Chitarra Classica – Intervista a Alessandro Petrosino


ALESSANDRO PETROSINO è titolare della cattedra di Chitarra nel Liceo Musicale “G.Moscati” di Sant’Antimo (Na).
Nel 2009 ha pubblicato “Il Mio Primo Libro di Chitarra” per le scuole medie ad indirizzo musicale per la casa editrice Arte Nuova. Nel 2015 pubblica la III edizione con le edizioni Volontè & Co. di Milano, uno dei più importanti editori musicali italiani. Sempre con Volontè & Co. pubblica: nel 2017 “Il Mio Secondo Libro di Chitarra”, nel 2019 “Solfeggio per Chitarristi” e nel 2021 “Il Mio Primo Ensemble di Chitarre”.
Questi libri sono distribuiti su tutto il territorio nazionale e adottati regolarmente da tanti docenti e studenti. Come autore di opere didattiche, è stato citato in alcune tesi di laurea in Chitarra nei conservatori italiani.
Nel 1988 si è brillantemente diplomato da privatista al Conservatorio D. Cimarosa di Avellino. Ha anche conseguito la laurea di II livello, presso il Conservatorio di Napoli S. Pietro a Maiella con il massimo dei voti e la lode, con una tesi in Musica Elettronica, eseguendo il suo brano Cicli (in quattro tempi) per chitarra e computer in tempo reale e differito.
Ha perfezionato i suoi studi chitarristici con Maria Luisa Anido, Leo Brouwer e Roberto Aussel ed ha inoltre frequentato i corsi d’interpretazione di Angelo Gilardino, Manuel Barrueco e Joseph Urshalmi. Contemporaneamente a questi studi di perfezionamento approfondisce una sua ricerca personale che lo porta a conoscere alcune filosofie orientali e in particolare lo Zen, ma anche alcune discipline come il Training autogeno, la ginnastica posturale e altre ancora. Da allora cambia la sua visione musicale e il rapporto con lo strumento. Con Enrico Renna ha approfondito gli studi di analisi musicale e di composizione, per proseguire poi, individualmente, in una personale ricerca compositiva.
Intrapresa l’attività concertistica come solista, si è esibito in numerose città d’Italia (Roma, Torino, Ferrara, Parma, Taranto ecc.) e allo stesso tempo si è distinto in numerosi concorsi di esecuzione vincendo il primo premio nelle competizioni nazionali di Massa, Taranto e Lamezia Terme (quest’ultima con Alirio Diaz e B.B. D’Amario in commissione) e in quella internazionale di San Bartolomeo al Mare (Imperia).

All’attività concertistica e didattica affianca interessi di musicologia e critica musicale (ha sostenuto negli anni 80’ undici esami al Dams di Bologna). Nel 1987 ha lavorato due anni nella Biblioteca del Conservatorio di Napoli S. Pietro a Maiella in un progetto finanziato dallo Stato per la valorizzazione dei beni librari e dei manoscritti musicali, analizzando, dopo una formazione di tre mesi con i più importanti musicologi e bibliotecari italiani, manoscritti di musica strumentale del settecento napoletano. Ha scritto articoli per il settimanale Metrò, per il semestrale Konsequenz (ESI) e per le riviste on line Musicboom, Artinsieme e DotGuitar. Ha pubblicato diversi articoli anche sulla prestigiosa rivista Guitart.

Socio fondatore dell’associazione musicale M. de Falla, nel 1990 ha curato con Clara Campese la con-direzione artistica del IV e il V Corso Magistrale di Interpretazione di Musica per Chitarra (Goethe Institut), docente Roberto Aussel e del concerto dello stesso in Villa Pignatelli. Successivamente ha fondato l’associazione Musicisti Manuel De Falla con la quale ha organizzato eventi sempre in siti di pregio storico-artistico a Napoli e Pozzuoli come Palazzo Marigliano (ex-sede della Soprintendenza Archivistica Campania) e la Cappella Palatina del Maschio Angioino a Napoli e a Villa di Livia (storica dimora romana del I sec.), nel Tempio di Nettuno (III sec d.C.) e a Villa Elvira (sito paleocristiano) a Pozzuoli.
Tra le diverse manifestazioni ha ideato e realizzato:
I CONCERTI DELLA DOMENICA (1997 e 1998)*
*partner: Giovanna Peduto e Paolo Iannotti di Ateneapoli
1799-1999 Concerti nella Rivoluzione (1999)
INCROCI – culture e suoni (2001)
ECHI sul cominciare e sul finire (2002)
FESTIVAL delle VILLE FLEGREE (2011 e 2015)
TANGO IMPERIALE (dal 2010 al 2016)

In questo periodo è in corso CHITARRA INCANTATA, Concerti e Conferenze di Chitarra Classica nella Chiesa di San Nicola a Nilo in pieno centro storico a Napoli.

