Un’Europa debole tra migranti e guerra


TRA CRISI MIGRATORIA E GUERRA IN UCRAINA C’È NECESSITÀ DI UNA LEADERSHIP POLITICA FORTE. 


Kiev e Lampedusa: due emblematiche città che rappresentano le due grandi questioni che stanno affliggendo attualmente l’Europa. Da un lato c’è la crisi migratoria, che va ben oltre una semplice questione umanitaria, e dall’altro c’è la guerra in Ucraina, che mette a nudo i grandi dubbi sull’autenticità del progetto europeo. Mentre le elezioni europee del 2024 si avvicinano, c’è grande confusione su quale debba essere la posizione dell’Europa su questi temi, e la maggior parte dei cittadini sono ormai disillusi dalle beghe politiche che hanno preso il sopravvento sui veri problemi dell’Europa.

Kiev e Lampedusa, due città distanti ma unite dal dramma che si sta consumando in Europa. La guerra tra Ucraina e Russia, che sembra non avere fine, sta lasciando cicatrici profonde nel continente. Le tensioni tra questi due paesi si sono trasformate in un conflitto armato che ha costretto migliaia di persone a lasciare le proprie case, in cerca di un po’ di pace e sicurezza altrove.

Kiev, la capitale ucraina, è diventata il cuore pulsante di questa guerra. Le strade si sono trasformate in trincee, gli edifici in rovine e le persone in vittime. Le immagini di devastazione e sofferenza che arrivano da Kiev sono sconvolgenti, un segno tangibile di quanto sia brutale questa guerra. È una guerra in cui i confini sono sfumati, in cui è difficile capire chi sia il nemico e chi l’amico. Ma alla fine, sono sempre le persone a pagare il prezzo più alto.

Lampedusa, invece, è un’isola che giace nel cuore del Mediterraneo. Un luogo paradisiaco che, però, ha visto la sua bellezza oscurata dalla tragica realtà dei flussi migratori. Qui arrivano migliaia di migranti illegali provenienti dall’Africa, in cerca di una vita migliore. Lampedusa è diventata la porta d’ingresso verso l’Europa per molti di loro, ma è anche il luogo in cui si scontrano con la realtà di un continente che spesso si chiude di fronte a loro.

Questi due conflitti rappresentano le due facce della crisi geopolitica ed identitaria che sta attraversando l’Europa. Da una parte, c’è l’aspirazione ad un’Europa aperta, inclusiva e cosmopolita, che vede la diversità come un valore aggiunto. Dall’altra parte, c’è la paura del diverso, il desiderio di difendere una supposta identità nazionale minacciata dalle differenze. Il risultato è una polarizzazione identitaria che alimenta i conflitti e impedisce di trovare soluzioni a problemi comuni.

Ma la soluzione non può che passare per l’affermazione dei valori fondamentali che sono alla base dell’Europa. L’Europa è nata proprio per garantire pace, libertà e diritti umani a tutti i suoi cittadini. È giunto il momento di tornare a quei valori, di affermare il rispetto per il diritto internazionale e di promuovere la collaborazione tra i paesi europei. Solo attraverso una cooperazione concreta e una condivisione delle responsabilità sarà possibile affrontare efficacemente i problemi comuni, come la gestione dei flussi migratori.

Altrimenti, il rischio è quello di vederci divisi in club di piccole nazioni, di sgretolare l’unità dell’Europa e di sacrificare i diritti umani e le libertà fondamentali per una visione miope e limitata dell’identità. È fondamentale che i leader politici europei si rendano conto di questa situazione e agiscano di conseguenza.

L’Europa ha una storia fatta di divisioni e conflitti, ma anche di progresso e costruzione di un futuro comune. È giunto il momento di riscoprire quella storia e di lavorare insieme per costruire un’Europa unita, democratica e rispettosa dei diritti umani. Solo così sarà possibile superare le differenze e affrontare insieme le sfide che ci attendono. Non possiamo permetterci di rinunciare a questo obiettivo, altrimenti il prezzo da pagare sarà troppo alto. L’Europa deve fare la sua scelta, e deve farla ora.