Naufragio di Cutro: chi ciurla nel manico?


A beneficio di tutti coloro i quali non hanno nozioni di navigazione è bene fare un po’ di chiarezza su quanto accaduto lo scorso 26 febbraio a Cutro, sulla costa ionica della Calabria, dove un caicco malandato si è schiantato contro scogli affioranti a una cinquantina di metri dalla riva, causando la morte di un centinaio di migranti, compresi i dispersi che ancora oggi il mare sta restituendo.
I fatti sono i seguenti:
– un barcone fatiscente parte dalla Turchia con oltre 150 persone a bordo, è lungo circa 15 metri e largo 4, questo equivale a 60 mq scarsi di spazio totale ovvero circa 60×60 cm a testa;
– il barcone percorre circa 1100 miglia nautiche (circa 2.000 chilometri);
– un barcone così, vuoto e con mare calmo (condizioni teoriche giacché non era vuoto e il mare non era calmo), può viaggiare ottimisticamente e salvo intoppi a circa 9 nodi. Quindi per coprire le 1.100 miglia avrebbe dovuto stare in mare per 120 ore circa (NDR: cinque giorni, sempre alla massima velocità), ripeto, vuoto non carico;
– con un consumo ottimistico di 40/50 litri/ora avrebbe dovuto imbarcare 5.000/6.000 litri di gasolio, ma con tutta quella gente a bordo sarebbe affondato alla prima onda;
– il barcone attraversa le acque territoriali della Turchia, della Grecia, le acque internazionali, quindi entra infine nelle acque territoriali italiane senza che nessuno lo abbia notato durante tutta la traversata compiuta, nonostante i radar supersofisticati di Frontex e delle marine militari dei Paesi da cui è transitato che, a quanto ci raccontano, vedono perfino Geronimo Stilton che naviga su una noce di cocco.
Il tutto – per altro – con mare forza 4 e col caicco governato da un “comandante” di 17 anni.
Domanda: come mai il barcone non e’ stato avvistato da nessuna unità delle capitanerie o delle marine dei Paesi attraversati? Se, poniamo, dalle coste Turche partisse un pedalò battente bandiera Russa con a bordo due spetznaz armati di fucile d’assalto, in quanti nano secondi verrebbe localizzato ed intercettato?
Chi c’è (anche in Italia), dietro tutto questo traffico di esseri umani?
Un barcone in quelle condizioni e con quel carico non poteva tenere il mare, né tanto meno percorrere tutto quel fottìo di miglia, quindi è pacifico che gli occupanti devono essere stati imbarcati su di una ‘nave madre’, magari battente falsa bandiera italiana e quindi insospettabile, e lasciati alla deriva sulla barca in prossimità delle coste calabresi.
Questi negrieri vanno fermati ad ogni costo, e con essi vanno fermati gli scafisti, chi lucra con la finta accoglienza ma soprattutto gli eventuali governanti che reggono il gioco e fingono di intervenire offrendoci patetici spettacoli con piagnistei, frasi ad effetto e minuti di silenzio. Ci stanno perculando ormai da troppo tempo su vari fronti e lì fuori, in mare, mentre leggete queste righe, ci sono donne, bambini e uomini che stanno morendo.
Sarebbe sufficiente non lasciarli partire. Ad ogni costo, anche piazzando l’intera flotta militare davanti alle coste libiche e degli altri Stati canaglia che lucrano sulla pelle di questi disgraziati dopo averli anche costretti – da veri negrieri – a lasciare il proprio villaggio, a morire attraversando a piedi il deserto e (solo i sopravvissuti) a salpare alla volta di un destino incerto e spesso crudele.
Non è possibile continuare a credere alle favole. Non è foraggiando i capi tribù e gli sceicchi locali che si ferma l’esodo. Quando la Guardia Costiera italiana avverte i colleghi libici che ci sono barchini in mare al largo di Tripoli, la risposta è quasi sempre:”Non abbiamo mezzi a disposizione”. Ma i milioni di euro che vi abbiamo elargito a questo scopo dove sono finiti? Le motovedette nuove che vi abbiamo regalato dove sono andate a finire? Ma i buonismi di destra e di sinistra non portano a niente. Ed è inutile che l’intellighenzia rossa sfoderi nasone e dentoni per latrare contro il governo, proprio loro che non hanno saputo fare altro che incassare profughi su profughi per ingrassare i caporali e gli impresari edili disonesti.
Di fronte a certi comportamenti delinquenziali non c’è pietà che tenga: si torna in Libia come oltre un secolo fa e si fa piazza pulita, con buona pace di un Macron che dopo aver sacrificato Gheddafi per il proprio tornaconto si è trovata una gatta da pelare molto più grande di prima.
Purtroppo ci andrà ancora di mezzo qualche poveraccio, anche se si spera sempre di no. Almeno che siano gli ultimi! Quando i barchini saranno stati svuotati, i clandestini riportati sulla spiaggia, gli scafisti affondati con le loro carrette e – Dio voglia! – un governo degno del nome sia salito al potere, allora molti cervelli si snebbieranno.
Ce lo sta insegnando un indiano che da appartenente a un popolo colonizzato è riuscito a diventare primo ministro del popolo colonizzatore per antonomasia: la Gran Bretagna. Nessuna pietà per i clandestini, nessuna assistenza nemmeno legale, nessuna garanzia per loro e per chi li aiuta, solo carcere e rimpatrio. Il popolo che per primo ha iniziato a esportare schiavi dall’Africa adesso ha cambiato faccia, o almeno il colore della pelle. C’è voluto il figlio di un popolo che ha avuto il piede inglese sul collo per due secoli per capire che era ora di cambiare musica.
Lo stesso dicasi per l’Australia, che già lo sta facendo da anni, e ci sembra che stia funzionando egregiamente. Da loro si entra solo regolarmente, altrimenti è notte buia e calci in culo.
Ma il nostro governo avrà il fegato per fare lo stesso? O avrà timore di infastidire Ursula Von Der Kakkien e quel parlamento che a Bruxelles sembra impegnatissimo a intascare denari dagli arabi?
Non ci aspettiamo molto, tuttavia di fronte allo spettro dei 700 mila sbarchi previsti dai servizi segreti di mezza Europa magari qualcuno si sveglierà.
Aggiungo che i dati che ho snocciolato all’inizio mi sono stati forniti da persone abilitate alla navigazione d’altura. Mi è stato anche detto che quei dati sono oltremodo ottimistici, quasi impossibili: un barcone come quello, con quel carico, avrebbe potuto riuscire nella traversata che ci hanno raccontato solo in un caso, uno soltanto: se al timone ci fosse stato il dio Nettuno in persona.
Per dovere di cronaca faccio presente che un’impresa in quelle stesse condizioni di mare e nello stesso tempo, è stata portata a termine da un Heaven Altura 52 (16 metri per 4,5 di larghezza) con 3 uomini di equipaggio e non 150 passeggeri di zavorra.
Per chi non conosce l’Heaven Altura 52, è quello nella foto qui sotto.
Ora che siete debitamente informati, avete un motivo in più per sentirvi presi in giro.
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Fonte:
FB – Rolando Marco Zanin