Lettera aperta ai giovani di oggi e di ieri


Mai come oggi il tema della guerra è attuale e più volte affrontato da persone esperte in materia in varie sedi.
Nel corso della storia ci sono state anche guerre in tempo di pace, pensiamo all’immigrazione nel dopoguerra, una cosa è leggere la storia, un’altra è averla vissuto quella storia, allora do la parola a Vincenzo, uno dei tanti giovani degli anni cinquanta, ormai avanti con gli anni, che vuole regalarci un po’ di sapienza del proprio cuore sempre in cerca di verità e raccontare la propria storia che accomuna quella di tanti giovani che, per motivi di lavoro, sono stati costretti ad immigrare dal sud al nord col solo mezzo di locomozione esistente allora, il famoso “treno del sole” che partiva dalla Sicilia con capolinea Milano. Lungo il percorso disseminava migliaia di giovani in cerca di quella dignità economica negata dalla propria terra natia, dando vita, in tempo di pace, ad un vero e proprio esodo di giovani profughi italiani.
Credo che per evitare quello scempio sarebbe bastato investire sulle filiere industriali già esistenti, inoltre nel meridione, favorito dal clima mite si poteva investire sulla zootecnica, sul turismo e sulla cultura.Il peggio è poi arrivato quando si è voluto trasferire operai agricoli nelle catene di montaggio industriali del nord, lasciando l’Italia meridionale in uno stato di abbandono, con paesi fantasma, privilegiando persino la gelida nebbia del nord al clima mite del sud. A mio avviso se vi era una tale richiesta di manodopera si poteva cercare altrove, in luoghi italiani in cui si riusciva comunque a gestire tutti quei settori produttivi.
Sono sempre più convinto che se lo sviluppo economico è solo di parte, come ti arricchisce così ti distrugge, infatti oggi ci troviamo con vaste zone di terreno agricolo abbandonate, con le industrie chiuse e con l’Italia del sud sempre più povera, ma per fortuna i giovani di oggi lottano per far rivivere il proprio territorio e anche se emigrano, rimangono legati alle proprio radici e già in molti sono ritornati per dare vita alle vecchie aziende di famiglia utilizzando nuove tecnologie.
Vincenzo oggi rappresenta la storia nella storia, anche lui negli anni Settanta è stato costretto a salire su quel treno con capolinea la Liguria. Ha potuto così realizzare i propri sogni, ma l’immigrazione lascia comunque segni indelebili, come la lontananza dai propri familiari e amici. Per questo motivo Vincenzo si rivolge ai suoi nipoti: “Carissimi nipoti vengo a voi come un amico speciale, anche se l’albero genealogico ci pone in posizioni ben definite: voi nipoti, io zio, titolo che quasi non mi si addice, in quanto a causa della lontananza, non ho potuto portare a compimento i miei doveri di zio. Mi consola il fatto che di zii ne avete molti che egregiamente colmano anche quei vuoti lasciati da me, se mi dovessi scusare di qualche mia colpa, una fra tutte è che riconosco che nella mia vita è prevalso l’individualismo, cosa che voi giovani di oggi non avete e lo state dimostrando con la forza e con i denti nel difendere il vostro territorio e nel preservare le vostre radici, cosicché un giorno i vostri nipoti siano fieri di voi, come lo sono io nei vostri confronti”.