Europa, la protesta inizia dalla Francia


La Francia e’ nel caos. In questi giorni la rivolta dei “gilet gialli” ha letteralmente mandato in tilt il paese. A decine di migliaia sono scesi in piazza, i rappresentanti di quel ceto medio impoverito e vampirizzato dalla globalizzazione economica. Il “popolo degli abissi” esasperato dal caro vita e dalla precarizzazione della propria esistenza.
Macchine date alle fiamme, scontri con la polizia con lancio di sanpietrini, hanno mostrato l’immagine di un Paese ormai al collasso, dove le contraddizioni del sistema economico mostrano i segni piu’ evidenti. La Francia e’ il vero malato d’Europa, con un impoverimento progressivo della popolazione, le divisioni sociali, la marginalizzazione dei “perdenti della globalizzazione” nelle periferie e l’incistamento del terrorismo di matrice islamica, che come dimostrato dall’ ennesimo attentato avvenuto a Strasburgo, risulta essere di impossibile soluzione.
Il Presidente Macron e’ il bersaglio della protesta, ma a essere messo in discussione e’ l’intero modello liberal-capitalista, che come si e’ detto, mostra i punti deboli piu’ evidenti in un Paese che sembra scivolare verso la guerra civile, come sostenuto da fonti dei servizi di sicurezza francesi.
Macron e’ la personificazione del volto arrogante delle Elite, il “matrix” inventato dalle oligarchie finanziare e burocratiche dell’UE per salvare il sistema.
Dopo i disordini che hanno portato all’arresto di oltre 700 persone e sei morti, il leader di En Marche ha manifestato un “mea culpa” che non sembra convicere i gilet, attraverso la proposta di una serie di ammortizzatori sociali. L’aumento di 100Euro mensili sui redditi inferiori a 2mila Euro, una serie di sgravi fiscali su redditi e pensioni, piu’ un colloquio con le maggiori aziende del Paese per convincerle ad elargire dei bonus per i dipendenti, sono armi spuntate per placare la rabbia sociale di una massa inferocita che pretende le dimissioni del rampollo delle oligarchie.Per attuare tali riforme saranno necessari 10 miliardi di Euro che costringeranno la Francia ad un deficit ulteriore, arrivando al 3,5%.Tutto cio’ mentre invece il governo giallo-verde sembra cedere alle pressioni della Commissione UE, abbassando il deficit dal 2,4 al 2,04%.Un arretramento che appare inspiegabile, dato che il comportamento piu’ logico da parte del nostro Governo, sarebbe stato quello di accodarsi alle richieste francesi per richiedere eguale flessibilita’. Flessibilita’ che non e’ stata invece accordata dall’arrogante Moscovici, che reputa le situazioni dei due paesi non paroganabili, anche se la Francia in termini assoluti e’ messa molto peggio dell’Italia, con un debito aggregato che supera il 400%. Evidente l’ostilita’ nei riguardi del governo sovranista italiano, se si pensa che Moscovici ritiene non sufficiente l’abbassamento al 2,04 per scongiurare la procedura di infrazione contro l’Italia.Diverse possono essere le interpretazioni di tale cedimento. Evitare la procedura di infrazione, accettando una riduzione dei decimali, per poi infrangerla nei fatti, come gia’ operato da Francia e Spagna, oppure rinviare lo scontro alle elezioni europee di maggio, dato che i burocrati alla Moscovici sanno di avere le ore contante.
Il tempo ci dira’ le ragioni di tale cendimento.
Con lo spettro di un “colpo di stato”, le proteste di un elettorato di cittadini, stanchi di vivere senza speranza di miglioramento delle proprie condizioni di vita, un debito pubblico in crescita continua e una crisi del proprio modello multiculturale con attacchi terroristici fuori controllo, la Francia e’ l’anello debole del contiente europeo.
Di tale debolezza sembra approfittarne Donald Trump, che in una Parigi messa a ferro e fuoco, non ha risparmiato critiche al presidente Macron, suscitando le risposta contrariata del ministro MdE Le Drian.
Alcune settimanete fa, Trump aveva espresso tutto il suo disappunto per la proposta da parte del capo dell’Eliseo della formazione di un esercito europeo a guida francese, che aveva suscitato l’approvazione anche della Merkel.
Francia e Germania appaiono sempre piu’ insofferenti al nuovo corso trumpiano.
Ma quale e’ il ruolo dell’Italia?