Nel Liceo Musicale dove lavora, ha organizzato quattro edizioni della “FESTA DELLA CHITARRA” con conferenze, mostre di liuteria ed esibizioni di alunni e allievi, dalle scuole medie ai conservatori, con esibizione finale della grande orchestra di chitarre verticale con alunni delle scuole medie e dei licei.
​Nel suo percorso compositivo oltre a coniugare le principali tendenze del panorama contemporaneo, dal colto al popolare, ha approfondito una personale ricerca sul territorio campano e in particolare su quello flegreo. Testimonianza sonora della sua ricerca è il brano “Fantasia Flegrea” presente nel CD collettaneo “Konfusion” (Konsequenz, 1997). In una prospettiva di superamento dei tradizionali canoni estetici, ha collaborato con poeti, ballerini e con musicisti di area jazz. Nel 2015 pubblica un tempo del suo brano Cicli, per chitarra e computer, nel CD Approdi – Avanguardie a Napoli – Konsequenz.
Le sue opere sono scritte soprattutto per il KOINÈ ENSEMBLE, piccolo gruppo di musica contemporanea da lui fondato e diretto. Composto dal soprano, flauto, viola, due chitarre e contrabbasso, l’ensemble dal 1994 al 2011 si è esibito in importanti manifestazioni concertistiche ed è formato da alcuni tra i migliori musicisti della scena campana, in particolare spicca la presenza del soprano Maria Grazia Schiavo.
Nel 2005, con il Koinè Ensemble, ha pubblicato per l’etichetta Guitart il CD “Infines” con le musiche da lui composte e arrangiate. Il Koinè si propone di superare i confini e le classificazioni tra i generi e le arti, spaziando dall’etno alla minimal, dall’avanguardia ai ritmi del sudamerica.
Si è dedicato molto anche al tango, passione che coltiva da oltre vent’anni anni, imparandone anche il ballo e suonando in importanti festival come il TanoTangoFestival. Ha sviluppato anche il progetto KOINÈ TANGO DUO/TRIO/QUARTET (chitarra e bandoneòn, contrabbasso e violino o voce). In particolare si esibisce in duo con il bandoneista Pasquale Lancuba.


W.M.: Benvenuto sul ns. spazio dedicato alla chitarra. Ci racconti dei tuoi inizi musicali?

