Il “Far West”, non solo un’epopea (2a parte)


Nella parte precedente, si è detto che, quando negli stati dell’Est giunsero notizie sulla presenza di sconfinate mandrie di bufali al pascolo, disseminate lungo le vallate ai piedi delle Montagne Rocciose e delle Black Hills, innumerevoli bande di cacciatori di pelli, assoldate da compagnie più o meno importanti, si gettarono nell’appetibile avventura. Di questi, denominati “engangés”, non pochi, con coraggio e diplomazia, trattavano direttamente con gli indiani. Provviste e merce di scambio, venivano spedite direttamente da St. Louis, risalendo, durante le abbondanti piogge primaverili e fin dove possibile, il Missouri prima del congiungimento al Mississipi, con imbarcazioni a vapore e percorrendo il resto del tragitto, su rozzi “bateaux”, manovrati da “voyageurs” franco-canadesi. Il pellame, parzialmente conciato, veniva spedito, in senso inverso, con gli stessi mezzi, oppure, se il bottino eccedeva il tonnellaggio a disposizione, veniva caricato nei “bull-boats”, natanti realizzati con il cuoio teso su di un’intelaiatura di vimini, legato con i tendini ed impermeabilizzato con il sevo, ricavati dagli stessi animali uccisi.
I cacciatori conoscevano ogni fiume, ogni vallata, montagna o specchio d’acqua del Far West. Senza la loro guida e la loro esperienza, l’emigrazione da una parte all’altra del continente sarebbe stata impossibile. Furono loro a scoprire, nel Wyoming, il South Pass delle Montagne Rocciose, un’ampia vallata collinosa, che portava, attraverso facili salite, dall’altro lato della catena. Nel 1830, un gruppo, guidato da Jedediah Smith e da William Sublette, condusse i primi “carri coperti” dal Missouri alle Montagne Rocciose e, sei anni più tardi, il Capitano Bonneville, le cui imprese offrirono allo scrittore statunitense, Washington Irving, lo spunto per le sue opere letterarie, quali “Astoria”, del 1836, e “Adventures of Captain Bonneville”, del 1837, guidò le prime carovane, cariche di merci, attraverso il South Pass, giù per la valle dello Snake, fino al fiume Columbia. I metodi impiegati per il commercio delle pellicce ed una gran parte del personale provenivano dal Canada francese e, come era già avvenuto ai tempi di Luigi XIV, il “Re Sole”, i missionari, questa volta yankees protestanti, seguivano da vicino i commercianti.
Nel 1832, una folta confraternita di metodisti, accompagnati dal Reverendo Jason Lee, si unì ad una spedizione di caccia, con l’intento di raggiungere il territorio dell’Oregon, sul Pacifico, dove, a detta di molti, vi erano acqua e terre libere, in quantità. L’iniziale opera di proselitismo pseudoreligioso, divenne una vera e propria smania generale. La “febbre dell’Oregon”, nel 1842, colpì gli uomini di frontiera e la città di Independence, capitale dello stato del Missouri, al centro esatto del continente americano, divenne la base di partenza per quella pista. Si organizzavano gruppi, si eleggevano i “capitani”, si sceglievano le guide, si facevano rifornimenti, per superare i tremila chilometri di cammino e, in mezzo ad un gran suonare di corni e schioccare di lunghe fruste, le carovane, composte talvolta da cento carri, si incamminavano lungo le rive del fiume Missouri. A Fort Leavenworth, in Kansas, uno dei bastioni della frontiera indiana, gli “emigranti” godevano, per l’ultima volta, della protezione della loro bandiera. Con un po’ di fortuna, un convoglio che avesse lasciato Independence in maggio, poteva sperare di festeggiare il “Thanksgiving Day” (Giorno del Ringraziamento), ricorrente il quarto giovedì di novembre, nella valle del Willamette. E doveva essere fortunato davvero, per arrivare con lo stesso numero di persone con cui aveva iniziato il viaggio. Quelli meno organizzati o più deboli, scomparivano addirittura, per fame, per aver perso la pista o massacrati dagli indiani. Fino a che non spuntarono sentieri battuti sull’erba, era molto facile smarrire la strada. Parecchi affluenti del Platte, gonfi e torbidi in primavera, dovevano essere attraversati a nuoto o a guado, con grande danno per le provviste e per i bagagli. Ogni sera, la carovana formava un quadrato di carri intorno ad un grande fuoco di legna di pioppo o di sterco secco di bisonte. Delle “sentinelle” vegliavano per proteggere i cavalli impastoiati ed il bestiame al pascolo. Gli ululati dei coyotes erano coperti dai cori di antiche ballate degli Appalachi, la catena montuosa che si estende per 2500 chilometri lungo la costa atlantica.