Il Governo Conte ha subito mostrato la sua distanza verso l’iniziativa francese e non senza ragione.
La Francia, dopo il ruolo destabilizzatore assunto in nord-Africa ed i suoi continui tentatativi di mettere i bastoni tra le ruote all’Italia per un ruolo di paficazione in Libia e nel Mediterraneo, non puo’ essere assolutamente considerata un interlocutore credibile, soprattutto se oltre alla Nato, esiste gia’ la Pesco, un accordo di collaborazione militare tra i paesi europei.
Inoltre una leadership militare francese, unita ad un dominio finanziario della Germania su scala continentale, rischierebbe di schiacciare ulteriormente la posizione del nostro Paese e del suo governo, che deve gia’ guardarsi da nemici interni quantomai infidi.
Alcuni giorni fa il MdI Matteo Salvini, ha lanciato un messaggio alla Germania e all’Europa attraverso la formazione di un “asse Roma-Berlino”. Evidente l’intento di sfruttare la posizione di debolezza della Francia, impegnata a risolvere una gravissima crisi sul piano interno.
Se l’Italia e’ chiamata a scegliere tra due mali, Berlino e’ senz’altro il minore(?), visto che la Francia ci restera’ nemica almeno fino quando il toy boy di Brigitte restera’ in sella.
Per rilanciare questa UE allo sfascio, divisa tra gli egoismi nazionali e le rivolte sociali, sara’ prima indispensabile un cambio ai vertici, cominciando dalla caduta di Macron e dei suoi sodali commissari europei.
Le elezioni di maggio, saranno uno spartiacque decisivo per liberare l’UE dalla guida dalle vecchie oligarchie .
Prima ho messo un punto interrogativo al minor male possibile Berlino , in effetti se si guarda alla falsa realtà creata dai giornali televisioni e tanto altro marciume, Berlino sembra essere il miglior alleato. Ma la realtà vera ci dice qualcos altro . La crescita economica tedesca fra il 2000 e il 2003 era stata nulla mentre la disoccupazione cresceva. Nel primo decennio dell’euro (1999-2008) il debito pubblico tedesco è aumentato dal 61% al 67% del Pil al contrario di quello di molti Piigs, Italia compresa, il cui debito nello stesso periodo scendeva dal 113% al 106% del Pil. Questo perché dal 2000 al 2005(badate bene), prima dello scoppio della crisi del 2007 la spesa pubblica tedesca è aumentata di circa 120 miliardi di euro, una cifra che fu allocata per circa 2/3 (90 miliardi di euro complessivi) in sussidi alle imprese e in politiche attive per il mercato del lavoro. Le spese per l’istruzione, invece, aumentarono di soli 8 miliardi e quelle per l’edilizia popolare di 3.In pratica la Germania che per 4 anni di seguito sforò la regola del 3% nel rapporto deficit/pil aveva finanziato a deficit le proprie imprese, in aperta violazione del Trattato di Maastricht,spendendo soldi pubblici per rendersi competitiva con le scorrette riforme Hartz – che quindi vanno inquadrate come il classico aiuto di Stato vietato dai trattati – che porteranno ad un abbattimento del costo del lavoro tedesco, a colpi di precarietà, con la flexicurity e i mini job, che determinarono un declino dei salari nominali e reali tedeschi che scesero fra il 2003 e il 2009 di circa il 6%.Una svalutazione reale finanziata con sussidi diretti e indiretti al sistema produttivo tedesco. Queste azioni di vero e proprio dumping sociale, avviate in Germania, furono decise unilateralmente, senza consultare “i fratelli europei” violando palesemente l’articolo 119 del Trattato di Funzionamento dell’UE (TFUE). Che la Germania giocasse sporco lo avevamo già intuito quando un ex Ministro delle finanze greco Nicos Christodoulakis, denunciò a suo tempo, che il Governo tedesco non aveva incluso gli ospedali nel settore pubblico, falsando quindi i suoi conti dell’entrata nell’euro. E visto che il lupo perde il pelo ma non il vizio, la Germania non ha mai smesso di finanziare le sue imprese in violazione dei trattati europei. In pochi sanno – dato che i media e i politici tendono a glissare su questo argomento – che la banca pubblica tedesca creata nel dopoguerra dagli alleati, per gestire i fondi del piano Marshall, è stata il più importante strumento di politica industriale del paese ed una delle più grandi e potenti banche del mondo la