Se Gaza diviene il mondo


Al di là delle vulgate sui tragici fatti dell’area israelo-palestinese, ecco la posizione, riportata in modo abbastanza fedele, di un intellettuale serio: Michel Houellebecq. Romanziere sì, ma professionista. Da scrittore a mia volta e da editore ferrato, quando si trattano temi ad esempio sociologici come il rapporto tra Islam, Ebraismo israeliano e Cristianità so bene che occorre studiare e documentarsi molto.
Houellebecq lo fa.
E allora leggete pure col vostro spirito critico questo articolo:
https://www.ilgiornale.it/news/cronaca-internazionale/houellebecq-su-gaza-mi-aspettavo-grande-movimento-solidariet-2258882.html?fbclid=IwAR2VTpVViH5kOcU-Klct8ZWvXMDR-pbYFIQKxAmrLIa110p05LppxgH8OTU.
E anche quest’altro sul rispetto della donna nell’Islam:
https://www.panorama.it/news/dal-mondo/hamas-donne-ostaggio-stupri-israele?fbclid=IwAR10Rznz2QG_OxZz5lqBsA1I7gxGpOGbpIrVc6LZjhMEcwm9YCyQ6-rCeUQ.
Per entrambi ringrazio la ottima segnalazione di Giuseppe Alagna.
La questione finale è tutta lì: l’obiezione all’Occidente da parte del mondo islamico è OPPORTUNISTICA, e Israele-che-è-Occidente in fondo proprio per questo non è tollerato. Se all’Islam togliamo il patto scellerato tra potere oligarchico e mezza umanità maschile a cui quel potere tardo medievale assegna l’altra mezza umanità (le donne), l’Islam crolla e così finalmente anche un bel pezzo di ostilità umana. Stupri e femminicidi in gran parte inclusi.
Ma oggi si stanno aprendo altre pagine, che vedono venire al pettine le differenze tra Stati a economia primaria (agricoltura, allevamento e materie prime) e Stati a economia industriale (altrimenti detta secondaria). I primi sono fornitori dei secondi, e le leggi del mercato dicono in modo semplice che il prezzo viene fatto dalla entità della domanda e dalla disponibilità dell’offerta. Occidente e Cina sono caratterizzati da prevalente economia di trasformazione, con i costi industriali (materie prime ed energia) e di trasporto dei prodotti come principali nella concorrenza. La crisi del mar Rosso, al seguito del ribollire dell’intera area adiacente soprattutto dovuta alla tensione bellica tra Israele e Hamas, sta creando grandi difficoltà al trasporto per il corridoio che collega Oceano Indiano / Pacifico, tramite Suez, al grande mercato europeo. I commerci cinesi transitano prevalentemente da lì, e i rischi di cambiamento nel controllo di quella strategica via sono elevatissimi. Il gruppo armato yemenita Houthi sta causando forti disturbi al flusso di navi container, con due possibili esiti: 1. l’intervento a difesa del libero passaggio tramite protezione militare dei convogli; 2. Il controllo delle strutture di terra che affacciano sul mar Rosso per impedire tali disturbi. L’Occidente sembra ora perseguire la prima strada, mentre la Cina sembra puntare di più sulla seconda. Indubbiamente, benché gli interessi del fluido scorrere dei commerci vedano gli interessi dei secondari (Occidente e Cina) essere comuni per la libertà di transito, le soluzioni sono profondamente diverse: la Cina potrebbe trovarsi a giocare un ruolo politico importante nel controllare il corridoio Mar Rosso – Suez attraverso accordi politici con i Paesi che guardano quello specchio marino e ne disturbano la funzione (Yemen, Iran, Siria); l’Occidente a destabilizzarli o comunque a rafforzare la propria presenza strategica presso i loro antagonisti locali (Arabia Saudita, Israele, EAU, Bahrein, e anche la Turchia) e a proteggere militarmente il flusso con la flotta militare (iniziativa momentaneamente già in corso).
La questione palestinese assume sempre di più il tratto di un problema globale, che può avvicinare al conflitto mondiale, se non si trova intanto con la Cina una strategia comune per sbottigliare il mar Rosso in senso puramente economico. La Russia soffia su una contrapposizione e non sappiamo quanto la diplomazia occidentale sia collegata a quella cinese per identificare una strategia delle economie industrializzate per mar Rosso-Suez contro i ricatti degli Stati Primari guidati dal grande stratega Putin. Di fronte a questa sfida frontale, il caso bellico dell’Ucraina assume la forma di una pressione locale che vede una Unione Europea molto preoccupata di perdere la sua serenità civile, anche in funzione di un non univoco convincimento degli Stati e dei Popoli che la compongono rispetto al rischio russo e all’esigenza di una difesa propriamente militare.
I giorni che verranno saranno utili per capire come si muove il Drago cinese, che, questa volta, molto probabilmente, dovrà prendere una posizione che disvelerà alcuni dei suoi busillis strategici. Non c’è in effetti nessuna chiarezza definitiva su quel piano: la Cina avrebbe ottimi motivi di prima battuta per stare da una parte e dall’altra a breve e a medio termine (tempi che secondo me, in questo momento, si misurano in trimestri). Rimango convinto che il lungo termine veda il prevalere degli interessi economici comuni a Cina e Occidente, in quanto secondari, e che la partita molto intelligente e pericolosa che stanno giocando i Paesi primari guidati dalla Russia sia destinata a portare a loro benefici commerciali (forse anche in parte dovuti, se pensiamo all’Africa) ma non alla supremazia. Putin è però astutissimo, e il quadro di questo completamento epocale di globalizzazione (tecnicamente intesa) appare abbastanza complesso da mostrare la corda dei tempi lunghi delle democrazie e della loro farraginosa intelligenza tattica.
Razionalità vorrebbe che i secondari (Occidente e Cina) stessero dalla stessa parte, ma il mondo dell’economia e sociologia mondiale è a razionalità limitata. Il rischio del delirio bellico cresce, intanto, e gli Stati con poteri meno pluralistici (tipicamente non a economia industriale, cioè Russia, Lega araba, Paesi africani a dittatura militare o pseudo-militare) sono in grado di operare decisioni con maggiore chiarezza e tempestività.