A.P.: Grazie per questo invito, sono molto onorato di poter raccontare i miei percorsi musicali.
Ho avuto la fortuna di nascere in una casa dove la musica era all’ordine del giorno, grazie a mio padre che da ragazzo, negli anni cinquanta, è stato un artista di successo nel campo della canzone napoletana, anche se da sposato lasciò l’attività. Faceva parte del Trio Marechiaro, tre voci e tre chitarre, con cui si è esibito in tutt’Italia ma anche all’estero e in particolare in Egitto, dove ha risieduto per quasi un anno. Questo Trio ha anche inciso in vinile dei 45 giri con una delle più importanti etichette discografiche dell’epoca, la Music di Walter Guertler che è stato uno dei più celebri discografici italiani, per intenderci costui ha scoperto e lanciato artisti come Adriano Celentano, Enzo Jannacci, Luigi Tenco, Fausto Leali e tanti altri famosi fino a Franco Battiato e Vasco Rossi. Nonostante avesse interrotto quest’attività e intrapreso un altro lavoro, mio padre ha sempre cantato per tutta la vita, accompagnandosi con la sua Raffaele Calace del 1956 che ancora oggi posseggo. Cantava centinaia di canzoni napoletane tutte a memoria ma anche, con un’ottima dizione, in francese e spagnolo. Oggi i dischi del Trio Marechiaro sono contesi tra i collezionisti, famosi anche perché le copertine di questi dischi erano disegnate, con tanto di firma, dal poi famoso fumettista Guido Crepax. In famiglia non avevamo mai ascoltato questi dischi perché mio padre non li conservò ma, solo dopo la sua scomparsa, facendo una ricerca su Google trovai un sito di un negozio francese di compravendita di dischi nuovi usati che vendeva proprio un 45 giri del trio Marechiaro, con grandissima emozione lo comprai subito e per la prima volta, pochi anni fa, ho potuto ascoltare finalmente questo fantastico trio di cui lui ci aveva sempre raccontato tanti episodi. Inoltre era anche un grande ascoltatore di dischi in vinile a 33 giri, per cui mi sono nutrito sin dalla nascita con la sua ricca discoteca composta anche da dischi di grandi jazzisti e orchestratori sebbene di musica leggera. Naturalmente i primi rudimenti, all’età di circa nove-dieci anni, me li ha dati lui, anche se non leggeva la musica e tutto era rigorosamente ad orecchio, sulla sua gigantesca chitarra, perché questa Calace aveva una cassa più grande dei modelli classici con un manico molto sottile che permetteva di prendere gli accordi, anziché con il barré, con il pollice. Tecnica che non ho mai imparato ma che mio padre dominava con grande facilità, riuscendo a tastare con il pollice anche la quinta corda! È interessante notare che questo modo, ancora oggi usato in ambito pop, pare che risalga addirittura ai grandi maestri del sette-ottocento. Grazie a lui ho acquisito subito anche la pratica e il piacere di esibirmi in pubblico, stavolta con una piccola chitarra regalatami da una zia e con la partecipazione di uno dei miei fratelli più piccoli, perché in trio suonavamo sempre in tutte le riunioni di famiglia. Mio padre accompagnava, io ero il solista e mio fratello faceva il controcanto. Suonavamo brani come la Malagueña di Lecuona, El Condor Pasa, Besame Mucho, Summertime, qualche famoso tema jazz e canzoni napoletane.
Da autodidatta, iniziai a imparare anche la tecnica degli arpeggi con Giochi Proibiti, molto di moda all’epoca, ma sempre a orecchio. All’età di tredici-quattordici anni iniziai a frequentare un ragazzo più grande di me, del mio quartiere, che suonava la batteria e mi portava a casa sua ad ascoltare le prove del suo gruppo rock e la sua enorme discoteca di Lp. In questo modo mi iniziò ai grandi del rock, prestandomi dischi favolosi, e iniziai a dedicarmi anche alla chitarra elettrica suonando in gruppo con alcuni amici miei coetanei. La chitarra classica però era sempre la mia favorita e, sentendo l’esigenza di conoscere finalmente la musica scritta e approfondire la tecnica classica, iniziai finalmente a studiare con il maestro Luigi Schininá. Furono anni bellissimi perché egli, pur non essendo un chitarrista specializzato perché era un polistrumentista e il suo primo strumento era il violino, era un grande cultore e conoscitore della chitarra classica, infatti, aveva anche pubblicato per la casa editrice Curci diversi volumi didattici per chitarra. Era un anziano maestro di altri tempi, sempre con il papillon, un grande cultore della musica in tutti i suoi aspetti e a casa sua era come trovarsi in un piccolo conservatorio con alunni di violino, viola, pianoforte, organo e chitarra. Oltre ai suoi due saggi di fine anno, nella sua bellissima casa del Vomero panoramica sul Golfo di Napoli, ogni mese organizzava un salotto musicale dedicato a uno specifico autore. In queste occasioni, oltre a suonare lui stesso e alcuni dei suoi amici maestri, coinvolgeva anche noi alunni in diverse formazioni. Ho suonato da solista, in duo di chitarra e una volta ho avuto anche l’onore di accompagnare lui stesso al violino, con brani tratti da un’antologia che aveva pubblicato di 10 brani trascritti per chitarra e violino. Il mese di giugno era dedicato alle canzoni napoletane e lì ci esibivamo anche a sei chitarre. Mi ha trasferito la grande passione per la musica in tutti i suoi aspetti. Qualche anno dopo passai a studiare con il maestro Stefano Aruta con il quale mi sono diplomato da privatista al Conservatorio di Avellino.