Kreditanstalt fuer Wiederaufbau,(KfW) cioè Istituto di credito per la ricostruzione. La KfW ha da decenni il ruolo di motore e finanziatore dello sviluppo, ossia quel ruolo che i falchi di Berlino e di tutta l’Eurozona non vogliono attribuire alla Banca Centrale Europea. A trarne vantaggio è il solo sistema tedesco. Il rating di questa banca è ottimo, pari a quello dei Bund tedeschi, per cui alla KfW non è difficile approvvigionarsi a tassi bassissimi quasi esclusivamente sui mercati mondiali, dove in un recente passato, ha realizzato in media emissioni per circa 80 miliardi di euro, come riportato in un articolo di Repubblica del 11 Febbraio 2013 dal titolo “così funziona il motore della Germania”.La KfW appartiene per l’80% alla Repubblica federale e al 20% ai Lander (ossia i 16 stati federati della Germania, sempre soggetti pubblici) e svolge molti compiti di finanziamento del settore pubblico, non solo finanziando le piccole-medie imprese, ma rendendosi artefice di salvataggi di aziende e banche come nel caso della Ikb collassata a causa dei mutui subprime. Salvataggi che ad altri paesi non sarebbero stati permessi ma che Berlino per anni ha fatto passare come interventi non pubblici, a dispetto della proprietà al 100% pubblica dell’Istituto, e sostenendo dei costi che restano al di fuori del perimetro del bilancio federale, e che quindi, non figurano nel debito pubblico tedesco.Compiti e operazioni che, invece, in un paese come il nostro, figurerebbero nei conti statali incidendo nel rapporto debito/pil in maniera considerevole. Conteggiando, infatti, le spese di questa che può essere definita la Cassa Depositi e Prestiti tedesca, la Germania avrebbe più volte sforato il 100% nel rapporto deficit/Pil – come fece notare l’economista e attuale Presidente della Commissione Tesoro e Finanze, Alberto Bagnai su “Il Fatto Quotidiano”- spiegando che “questa operazione è consentita dai criteri contabili Esa95, che escludono dal computo del debito pubblico quello delle società pubbliche che coprono i propri costi per oltre il 50% con ricavi di mercato. La KfW rientra in questo criterio, ma ciò non toglie che se qualcosa le andasse storto, sarebbe il governo federale agarantire le sue obbligazioni, esattamente come gli altri Bund.”In pratica, anche se i tedeschi hanno trovato il modo per aggirare le norme, resta il fatto che si tratta di operazioni estremamente scorrette e di vere e proprie falsificazioni dei conti. Alla luce di queste nuove realtà cambia completamente l’immagine dell’Italia definita un paese spendaccione, che vive al di sopra delle proprie possibilità, nei confronti della Germania, definita invece, oculata e sempre attenta alla propria spesa per tenere i conti in ordine. Se andiamo a vedere qualche grafico ufficiale ci rendiamo conto che dal secondo trimestre del 2007, ossia quando è ufficialmente scoppiata la crisi dei subprime e delle banche, che negli anni successivi hanno chiesto aiuto agli Stati, facendo quindi incrementare il debito pubblico (che nell’Eurozona è passato dal 60 all’80%) l’Italia è stato il paese che ha visto crescere meno di tutti, nell’area euro, il debito pubblico nominale (quello che comprende anche il tasso di inflazione). Dalla metà del 2007 a metà 2013, ha avuto un incremento del 27%. Nello stesso periodo il debito pubblico della Germania, dove come abbiamo visto, non viene conteggiata l’ingente quota della KfW ha avuto, invece, un incremento del 34%. Questo nonostante negli stessi anni la Germania abbia generato un’inflazione inferiore di cinque punti rispetto all’Italia e abbia pagato tassi sul debito molto più bassi rispetto al nostro paese (da qui lo spread). E la Francia? Nel frattempo ha visto crescere lo stock di debito del 57%, anch’esso vicinissimo ai 2 mila miliardi di euro. Ha mantenuto un elevato e continuo sforamento del vincolo del 3% senza subire alcuna procedura d’infrazione. Attualmente il rapporto debito/pil francese ha sfiorato il 100%, ed è la Francia ad essere il paese finanziariamente più esposto. Molto più dell’Italia, ma questo né i nostri media né i tecnocrati europei, sempre pronti a bacchettare il nostro paese, ce lo racconterebbero mai.