Il mondo alla rovescia


Le foto che vedete in questo articolo sono state scattate durante la manifestazione intitolata ‘La religione della pace’ recentemente celebrata dalla comunità musulmana a Londra. Non sono state pubblicate su giornali né televisioni per non offendere nessuno.
Traduco i cartelli per quei pochi che non sanno l’inglese:

– Ammazzate quelli che insultano l’Islam;
– Europa pagherai: la tua demolizione è iniziata;
– Il tuo sterminio è iniziato;
– Decapitate quelli che insultano l’Islam;
– L’Europa è il cancro e la risposta è l’Islam;
– Sterminare quelli che vanno contro l’Islam;
– L’Islam dominerà il mondo;
– Libertà vai all’inferno;
– Europa impara dall’11 Settembre;
– Europa pagherai, il tuo 11 Settembre sta arrivando;
– Preparatevi per il vero olocausto…

Ma se un europeo andasse in un paese arabo, credete che lo lascerebbero manifestare in questo modo? Ci sarebbe permesso contestare, anche solo in maniera civile, la loro religione o qualche loro
modo di vivere?
E’ ora di aprire gli occhi ed iniziare a reagire: con la scusa di essere tolleranti e democratici ci stiamo facendo non solo colonizzare ma addirittura mettere sotto i piedi da pericolosi pazzi fanatici.
Il lato umoristico è che secondo loro (e secondo quelle frange che in questi giorni abbaiano in piazza con la keffiah al collo e le bandiere di Hamas in mano) siamo noi i razzisti! A casa loro ci insultano, bruciano chiese e pretendono che si seguiamo le loro regole, quando vengono a casa nostra continuano ad insultarci, non rispettano né seguono le nostre regole, pretendono di avere le moschee, di coprirsi il volto (cosa che la nostra legge vieta!) e comunque di vivere e comportarsi come vogliono, spesso trasformando le case e i quartieri che abitano in vere e proprie fogne. Considerano il maiale un animale impuro da non toccare ma poi si comportano essi stessi da maiali. Secondo il Corano la vita di ogni creatura è sacra, poi lapidano le loro donne e ammazzano gli infedeli.
Fino a quando continueremo a sopportare tutto questo? Fino a quando faremo finta di non vedere, di non sapere ciò che accade? Che futuro lasceremo ai nostri figli?
Già, i nostri figli. Quei cari ragazzi a cui non facciamo mancare nulla e poi troviamo per le strade a bruciare i clochard e a violentare le ragazze in una villa signorile dopo averle drogate fino al coma.
Perché anche sotto questo aspetto il mondo sembra ormai essere stato messo a gambe all’aria. Il Sud ha preso il posto del Nord e l’Ovest è diventato Est. La gravità funziona ancora ma a valori ribaltati. Non abbiamo molte speranze di venirne fuori se continuiamo su una strada che – la Storia ce lo insegna – ha portato alla rovina prima Atene, poi Roma e Bisanzio e infine Istanbul. Senza contare che Vienna stava per fare la stessa fine e solo grazie all’unico Savoia che sia valso qualcosa (e on parlava nemmeno italiano!) si è salvata per il rotto della cuffia.
I nostri figli dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) rispecchiare i nostri valori, essendo stati educati da noi e non da estranei di cui ignoriamo la moralità. Ma questa società figlia del Piano Marshall e della tecnocrazia, che favorisce la dissoluzione dell’etica a favore di un’idolatria del consumismo non fa altro che distrarre tutti noi dai valori che un figlio dovrebbe vedersi inculcare fin dalla più tenera età.
In questo senso dobbiamo chiedere scusa. Non per una società patriarcale che esiste solo nella testa e nei comportamenti di una sparuta minoranza. Il patriarcato è più forte in altri paesi che si affacciano sulla sponda settentrionale del Mare Nostrum, per non parlare della sponda Sud, dove la fa davvero da padrone, ma a chi critica la nostra società poco importa se le donne persiane vengono impiccate e le donne pakistane anche a casa nostra vengono fatte a pezzi e sepolte in fosse senza nome solo per aver rifiutato un matrimonio di comodo per la famiglia.
Io non sento di dover chiedere scusa a nessuno se un ragazzo ha accoltellato la ex fidanzata e l’ha poi gettata via come un sacco di immondizia. Non me la sento di condannarmi avendo due figli che vivono la loro vita, perfettamente indipendenti da anni grazie ad un’educazione che – seppure non perfetta – ha sempre cercato di anteporre i valori ricevuti dai nostri padri e grazie ai quali abbiamo lottato e ci siamo creati la nostra strada nella vita.


