Non c’è pace per Sergio Ramelli


Nonostante il ministro Piantedosi abbia già tante grane a cui pensare, dovrebbe investire cinque minuti del suo tempo per telefonare al Prefetto e al Questore di Milano e chiedere qualche spiegazione sui fatti del 13 marzo scorso, quando la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti, di Fratelli d’Italia, ha visitato l’istituto tecnico Molinari di Milano per deporre una corona di fiori sulla targa in memoria di Sergio Ramelli, lo studente membro del Fronte della Gioventù morto il 29 aprile 1975. Ramelli (che negli anni settanta studiava proprio in quell’istituto) fu aggredito a colpi di chiavi inglesi da un commando dell’organizzazione comunista Avanguardia Operaia.
La sottosegretaria è stata contestata da elementi antifascisti appartenenti ai collettivi milanesi e ai sindacati Usb e Cobas. La rete Milano antifascista antirazzista meticcia e solidale (sic!) ha organizzato un presidio davanti la scuola “per ribadire – così affermano – la nostra contrarietà alla sua presenza strumentale”. Una trentina di manifestanti si è riunita contro la sottosegretaria per una protesta che il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti ha definito “surreale”. Anche il preside dell’Istituto Molinari, Davide Bonetti, ha difeso la commemorazione, sottolineando che “fare memoria” di quell’avvenimento “significa, oggi, a quasi 50 anni di distanza, rinnovare un fermo no alla violenza in genere, e in particolare a quella di natura politica”, rafforzando “il valore del dialogo e del confronto rispettoso”.


D’altra parte, una commemorazione come quella per Sergio Ramelli è sacra. Aver lasciato che venisse profanata da un gruppo di vecchi disadattati è imperdonabile. Sarebbe bastato dirottarli in qualche bettola di periferia, dove avrebbero potuto sfogare il loro evidente disagio bevendo vino o giocando a bocce.
È bene che il Governo sappia che se le autorità competenti non sapranno tenere lontani i provocatori, prima o poi la provocazione verrà raccolta, con conseguenze immaginabili. Personalmente ritengo che gente di questo calibro non debba suscitare né rispetto né, al contrario; compassione. Guardando la foto, se si riesce a vedere oltre l’apparente immagine di un gruppo di pensionati delle ACLI in visita a Pontremoli si ha la sensazione che per questa accozzaglia di isterismi alla rinfusa il tempo si sia fermato al tempo in cui il compagno Katanga predicava l’uso della chiave inglese nelle discussioni politiche con gli avversari.
Invece, davanti alla vicenda di un ragazzo massacrato 48 anni fa senza alcuna colpa se non quella (imperdonabile nell’ottica inculcata da personaggi discutibili come Sandro Pertini) di essere un fascista, trenta pensionati trinariciuti col cervello all’ammasso e l’orologio fermo inneggiavano ancora alla violenza. Partiti dai loro loculi per andare a provocare chi non faceva altro che ricordare un ragazzo giovanissimo assassinato da individui legati ad Avanguardia Operaia, hanno potuto insultare la vittima di quell’atto vigliacco senza alcuna conseguenza, fomentati da un giornalista corso immediatamente in aiuto degli aprostati parlando di una “operazione Ramelli”, lasciando intendere che il ricordo di Sergio altro non sia che una strumentalizzazione politica della destra.
Ramelli venne aggredito proprio il 13 marzo e morì in ospedale dopo oltre un mese di agonia. È considerato una delle vittime degli Anni di Piombo, il periodo compreso tra gli anni Sessanta e Ottanta contraddistinto da un estremismo politico che produsse violenze di piazza, lotta armata e terrorismo, sia di destra che di sinistra. I responsabili dell’omicidio furono identificati dieci anni dopo l’aggressione e tra il 1987 e il 1990 furono processati e condannati in via definitiva per omicidio volontario.
Alla memoria di Ramelli sono dedicati diversi luoghi e targhe di Milano. Le inaugurazioni di questi luoghi sono state presiedute, tra gli altri, dal sindaco di Milano Beppe Sala e dalla leader di Fratelli d’Italia e attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Anche a ragione di ciò la replica di Paola Frassinetti è stata dura: “Le contestazioni di questa mattina sono opera di trenta sessantenni che evidentemente hanno azionato la macchina del tempo: si è dissociata perfino l’Associazione nazionale partigiani italiani. Ho anzi trovato la rappresentanza degli studenti, tutti molto contenti, ai quali ho raccontato un po’ la storia di Sergio”, ha commentato la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti, aggiungendo che alla commemorazione “è venuto anche Bruno Tinelli, una presenza significativa la sua, importante, bellissima. Con lui individuerò la data in cui commemorare il fratello Fausto perché nessun ragazzo possa più essere ucciso per colpa dell’odio politico”.