Addio Opportunity


«Tu quoque, Brute, fili mi?» (Giulio Cesare)
«È tempo di morire» (Roy Batty / Rutger Hauer in Blade Runner)
«My battery is low and it’s getting dark» (Opportunity)
Ci sono state ultime parole che sono entrate nella storia. E – diciamo la verità – quando ci hanno detto che le ultime parole di Opportunity sono state «My battery is low and it’s getting dark» ci è sembrato uno di quei momenti.
Quattro anni fa, 13 febbraio 2019, dopo 5353 giorni marziani, durante una diretta live streaming dal JPL da Pasadena, la NASA dichiarava conclusa la missione del rover che ha fatto la storia. Già allora è stato come se ad andarsene fosse stato il nostro animale domestico. Ok, stava su Marte ed era un rover, ma lo stesso ci eravamo affezionati…
«La mia batteria è scarica, e si sta facendo buio». In realtà Opportunity non ci ha mai inviasto quella frase. Ci ha inviato però, tra gli altri, due numeri: 22 e 10,8.
22 era il numero di Wh che era in grado di recuperare dai pannelli solari: troppo pochi per poter ricaricare le batterie. 10,8 era il valore che il nefelometro di bordo ha misurato dell’opacità atmosferica dovuta alla tempesta: tradotto per i non addetti è tantissimo.
Alla NASA gli scienziati hanno letto questi numeri e hanno subito capito: Oppy era al buio e le sue batterie si stavano scaricando. Senza batteria i sistemi vitali non potevano più essere tenuti a una temperatura operativa: le fredde notti marziane hanno fatto il resto, rendendo inutilizzabile l’elettronica del rover. Il resto è storia.
Se ci siamo affezionati noi a quel piccolo rover, figuratevi quanto devono esserlo stati laggiù alla NASA. Che saranno pure scienziati cervelloni, ma anche gli scienziati hanno un cuore.
Così probabilmente qualcuno ha tradotto quegli ultimi segnali in una frase “umana” e… cavolo, ha funzionato. Adesso vogliamo bene a Opportunity.
Ma non solo: siamo infinitamente grati all’incredibile team che ha guidato Oppy per quasi 15 anni e l’ha portato a compiere tutte le grandi imprese scientifiche per cui verrà ricordato molto, molto a lungo.
Una missione che non ha precedenti nella storia dell’esplorazione spaziale. 217.594 immagini scattate. Più di 45 km percorsi. 32° di pendenza massima affrontata. 6 crateri visitati. E anche alcuni dust devil, di cui ne vedete uno in foto.
Gli esseri umani sono piccoli, è vero, creature insignificanti nell’immensità del cosmo. Ma a volte sono in grado di fare grandi cose, talmente grandi da farti pensare che, in un modo o nell’altro, ci dev’essere un dopo, altrimenti l’Universo stesso non avrebbe un senso.