Giorgia guida la svolta al femminile della politica italiana


SI CHIUDONO LE PORTE DEI PALAZZI DEL POTERE? NO.

Ho letto con una certa curiosità, e non poche perplessità, questo titolo: “Si chiudono le porte dei palazzi del potere?” in un articolo pubblicato la scorsa settimana sul magazine. Un titolo che pare preludere ad allarmanti scenari… ma come disse Alda Merini: “Anche se la finestra è la stessa, non tutti quelli che vi si affacciano vedono le stesse cose: la veduta dipende dallo sguardo”.
Occhi foderati di prosciutto, dunque, e non penso di scherzare.
Se, poi, guardiamo ai contenuti dell’articolo, ci imbattiamo in un coacervo in cui occorre farsi davvero forza ad andare sino in fondo, per arrivare ad estrapolare quanto si sarebbe potuto semplicemente descrivere in sole quattro righe ed è risaputo.
Ovvero, l’amara constatazione della mancanza di coinvolgimento dei cittadini nella politica, tanto dei partiti come dello stato con le proprie istituzioni, (detto tra parentesi, è un dato che peraltro risulta plasticamente evidente dal massiccio astensionismo elettorale).
Se, poi, in generale si fosse voluto alludere ad una scarsa propensione alla comunicazione da parte di Giorgia Meloni, ciò fa apertamente a pugni con la recente notizia per cui la stessa ha inaugurato una rubrica settimanale «Gli appunti di Giorgia», su Facebook e Instagram, dichiarando di non aver alcun problema a condividere, con le persone che rappresenta, il racconto del lavoro e delle scelte fatte durante la settimana, magari dando anche qualche risposta sui temi che sono più caldi, più interessanti.
Fino a prova contraria, sulla carta dunque paiono finora buone le intenzioni della presidente del Consiglio, la cui vera novità consiste nel fatto di essere il primo premier donna e di destra dell’intera storia repubblicana, con la dolente nota di qualche scalmanato che nel frattempo rivolge a lei e sua figlia minacce di morte.
Quanto abbiamo verificato, nel poco tempo dal suo insediamento, è piuttosto la sua voglia di non lasciare nulla al caso, la sua abilità nel riuscire a dare vita alla formazione dell’esecutivo e alla manovra finanziaria in tempi da record, riscontrando sensibili aumenti degli indici di gradimento.
Un provvedimento, quest’ultimo, principalmente concentrato sulla mitigazione della bolletta energetica, che certo ha suscitato aspre critiche, riguardo a tetto alla circolazione del contante, soglia di utilizzo dei POS, flat tax per gli autonomi e ridimensionamento della platea dei fruitori di reddito di cittadinanza, da parte di Bankitalia, Confindustria e sindacati, nonché dalle opposizioni, ognuno per gli interessi rappresentati.
Se la coperta è corta, è difficile accontentare tutti: si tratta quindi della solita bagarre che accompagna la politica quando periodicamente deve fare i conti con le entrate e le uscite pubbliche, essendo condizionata da fattori esterni ed interessi disparati, dovendo mediare e spesso scegliere più tra i mali minori che a favore di concrete logiche di sviluppo.
Non bisogna inoltre sottovalutare che la Meloni si trova ad operare nelle more di una congiuntura internazionale complessa e sfavorevole, in presenza di un pesante lascito dei passati governi.
Lasciamola pertanto lavorare, prima di arrischiare avventati giudizi e strologamenti, prima di avventurarci, con occhi foderati di prosciutto, in farraginose analisi, che nulla aggiungono a quanto già è noto. Intanto, anche il Partito Democratico, con sinistro ritardo, pare volerci provare con una donna nel segno della discontinuità: Elly Schlein come segretaria, non segretario come la stessa ha fieramente precisato.

In ultimo, sparito dai radar il partito manageriale, se la lusinga di turno adesso è il Partito della Costituzione, si pensa pure per esso ad una leadership femminile? Oppure ci si accontenterà del minimo sindacale delle quote rosa? Vedremo…