Chi deve chiedere scusa sono coloro che hanno sempre dato tutto, che non hanno mai saputo dire di no. I padri e le madri che si vantano di non aver mai fatto mancare nulla ai figli si danno degli idioti da soli. Educare vuol dire togliere. Scrive saggiamente Paolo Crepet: “…il compito di un genitore è di far mancare qualcosa, perché se non ti manca niente a che ti deve servire la curiosità, a che ti serve l’ingegno, a che ti serve il talento, a che ti serve tutto quello che abbiamo in questa scatola magica, non ti serve a niente no? Se sei stato servito e riverito come un piccolo lord rimbecillito su un divano, ti hanno svegliato alle 7 meno un quarto la mattina, ti hanno portato a scuola, ti hanno riportato a casa, ti hanno fatto vedere immancabilmente Maria De Filippi perché non è possibile perdersi una puntata di Uomini e Donne, perché sapete che è un’accusa pedagogicamente brillantissima”.
Vedete, io al liceo classico ero brillante in matematica, finché non incontrai una professoressa che probabilmente discendeva da una bertuccia ed era umorale come il clima alle Antille. Dopo una serqua di 8 e 9, durante un’interrogazione sbilenca mi diede 4. Giunsi a casa terrorizzato, comunque lo dissi a mio padre, il quale sorrise dicendo: “Finalmente un voto diverso dal solito! Non è da tutti prendere 4, vuol dire che hai dei numeri!” Quindi, lasciando da parte l’umorismo mi disse di recuperare entro giugno se volevo vedere il mare l’estate successiva. Non se ne parlò più, perché lui credeva nelle mie capacità e infatti sulla pagella tornò l’8 di matematica.
Quando credi in qualcuno non lo devi aiutare, perché sai che ce la farà da solo. Si devono aiutare le persone anziane e quelle fragili, non i ragazzi che stanno crescendo con sani principi condivisi. al massimo gli potete (e dovete) indicare la strada e incoraggiarli a percorrerla, ma la strada è la loro e non abbiamo nessun diritto di modificarla per rendergliela più agevole.
Che messaggio mandiamo a un figlio quando lo raccomandiamo o gli spianiamo il percorso limando ogni asperità? “Non ti preoccupare: comunque vada, anche se non ce la fai c’è papà che ci pensa”. Vi pare bello? Vi pare giusto? Quanti genitori pensano che sia giusto “sistemare” il figlio? Un tempo la sistemazione consisteva il più delle volte in un posto in banca. Buono stipendio, sedici mensilità… egoistica sicurezza della famiglia – perché no? – che sapeva che un domani il figlio avrebbe avuto i mezzi per sostentare gli anziani genitori. Sistemare il figlio era l’obiettivo di tante buone famiglie che non sapevano nulla di educazione dei figli. Sistemare, come un motore rotto. Dove lo sistemi? In officina? Avete messo al mondo un figlio o una macchina? Il figlio non lo devi sistemare: saprà lui dove andare. E’ sempre stato così, dalla notte dei tempi, anche quando fuori c’erano davvero i lupi e i briganti.
Scrive ancora Crepet: “…Educare non ha nulla a che fare con la democrazia, dobbiamo comandare noi perché loro sono più piccoli. In uno stagno gli anatroccoli stanno dietro all’anatra. Avete mai visto un’anatra con tutti gli anatroccoli davanti? È impossibile, è contro natura. Perché le anatre sono intelligenti, noi meno.
“Un genitore è un istruttore di volo, deve insegnarti a volare. Non è uno che spera che resti a casa fino a sessant’anni, così diventi una specie di badante gratis. Questo è egoismo, non c’entra niente con l’amore. L’amore è vederli volare”.
Altrimenti non saranno più i nostri figli, ma anonimi figli di puttana.