A quell’epoca non esistevano leggi nella regione dell’Oregon. Anche se nei primissimi tempi non vi furono delitti o saccheggi, le forti ondate di nuovi arrivati, provenienti dal Missouri, dall’Arkansas, dall’Iowa e dall’Illinois, che tendevano a vivere fuori dalla legge, misero a dura prova quelle comunità. Il Congresso degli Stati Uniti si convinse, pertanto, dell’urgenza di prendere seri e drastici provvedimenti per dare, a quella remota colonia in crescita, un’amministrazione, delle norme e dei titoli di proprietà. Ma, prima di tutto, il governo federale desiderava fortemente arrivare ad un accordo con la Gran Bretagna che, come si ricorderà, occupava congiuntamente quel territorio, nell’attesa che fosse risolta l’annosa questione della sovranità, unico punto rimasto insoluto, nella controversia anglo-americana.
Ebbe inizio, pertanto, un rumoroso movimento popolare per l’annessione dell’intero Oregon agli Stati Uniti, movimento nel quale i politici democratici intravvidero subito l’occasione ideale per accaparrarsi i voti del West, soprattutto in vista delle imminenti elezioni presidenziali. Nel febbraio del 1844, il Senato approvò un disegno di legge, per l’organizzazione del territorio come appartenente agli USA, ma la Camera, memore della minaccia di Henry John Palmerston, Segretario di Stato per gli Affari Esteri britannico, secondo la quale un tale provvedimento “sarebbe equivalso ad una palese dichiarazione di guerra”, lo lasciò cadere. Iniziarono immediatamente, però, le trattative con il ministro inglese, lanciando la proposta, già avanzata per tre volte dal 2° Presidente americano, John Adams, di dividere il territorio, seguendo il 49° parallelo. Gli inglesi, che occupavano la zona con un folto numero di loro cittadini, si rifiutarono di abbandonare l’area. Gli Stati Uniti dovettero, potendoselo permettere, attendere tempi migliori.
Il commercio delle pelli, nella valle del fiume Columbia, andava velocemente declinando e la sicurezza di Fort Vancouver, non più redditizio, era in pericolo per l’atteggiamento ostile dei coloni americani. Nel 1845, la Hudson’s Bay Company abbandonò il Forte, seguendo i consigli di John McLoughlin, Capo Fattore e Sovrintendente della Compagnia stessa, già dal 1824.
Nel frattempo venne eletto, 11° Presidente degli Stati Uniti, James K. Polk, favorevole alle iniziative espansionistiche, il quale, nel suo discorso inaugurale, il 4 marzo 1845, lanciò una sfida alla Gran Bretagna, preannunciando che avrebbe ratificato il diritto americano su tutto l’Oregon, definendolo “chiaro ed indiscutibile”. Nel mese di dicembre di quello stesso anno, chiese al Congresso, e lo ottenne, di poter denunciare l’accordo del 1818, che sanciva una comune occupazione. Ad un membro del Congresso, che espresse timidamente dei dubbi, Polk rispose che “l’unico modo di trattare John Bull (NDR: personificazione figurata della Gran Bretagna, creata da John Arbuthnot nel 1712) è di fissarlo negli occhi” e che secondo lui “un atteggiamento audace e fermo, da parte nostra, è il mezzo migliore per mantenere la pace”.
Lo storico americano, Frederick Jackson Turner, che morì nel 1932 nella a noi vicina Repubblica di San Marino, noto soprattutto per aver scritto “The Significance of the Frontier in American History” (Il significato della frontiera nella storia americana), del 1893, sosteneva che i pionieri, nel momento stesso in cui conquistavano, seppur gradualmente il West, acquisivano la coscienza di un nuovo modo di vivere e che quella coscienza formò il nuovo cittadino americano. Di certo la laboriosità dei coloni e la loro operosità individuale generò una nuova concezione del vivere comune. Ogni singolo individuo ed ogni singolo nucleo familiare fu determinante per lo sviluppo economico e sociale della popolazione americana. E fu anche e soprattutto per questo, che la storia del Far West venne così tanto mitizzata. Gli storici sostengono che il 1890 possa essere indicato come la fine definitiva della conquista del “Lontano West”, dopo continue e periodiche migrazioni, iniziate nella tarda seconda metà del Settecento e terminate alla fine del XIX Secolo.
Aride date che delimitano il tempo, non la fantasia e l’entusiasmo di tutte le genti.