fucile di Clyde e lo specchio che lui stesso si costruì in carcere. Così come un paio di scarpe di Bonnie, il suo album di fotografie, le lettere infuocate che i due amanti si scambiarono, munizioni e, persino, un orsacchiotto di stoppa. Questi oggetti furono messi in vendita, nel 1997, da Marie Barrow, 78 anni, sorella di Clyde e ultima sopravvissuta della famiglia. Nel 2012, vennero offerte all’asta e vendute per cinquecentomila dollari le pistole trovate accanto ai corpi, ancora caldi, dei due fuorilegge americani. Tra gli altri cimeli, anche una calza di seta di Bonnie, trovata nell’auto, fu acquistata per undicimila e quattrocento dollari. Un orologio d’oro, da tasca, di Clyde, venne battuto a centotrentaseimila dollari ed un “dollaro d’argento”, trovato nella giacca dell’uomo, a ben trentaduemila e quattrocento dollari.
Solo questo, dopotutto, rimase di loro e nient’altro! Ma possono definirsi, in fin dei conti, due vite sprecate? Non è facile giudicare.