Berthold Woltze (Havelberg 1829 – Weimar 1896) – La Lettera


I colori morbidi che contrastano con la forte luce proveniente da un esterno in qualche modo più felice sono la cornice di quest’opera che l’artista ha voluto sapientemente raffigurare.
Lo sguardo affranto, sconsolato, della giovane madre che la figlioletta invano tenta di confortare spiegano meglio di mille parole il contenuto della lettera che la donna tiene in mano: lo sfratto esecutivo comunicatole testé dall’ufficiale giudiziario per non aver pagato la pigione da oltre due anni.
L’ambiente poverissimo che fa da sfondo alla scena fa capire in che condizioni la giovane sia costretta a vivere, nonostante il sussidio della Caritas e il reddito di cittadinanza ottenuto grazie all’intercessione del parroco dietro compenso di una ravanata dentro le mutande.
La disperazione che profonde dallo sguardo della donna palesa tutto il suo sconforto nell’apprendere che entro un paio di settimane sarà buttata per strada colla figlioletta, in balìa di orsi e giamaicani.
Un solo ciocco di legno le rimane, buttato lì per terra, per scaldare la minestra che tre giorni prima una suorina generosa le aveva portato fregandola al sacrestano, poi solo il gelo rivestirà i corpi delle due sventurate.
La scena è sapientemente orchestrata e viene mostrata esattamente un secondo prima che un bussare all’uscio annunci il ritorno dalla guerra del marito, il quale risolverà con rapida maestria tutti i problemi della famigliola rapinando le casse del vescovado e incolpando di ciò il laido figuro che occupa la canonica parrocchiale, riportando gioia, serenità e pace nel nido famigliare.
La scena può, ad un’attenta disamina, ricordare l’aspetto deluso ed affranto della sora Argia, moglie del mi’ cognato Oreste, quando le pervenne il verbale della multa che quel brodo del su’ marito prese la sera che venne beccato a troje dalla stradale, mentre aveva infinocchiato la moglie colla scusa del tressette cogli amici. In quell’occasione però, al momentaneo sconforto subentrò l’astio dell’Argia verso il consorte che, rientrato dal lavoro, si vide troncare una seggiola sul groppone.