Nordio e l’eterno dramma di giustizia ed ingiustizia


Nella tessitura intricata delle leggi e delle loro interpretazioni, l’anima della giustizia si dipana come un filo sottile, in bilico tra l’equilibrio e lo squilibrio. È un’epopea dai tratti melodrammatici quella che si consuma nei tribunali, dove Nordio e l’eterno dramma di giustizia ed ingiustizia si fronteggiano in un duello senza fine.


Uno dei pilastri fondamentali che sorregge il tempio della riflessione politica è indiscutibilmente il concetto di giustizia. Un concetto che risale alle origini stesse della civiltà, scrutato con occhi saggi dai filosofi antichi come Platone e Aristotele, quest’ultimo autore di un’analisi che ha attraversato i secoli, distinguendo tra giustizia distributiva e commutativa. Aristotele accosta la giustizia alla legge e all’uguaglianza, sottolineando che l’ingiusto è colui che viola la legge e non rispetta l’uguaglianza, mentre il giusto è colui che le rispetta. Ma ciò solleva interrogativi profondi: quando una legge è giusta? E se una legge è ingiusta, è giusto obbedirle?

Le riforme recenti nel panorama giudiziario offrono uno spaccato del clima politico del momento. Tra le misure adottate, l’introduzione dei test psico-attitudinali per i magistrati ha suscitato un dibattito acceso. Tuttavia, ci si interroga sul significato e sull’utilità di tali test nel contesto giudiziario. Mentre per alcune professioni la loro somministrazione è intuitiva, per i giudici resta un punto interrogativo. Ci si chiede quali parametri vengano valutati e quali siano gli esiti che potrebbero precludere l’accesso alla professione.

Il punto focale rimane la necessità che i magistrati siano in possesso di sensi, siano capaci di discernimento e di equilibrio nel momento in cui emettono un verdetto. Questa necessità diventa ancor più urgente nel contesto delle riforme giudiziarie. La riforma Cartabia aveva introdotto il “fascicolo delle performance”, un’innovazione che avrebbe consentito una valutazione più accurata della professionalità dei magistrati. Tuttavia, il recente svuotamento di significato di questa riforma rappresenta un passo indietro nella ricerca di una giustizia equa ed imparziale.

Il Governo, con la sua scelta di mantenere il controllo “a campione” e di neutralizzare la riforma Cartabia, perpetua l’irresponsabilità professionale dei magistrati e alimenta lo squilibrio democratico. Dei tre poteri dello Stato, solo quello giudiziario sembra rimanere immune da qualsiasi forma di responsabilità. Mentre la politica della giustizia si intreccia con gli interessi e le pressioni della magistratura, il vero obiettivo della ricerca della giustizia rischia di perdersi nel labirinto delle convenienze politiche.

In questo dramma senza tempo, Nordio e il destino della giustizia si intrecciano in un intricato gioco di potere e responsabilità. Solo con un impegno costante per la trasparenza e l’equità, la giustizia potrà emergere trionfante dalle ombre dell’ingiustizia, illuminando il cammino verso un futuro più giusto per tutti.