W.M. Con il M° Stefano Aruta, insieme agli altri allievi ti sei speso molto con la sua associazione la quale ha dato un forte impulso alla chitarra e più in generale alla musica a Napoli. Ci Racconti?

A.P.: Si, è stata un’esperienza molto bella e formativa. Sono stato uno dei soci fondatori dell’associazione creata da Stefano Aruta e, pur essendo un allievo appena ventenne, mi sono dedicato molto per dare il mio contributo alla riuscita degli eventi da lui organizzati. Questo mi ha permesso di fare molta esperienza, oltre che conoscere alcuni grandi artisti. In seguito quando lui si è ritirato, ho continuato per qualche anno con Clara Campese e insieme abbiamo organizzato un concerto con masterclass del grande Roberto Aussel.
Un episodio molto bello che ricordo con Aussel è stato quando in una cena chitarristica, a casa dei miei genitori, mio padre cantò una canzone, credo che fosse la Galopera una danza paraguaiana, accompagnato dallo stesso Aussel! Al di là del simpatico episodio, fu molto interessante notare come Aussel conoscesse molto bene le ritmiche e gli stili di accompagnamento di questa danza.

W.M.: Il tuo percorso di formazione musicale è stato arricchito da altri docenti, cosa hai ricevuto da loro in termini di vedute musicali e altro?

A.P.: Ai miei tempi le masterclass duravano non meno di una settimana e quelle estive erano di quindici giorni. Pertanto veramente si poteva approfondire la conoscenza di questi grandi maestri, alcuni dei quali provenivano direttamente da importantissime scuole chitarristiche. In primis Maria Luisa Anido, diretta alunna di Domingo Prat e Miguel Llobet a loro volta allievi di Francisco Tárrega, che ho avuto modo di conoscere grazie a Stefano Aruta. L’Anido era una straordinaria e deliziosa insegnante che non solo ci mise a diretto contatto con le scuole di Tarrega, ma ci infondeva anche la sua grande esperienza di concertista internazionale. Ancora oggi custodisco gelosamente dei suoi appunti scritti appositamente per me perché lei, come per ogni alunno a cui faceva lezione, scriveva di suo pugno gli esercizi che consigliava, con commenti e consigli specifici per le nostre esigenze.
Con Leo Brouwer, conosciuto nel pieno dei suoi anni migliori, era fantastico studiare non solo le sue musiche, ma anche imparare come risolvere alcuni passaggi difficili, su cui magari studiavo da mesi e non riuscivo ad avere risultati soddisfacenti. Con le sue analitiche spiegazioni in un istante, davanti a lui, riuscivo comprendere subito questi passaggi e anche a suonarli all’istante. Con Roberto Aussel, che ho seguito anche in Francia, ho potuto conoscere e approfondire la scuola e la tecnica di Carlevaro di cui lui all’epoca era un grande cultore.
Ho avuto modo di studiare anche con grandissimi artisti come Manuel Barrueco. Durante il suo corso ebbi l’opportunità di fare anche una lezione con Odair Assad che teneva un corso parallelo nello stesso festival, e tanti altri maestri con cui ho avuto modo di studiare ai Festival di Volos in Grecia e di Esztergom in Ungheria. In quest’ultimo festival ho avuto l’opportunità di suonare in un’orchestra di cento chitarre, con chitarristi di tutto il mondo, formata non solo dagli studenti dei corsi ma anche dai maestri. Con essa facemmo diversi concerti a Budapest. Ricordo che al mio fianco sedeva il maestro giapponese Ichiro Suzuki con la sua bellissima chitarra di Ignazio Fleta degli anni sessanta, conservo ancora oggi il suo biglietto da visita con un quadrifoglio d’oro.
In particolare vorrei ricordare anche Angelo Gilardino che purtroppo recentemente è scomparso. Con lui, dopo aver seguito come uditore alcuni suoi corsi al festival di Lagonegro, feci un corso estivo di quindici giorni a Trivero in provincia di Biella. Gilardino oltre ad essere un grande conoscitore della storia, dei compositori e del repertorio chitarristico, ha approfondito anche diversi aspetti meccanici della tecnica chitarristica molto importanti. In quel periodo stavo iniziando ad avere dei problemi alla mano destra, ma grazie a lui e alla comprensione di alcune dinamiche funzionali della mano destra, recuperai brillantemente e inizia a riflettere e ad approfondire la conoscenza di questi importantissimi aspetti. In particolare con Brouwer e con Gilardino, da studente ventenne, iniziai a comprendere bene alcuni meccanismi non solo di analisi musicale e fraseggio ma anche di tecnica meccanica, senza i quali non si raggiungono risultati soddisfacenti, anzi si rischia di compromettere la propria stabilità psicologica e la funzionalità fisiologica degli arti superiori. Lavorare ore e ore senza una chiarezza mentale sia degli aspetti musicali che di quelli tecnici è dannoso e controproducente. Con Aussel, grazie al quale ho conosciuto la scuola di Carlevaro invece ho iniziato ad approfondire anche aspetti posturali più generali.

