CookOut, un pasto al sole – Vulcano di polenta con ‘lava’ alle seppie


Questo è un piatto unico, da presentare nelle serate piovose di fine inverno, quando fuori ulula il vento e in casa vostra ulula lo stomaco dalla fame. Con questa ricetta zittirete i vostri e gli altrui visceri che avranno il loro bel da fare per ritornare operativi. Che poi non è del tutto vero: dalle mie parti una antico proverbio contadino dice: “Pulenta pulentà, pansa pin-a e mal mangià” (Polenta e ancora polenta, pancia piena e mal mangiato, nel senso che dopo poco lo stomaco si vuota e la fame ritorna).
L’abbinamento tra polenta e seppie è un classico della cucina veneta (come anche le seppie con i piselli). In questo caso ho rivisitato la ricetta per renderla più gradevole alla vista e, perché no?, più golosa.

Cosa serve (per 2 persone):
500 g di seppie di piccole dimensioni (7-8 cm)
500 gr di passata di pomodoro o pelati frullati
1 spicchio d’aglio
Olio extravergine di oliva
Una dozzina di olive nere snocciolate
Timo
Peperoncino (non troppo piccante)
½ bicchiere di vino bianco
Un pizzico di zucchero
Sale, pepe nero

Per la polenta:
500 gr di farina di mais (anche istantanea, non è un reato)
2 litri d’acqua
Sale

Come si fa:
Lavate bene le seppioline, sciacquatele e asciugatele con un canovaccio. Se sono congelate lasciatele prima scongelare a temperatura ambiente.
In un tegame capiente mettete l’olio e uno spicchio d’aglio pulito e diviso a metà, quindi accendete il fuoco a fiamma moderata.
Quando l’aglio inizia a sfrigolare abbassate la fiamma, tuffate le seppie e coprite immediatamente con un paraspruzzi o con un coperchio prima che si renda necessario reimbiancare la cucina.
Dopo un paio di minuti scoprite per verificare se le seppie hanno rilasciato la loro acqua. In questo caso lasciatela asciugare solo se lo può fare in un minuto, altrimenti versate via l’eccesso.
Non fate l’errore di lasciare l’acqua delle seppie a mescolarsi col pomodoro che ora andrete ad aggiungere: come ho già scritto in passato la stima di chi vi sta intorno ne risentirebbe moltissimo a causa del formarsi di un disgustoso brodazzo dall’odore di guano scaduto.
Aggiungete ½ bicchiere di vino bianco. Che sia secco e buono, mi raccomando, non come vostro solito: persino a Biella vendono vini più dignitosi del San Crispino!
Alzate la fiamma al massimo finché l’alcool non sarà evaporato, quindi abbassatela di nuovo, aggiungete il peperoncino intero e dopo aver mescolato per bene versate la passata di pomodoro.
Mescolate e aggiungete il sale (non troppo, c’è sempre tempo di aggiustare alla fine) e una presina di zucchero per spegnere l’acidità del pomodoro, quindi il timo e le olive.
Coprite con un coperchio lasciando sobbollire a fiamma bassa per una buona mezz’ora, mescolando di tanto in tanto e controllando lo stato dell’umido che si va formando, per evitare di lasciar bruciare tutta questa grazia di Dio.
Dopo mezz’ora assaggiate un pezzetto di seppia per capire se è cotta o se lasciare ancora una decina di minuti sul fuoco (dipenderà dalle dimensioni dei simpatici cefalopodi).
Al termine eliminate l’aglio e il peperoncino e aggiustate di sale se serve, quindi aggiungete una macinata di pepe nero.
Nel frattempo avrete avuto la creanza di cuocere una sontuosa polenta tenendola sufficientemente densa da evitare che si allarghi nei piatti come la deiezione posteriore di una vacca con la diarrea.
Servendovi di un grosso cucchiaio o di una spatola disponete una generosa razione del sodo pasticcio di mais in ogni piatto, quindi prendete un mestolo (che avrete tenuto pronto all’uso immerso in una ciotola di acqua) e con la parte convessa praticate una depressione (o cavità, che dir si voglia) al centro del montarozzo giallastro, quindi riempite il cratere così formato con le seppie e il loro sugo e servite immediatamente, ponendo al centro del tavolo il tegame con il restante sugo (se ne è avanzato) che sparirà anch’esso rapidamente negli anelanti esofagi dei commensali.