Le esternazioni di Cristiano Giuntoli: sinceramente, poteva farne anche a meno


In un mondo come quello attuale dove i risvolti ipocriti e falsi sono sempre più frequenti e tante parole sono usate a sproposito, anche il settore calcistico non fa eccezione, anzi. Molto spesso si assiste a cambi di maglia a dir poco disinvolti, accompagnati da altrettanti dichiarazioni di fedeltà e di attaccamento ai nuovi colori da far invidia a pinocchio. Il realtà il cambio di bandiera è evento previsto, lecito, a volte atteso o sperato, ma questo può cambiare i sentimenti così profondamente? Si può arrivare addirittura a rinnegare un passato sicuro per un futuro incerto?
E’ storia recentissima quella creata dalle prime parole del nuovo capo dell’area sport della Juventus, Cristiano Giuntoli. L’ex Napoli ha affidato i propri pensieri e sensazioni da neo-dirigente della Juventus ai canali ufficiali del club bianconero: “Tifo Juve fin da bambino, me l’ha insegnato il mio papà. Per un bambino come me che partiva da Prato in pullman e faceva 8 ore di viaggio per vedere la Juventus è motivo di grandissima soddisfazione e di emozione veramente incredibile. Penso al mio papà che era un grande tifoso juventino e mi ha inculcato la juventinità fin da piccolo. Per questo da una parte lo ringrazio, pur con quel pizzico di malinconia che mi porterò sempre dietro”.
Ma come si fa ad esprimere un concetto simile con tanta leggerezza e superficialità? Sono frasi che stonano con la professionalità ed il rispetto dimostrati a Napoli dal direttore sportivo.
Una dichiarazione davvero sbalorditiva. Quella di Giuntoli è la rivelazione di un segreto tenuto celato per tanto tempo, almeno otto anni, per essere precisi. Un dualismo perfettamente interpretato tra mente e cuore, frutto di una personalità dilaniata, o perlomeno disturbata. Possiamo solo immaginare il dilemma interiore, la sofferenza patita nel lavorare contro i propri sentimenti e la beffa di riuscire a raggiungere i migliori traguardi professionali a danno dei propri sogni. Per il direttore sportivo in questione soprattutto l’ultima stagione sarà stata un’annata terribile: raggiungere l’acme del successo, il terzo scudetto del Napoli dopo 33 anni, con il cuore a pezzi, considerate le tristi vicissitudini della squadra amata dall’infanzia.
Quale e quanto strazio ha dovuto subire quest’uomo nello scorso campionato vedendo umiliata la squadra bianconera dagli azzurri nello scontro al Maradona all’andata (5-1) ma anche al ritorno allo Stadium, con il gol di Raspadori nell’extra time?
Ma era proprio indispensabile esternare un simile pensiero? Era necessaria questa manifestazione di affiliazione?
Non sarebbe stato più elegante parlare solo di futuro senza rivangare il passato, passioni inculcate e poi occultate?
Sicuramente per la pizza azzurra questa amara confessione servirà da balsamo per mettere nell’oblio questo ambiguo personaggio e lascerà priva di scia quella nostalgica malinconia legata al senso di abbandono, non nuovo ai partenopei. Andando indietro negli anni, infatti, ricordiamo un’uscita simile di un altro ex Napoli passato in bianconero, l’attaccante polacco Milik. Probabilmente si tratta di un atto di fede, di un rito di iniziazione richiesto nell’esoterica Torino, volto a significare che per entrare nel mondo Juve occorre essere disposti a chiudere definitivamente con il passato, seppur glorioso e fatto di trofei conquistati altrove. Se poi questo altrove è Napoli la chiusura deve essere la più plateale possibile.
Insomma, una caduta di stile senza appello, comprensibile solo se rientrasse tra quelle clausole contrattuali lautamente remunerata, in mancanza, e senza alcun dubbio, rimarrebbe ingiustificabile.