W.M.: Successivamente, sei stato attratto anche da filosofie orientali tra cui lo Zen. Ci racconti?

A.P.: Iniziando a esibirmi in pubblico nei concerti e nei concorsi, con programmi solistici tutti a memoria e molto impegnativi come una suite di Bach, le variazioni op.64 di Legnani oppure i Quatre Pièces Brèves di Frank Martin, iniziai a rendermi conto che per affrontare una prestazione così impegnativa non bastava essere preparato solo sul piano tecnico-musicale. Per avere una maggiore sicurezza e capacità di trascendere dagli aspetti tecnici ma anche per riuscire a esprimermi musicalmente, con la maggiore intensità e profondità possibile delle mie emozioni e per comunicare con il pubblico, ho sentito l’esigenza di approfondire la conoscenza di questa filosofia. Apprezzo nello Zen di essere una sorta di non-dottrina. Infatti, nello Zen non si ritiene necessario lo studio dei testi buddhisti e si basa essenzialmente sulla meditazione e sulla gestione della respirazione. In questo modo essa è applicabile a diverse discipline e arti come il tiro con l’arco, la cerimonia del tè, l’arte della calligrafia, la pittura, il teatro, le arti marziali e altre ancora. Ho trovato pertanto una similitudine con la preparazione e l’esibizione in pubblico del musicista. Questo percorso cambia l’approccio mentale e aiuta a un approfondimento interiore nel nostro essere, nel come siamo e nel come ci comportiamo non solo nel quotidiano, ma anche proprio nei momenti di maggior impegno come quello della preparazione di un concerto e poi dell’esibizione vera e propria.
Non mi sono fermato allo Zen ed ho voluto conoscere anche altre discipline come il Training Autogeno, il metodo Feldenkrais ed ho seguito anche corsi di ginnastica posturale. Infine ho avuto anche il supporto di Rosario Severino, fisioterapista e posturologo specializzato anche in neurodinamica. Questo per avere un approccio con me stesso non solo mentale, ma anche fisico o meglio psicofisico e per sviluppare una maggiore sensibilità corporea propriocettiva.
Le tante ore di studio e lo stress emotivo che si associa quando si prepara un’esibizione musicale, sottopongono il nostro corpo a delle tensioni psico-fisiche notevoli e ripetute nel tempo. Se di queste non si ha coscienza, si va incontro gradualmente a grossi problemi muscolo-scheletrici, non solo degli arti superiori ma di tutto il nostro corpo.

W.M.: La tua attività di docente è maturata ulteriormente con la ricerca didattica/pedagogica la quale ha visto dare alla luce i tuoi preziosi testi che hanno contribuito ad arricchire la metodologia per chitarra. Ci racconti?

