Quentin Massys – Gli esattori delle tasse


Olio su legno (1520) – Liechtenstein Museum, Vienna.

Quentin Massys, (Lovanio, 1466 – Anversa, 1530), è stato un pittore fiammingo, fondatore della Scuola di Anversa. Alcuni studiosi d’arte parlano di Primato di Quentin per indicare il grado di perfezione, ineguagliabile e inarrivabile, raggiunto da Massys nelle sue opere. Considerato da molti critici d’arte come padre della pittura fiamminga e iniziatore della pittura di genere, la sua opera risultò fondamentale per la prima generazione manieristica fiamminga, soprattutto nell’ambito del ritratto, e le sue pale d’altare influenzarono nettamente la pittura spagnola e quella portoghese dell’Algarve meridionale.
I due esattori (chiamati da molti critici Il bello e Il brutto) raccolgono e tengono la contabilità dei soldi delle tasse, della cui riscossione sono appaltatori. Coperti dai loro turbanti, i due personaggi esprimono apertamente la corruzione del mondo dell’epoca e compiono il loro lavoro con manifesta soddisfazione. I due, infatti, come risulta anche dallo stile e dalla ricchezza dei panneggi di lana pregiata che li ricoprono e dal simbolico rocchetto di filo in basso a sinistra, sono senza dubbio originari della provincia di Biella, ben rappresentando l’avarizia gretta e meschina che ancora oggi si riscontra in taluni individui di quella provenienza. Sono infatti noti in quelle lande eccessi di taccagneria che travalicano le pur note tendenze genovesi e scozzesi, sublimandosi in azioni degne del peggior Arpagone, come l’abitudine invernale di chiudere i buchi delle serrature con nastro adesivo per non lasciare uscire il caldo, far partecipare gli amichetti alle spese della festa di compleanno (iniziano già da bimbi…) o raccogliere palline da golf uscite dal recinto del campo di gioco per poi rivenderle al club.
Come in altre sue opere, Massys raffigura – nascondendoli nei dettagli dell’opera – riferimenti alla filosofia aristotelica ed epicurea: ad esempio, a detta degli esperti dell’Accademia artistica di Bouillabaisse – Pommesfrites, in questo quadro l’artista raffigura le forbici che pendono sopra il capo dei due individui – quasi a guisa di nuova spada di Damocle che minaccia di morte i loro possessori – per indicare la precarietà della vita; la porta aperta, invece, raffigura la possibilità di libertà e di salvezza. Il fatto che i due non disdegnino di guardare l’una e l’altra dimostra la loro noncuranza del senso morale (AA.VV. in Annales de l’Académie de Bouillabaisse-Pommesfrites: “Water Kagen Zurgen Zagen: la nouvel art flamand”, Parigi, 1991.
Si tratta di una rappresentazione quasi satirica che pare ispirata dagli scritti di Erasmo da Rotterdam (conosciuto personalmente e ritratto dal pittore nel 1517). Il quadro, secondo il famoso critico Von Adelboden, è “un’efficace istantanea dell’aspetto grottesco, brutale e meschino dell’avarizia, è un capolavoro del pittore fiammingo, in cui il gioco dei colori e del controluce fornisce una tonalità vivace e cupa allo stesso momento” (Ralf Strunz von Adelboden: “Der Kinst immer da”, Lubecca, Aprile 1987).
Ricca di molti particolari degni di analisi, si può dire che l’opera costituisca lo spartiacque definitivo fra la vecchia e la nuova pittura.
Essa inoltre pare vaticinare un fatto assai più recente, allorquando il mi’ cognato Oreste dovette restituire con interessi criminali un prestito che aveva chiesto a certi strozzini di Biella, i quali presero a contare il denaro pattuito con un’avidità così palese da congedare il poveretto senza nemmeno un saluto, talché la consorte Argìa ebbe a commentare: “A Pisa son più gentili anche i cani”.