A.P.: Dal 1990 al 2013 ho insegnato nelle scuole medie ad indirizzo musicale dove, dopo alcuni anni, mi sono reso conto che la metodologia didattica esistente non era adeguata a quella tipologia di scuola e di alunni. Il principale limite che ho riscontrato, in particolar modo in un metodo ancora oggi molto utilizzato, è innanzitutto il tipo di linguaggio troppo datato e noioso per gli alunni di oggi, ma anche per un’impostazione che vede posizioni fisse per la mano sinistra. Questo sembra facilitare ma in realtà, per una mano non esperta, questa modalità facilmente porta a delle tensioni alla mano sinistra. Inoltre avevo anche la difficoltà di far acquistare più libri agli alunni. Per esempio uno per la teoria, uno per il solfeggio, uno per gli arpeggi, uno per le scale, uno per le legature, uno per gli studietti eccetera, senza riuscirci, non solo l’impegno economico ma anche per la difficoltà di reperire tutti questi testi. Infine molti di questi libri raggiungevano un grado di difficoltà troppo elevato per questi alunni, per cui era un dispendio inutile far acquistare un volume di 30-40 pagine per studiarne poi solo due o tre. Gli alunni spesso venivano a scuole con le fotocopie che poi puntualmente andavano perse, oppure si riducevano in pessime condizioni. Così ho iniziato a scrivere degli appunti che portavo a scuola per gli studenti, poco a poco li ho raccolti in un fascicolo che poi fotocopiavo e distribuivo. A questo punto, nel 2009, mi sono reso conto che questo metodo avrebbe potuto essere utile anche ad altri colleghi e mi sono deciso a pubblicarlo. Così è nato Il Mio Primo Libro di Chitarra, la cui caratteristica principale è quella di contenere tutti gli argomenti dalla teoria al solfeggio, dalla tecnica alle melodie, dalla musica polifonica ai duetti, con dei capitoli dedicati anche alla ritmica e agli accordi, per concludere con cenni storici sull’origine della chitarra e con tante piccole biografie dei principali chitarristi dal 700 a oggi. Il metodo ha avuto un buon successo perché piano piano è stato adottato da molti colleghi di molte regioni italiane e ai quali va il mio sentito ringraziamento per averlo apprezzato. Ho iniziato con le mie sole forze autoproducendomi, con l’aiuto di un distributore di Roma, finché nel 2015 ho trovato un grande editore come Volontè & Co, a cui mi rivolsi per ampliare la distribuzione. Questo editore però mi propose anche di acquisirlo e di pubblicare con lui una nuova edizione diventando così il mio editore. Accettai con grande gioia e in questo modo ho iniziato a dedicarmi con maggiore assiduità alla scrittura dei metodi. Passato poi al Liceo musicale, infatti, ecco che ho pubblicato anche Il Mio Secondo Libro di Chitarra, con la stessa impostazione che comprende tutti gli argomenti, ma inserendo anche delle novità. Oltre ad approfondire alcuni aspetti molto importanti, come la poliritmia negli arpeggi, i salti della mano sinistra e della mano destra, ma anche le legature e i martelletti con una logica diversa, l’uso del pollice in diversi modi, l’introduzione delle varianti ritmiche e poliritmiche nelle scale sia a note singole che doppie, ho ripreso anche il discorso che abbiamo affrontato prima sulla coscienza psicofisica e sulla postura del Chitarrista. Quest’aspetto è importantissimo per gli alunni i quali, nella maggioranza dei casi, hanno sempre grandi difficoltà d’impostazione. Anche gli studenti che hanno grande spontaneità e facilità hanno sempre bisogno di acquisire consapevolezza e conoscenza del proprio corpo e della propria postura, per sviluppare al massimo le proprie potenzialità e per non andare incontro, nel corso degli anni, a problemi più o meno gravi che, se non affrontati subito, nel tempo si cronicizzano. Nel 2019 ho pubblicato Solfeggio per Chitarristi e infine nel 2021 Il Mio Primo Ensemble di Chitarre nel quale ho raccolto vecchi e nuovi arrangiamenti ma anche due brani originali, scritti dopo anni di attività con ensemble di chitarre sia nella scuola media che nel liceo.

W.M.: Abbiamo superato il periodo critico della pandemia, finalmente si ritorna a suonare. Quali sono i tuoi progetti in itinere?

A.P.: La vita, come l’arte, credo che sia fatta di stagioni, perciò ho avuto diverse stagioni artistiche. Subito dopo il diploma mi sono dedicato ai concorsi e ai concerti da solista, ma dopo qualche anno mi sono reso conto di non sentirmi completamente realizzato artisticamente ed ho iniziato ad occuparmi della composizione e della musica d’insieme. Ho inaugurato pertanto una nuova stagione fondando il Koinè Ensemble, un gruppo con un organico da me ideato, formato da contrabbasso una o due chitarre secondo i brani, viola, flauto e soprano. Questo ensemble eseguiva quasi tutte musiche di mia composizione più qualche arrangiamento, sempre curato da me. Ho avuto la fortuna di avere degli straordinari musicisti come Luigi Salerno al contrabbasso, il compianto Luciano Accarino alla chitarra, Luigi Tufano alla Viola, Elia di Filippo al flauto e la bravissima Maria Grazia Schiavo come soprano. Affrontavamo anche progetti dedicati alla musica contemporanea e abbiamo eseguito anche musiche di diversi compositori napoletani come Enrico Renna, Enzo Palermo, Francesco D’Ovidio, Eugenio Fels e Girolamo De Simone che hanno scritto o arrangiato per noi alcune loro composizioni. È stata una bellissima esperienza, abbiamo fatto diversi concerti ed inciso anche un CD pubblicato da Guitart, presentato a Napoli a palazzo Marigliano alla presenza dei critici musicali delle principali testate napoletane. Gestire però un gruppo di sei persone e con questa tipologia di musica, nonostante il successo che stavamo incontrando, infatti i nostri concerti erano sempre pienissimi e molto acclamati, non era facile. Perciò gradualmente ho iniziato a dedicarmi al tango, che già era presente in alcuni nostri programmi ed è iniziata una nuova stagione con il Koinè Tango Ensemble. Gradualmente l’organico è cambiato fino all’introduzione del bandoneon e del violino, con il contrabbasso e la chitarra ma anche con una nuova cantante specializzata nel tango. Questa formazione era smontabile perché all’occorrenza poteva diventare Koinè Tango Duo oppure Trio oppure Quartett. Arrivata la pandemia, ovviamente si è fermato tutto e gradualmente ho ripreso il percorso con il bandoneon. Questo duo è davvero molto bello, con un programma molto coinvolgente basato non solo sul tango di Piazzolla ma anche su tutti i Tanghi, le Milonghe e i Vals della tradizione Argentina quasi tutti trascritti o arrangiati da me. Ci sono inoltre anche i miei arrangiamenti di canzoni napoletane con la ritmica del tango. Infine durante la pandemia, tra un lockdown e l’altro ho cambiato casa e nella ristrutturazione del nuovo appartamento ne ho approfittato per realizzare una piccola saletta di registrazione, completamente insonorizzata, annessa al mio studio. In questo modo mi posso dedicare alla registrazione di video e audio per realizzare alcuni CD che ho in programma, partendo dal mio storico repertorio solistico con le nuove acquisizioni, ma coinvolgerò anche alcuni cari colleghi con cui ho condiviso diverse avventure musicali.

W.M. Che strumenti utilizzi? Preferisci l’abete od il cedro?

A.P.: Non sono un collezionista ma ho diverse chitarre, tutte in abete. Io preferisco la tavola armonica in abete sia per la timbrica sia per la tipologia del suono, ma anche perché questo legno ti dà la possibilità di contribuire alla crescita e alla maturazione della voce dello strumento. L’ultima arrivata è una Marseglia del 2021, ma ho anche una Scandurra del 1995 ed una De Bonis, ispirata alla Fabricatore, del 1985. In più ho la Calace del 1956 di mio padre, come già detto.
Non sono d’accordo con chi critica le nuove ricerche e le nuove frontiere della liuteria moderna, ritenendo non più realistico il loro suono. Ogni epoca storica ha avuto le sue evoluzioni, rese necessarie anche dalle musiche di volta in volta contemporanee. Senza nulla togliere alla bellezza e all’inestimabile valore storico delle chitarre antiche, sulle quali suonare alcuni repertori è certamente molto bello e in sintonia con lo strumento perché ci riporta alle sonorità dell’epoca, oggi per me è impensabile non suonare con questi nuovi strumenti che offrono prestazioni davvero eccezionali, per eseguire non solo il repertorio attuale ma anche quello storico. Disapprovare queste chitarre moderne sarebbe come dire che il pianoforte ha snaturato il suono del fortepiano. Naturalmente sta alla bravura e alla capacità del liutaio dotare queste chitarre di un’anima ovvero di una bella timbrica e di una cantabilità soddisfacente per il musicista.

.W.M.: Eccoci giunti alla fine di questa intervista, grazie per la disponibilità data ai ns. lettori di WeeklyMagazine.

A.P.:Grazie a te e grazie alla rivista per avermi ospitato e avermi dato l’opportunità di poter raccontare una buona parte della mia storia musicale, sia di studio che artistica e professionale.