PsicologicaMente – Vamping, come (non) dormono i nostri figli


“Quando si ha l’insonnia, non si è mai veramente addormentati, e non si è mai veramente svegli.” (dal film Fight Club)

Cari lettori,
Questa settimana analizzeremo un argomento che per i lettori più giovani e per quelli con figli adolescenti o poco più sarà certamente interessante e ben noto, oggi parliamo di Vamping.
Come facilmente si deduce dalla parola, si tratta di una nuova moda che imperversa tra i giovani ed ha a che fare con il modo con cui essi tendono a trascorrere le ore notturne.
Ahimè, bisogna dire che la notte, al giorno d’oggi, non è più fatta per dormire ma durante questo periodo i ragazzi tendono a trascorrere il loro tempo navigando sui social, giocando alla Play, guardando film su Netflix ed in ogni caso scegliendo come compagno notturno sempre e comunque uno schermo.
Insomma si può dire che i nostri figli la notte svolgono le loro attività socio-virtuali sino alle prime luci dell’alba, quando è ormai ora di tornare sui banchi di scuola e questo fenomeno prende il nome di Vamping proprio perché si aggirano nella rete come vampiri, scegliendo la veglia piuttosto che la nanna.
Inutile dire che condotte di questo genere influenzano inevitabilmente la qualità e la quantità del sonno di questi ragazzi, con conseguenze estremamente negative per l’organismo, provocando un vivere disfunzionale e danneggiando l’andamento delle attività quotidiane, fino a compromettere i livelli di concentrazione e attenzione che si ripercuotono anche a livello scolastico. Ovviamente tutta questa condizione è accompagnata da stati ansiosi e depressivi, irritabilità, comportamenti aggressivi, isolamento e senso di vuoto.
Ma perché succede questo? Beh da quello che trapela dai miei giovani pazienti, sembrerebbe un modo per sentirsi adulti, considerato che leggere un libro o guardare un film in televisione magari in compagnia, ormai sono modi superati e comunque “infantili” per andare a dormire.
Invece, restare svegli tutta la notte, chattare e stare al buio ma a stretto contatto con lo smartphone paiono atteggiamenti da adulti, da trasgressori delle regole del vivere normale e serve anche a sentirsi parte di quel gruppo fico di nottambuli che, restando svegli fino a tardi, sentono di poter gridare al mondo “io ci sono!”.
La realtà però è assai diversa e spiacevole. Il Vamping altro non è che il risultato di una vita stressante, frenetica, colma di impegni di ogni genere che tolgono ai giovani il tempo e la voglia di socializzare di persona e crearsi una cerchia di amici reali.
Così il modo più semplice e meno impegnativo per avere degli amici o, meglio ancora, dei seguaci ovvero ancora almeno parlare con qualcuno, sembra quello di farlo online e di notte.
Alla velocità di interazione ed alla comodità di restare tra le mura della propria stanza, si aggiunga che sui social si può essere altro da ciò che si è realmente ed i ragazzi si creano identità nuove e fantasiose, fuggono dalla realtà per andare incontro ad un mondo diverso e idealizzato, dove nessuno si conosce ma in cui tutti sono amici.
Il problema enorme che si verifica è che, portati dal bisogno di appartenenza sociale, i giovani possono finire con l’instaurare un rapporto malsano con la rete, annientano la propria vera identità per dare spazio all’ebbrezza della menzogna.
Il Vamping può essere interpretato dai soggetti che lo attuano come un gioco o come un rischio vero e proprio perché la tecnologia può indurre l’uomo, i ragazzi privi di esperienza in particolare, a percepire la realtà in modo alterato e, quindi, favorire comportamenti di dipendenza.
Ma, ci si chiede, perché di notte e non di giorno?
La risposta non è difficile, perché di giorno c’è il rischio di essere visti e disturbati dai genitori, di notte, invece, ci si sente liberi e sciolti dalle regole familiari, ci si sente svincolati da tutte le “costrizioni” e nella possibilità di fare ogni cosa nella massima autonomia.
Le origini del Vamping possono essere ricercate in varie aree della personalità di un adolescente. Abbiamo detto della voglia e del bisogno di ribellione, della necessità di socializzare al di fuori del mondo reale.
Ancora vi è la ricercatissima possibilità che offre il Vamping di sentirsi padroni esclusivi di sé stessi, delle proprie scelte, delle proprie azioni, della propria immagine.
L’incapacità o impossibilità di socializzare nella quotidianità è un altra spinta importante verso questo atteggiamento perché il giovane si sente incapace ed impotente nello stabilire relazioni e allora sceglie di rifugiarsi nella vita virtuale dove non incontra ostacoli esterni ed interni a se stesso.
Si tratta di colmare un vuoto relazionale che sembra meno grave la notte nel mondo oscuro del web, dove sono tanti i compagni di solitudine.
Come anticipavo, il restare svegli fino a tardi comporta un primo e principale effetto collaterale che è la poca e scarsissima qualità del sonno, sicché durante il giorno ci si sente stanchi, privi di forze e con poca energia e volontà di affrontare la giornata che si prospetta, che in effetti, dal punto di vista “classico”, rappresenta lo svolgimento della vita vera e propria. Il Vamping potrebbe poi generare i disturbi dell’umore e del comportamento prima elencati e potrebbe anche degenerare in una vera e propria ossessione laddove i ragazzi rischiano di non avere altre esigenze se non quella impellente ed onnipresente di collegarsi ad internet.
Va detto, inoltre, che al Vamping fanno da cornice altre mode, che si stanno dilagando allo stesso modo nell’universo dei giovanissimi e che ne sono diretta conseguenza o un buon coadiuvante.
Vi è la “Nomofobia” ovvero, dall’etimologia: “no-mobile-phone”, una nuova fobia legata al timore misto ad un vero e proprio terrore, dichiarato e non, di rimanere senza telefono o senza connessione a internet. Non solo gli adolescenti ma, ahimè, anche moltissimi adulti, vivono la paura che si possa scaricare improvvisamente il telefono quando sono fuori casa, sentendosi persi e totalmente smarriti.
Si parla poi di “Like addiction” ovvero l’idea che, ormai, il concetto di intimità e riservatezza non è più rilevante. L’obiettivo giornaliero importante e quasi fondamentale diventa quello di stimare il numero di like ricevuti. Apparentemente nulla di grave ma in effetti il problema sta nel fatto che tanti like e commenti aumentano il livello di autostima, la popolarità e quindi la sicurezza personale. Viceversa, pochi like e commenti negativi determinano un umore negativo e provocano un senso di inadeguatezza e fallimento.
Ancora vi sono le “Challenge” o sfide social che consistono nell’invito ad entrare a far parte del mondo virtuale attraverso tag. Tradotto per i più “vecchi” significa che bisogna postare un’immagine richiesta per poi nominare altre persone che dovranno fare altrettanto, così il fenomeno si diffonde velocemente.
Oltre a queste si potrebbero annoverare numerose altre tendenze, alcune a tratti addirittura inquietanti, ma mi dilungherei eccessivamente.
Per quanto riguarda il modo con cui affrontare il fenomeno descritto ci tengo a sottolineare che, prima che si sviluppino vere e proprie patologie per cui sarà necessario interpellare uno specialista tra psicologi e psichiatri, esistono degli accorgimenti che, se seguiti seriamente, consentirebbero una corretta gestione del problema da parte dei genitori e quindi una prevenzione.
A tale scopo, assolutamente fondamentale è l’impegno nell’educare i figli alla tecnologia fin da piccoli, accompagnandoli ad un corretto e limitato uso di internet e degli smartphone, attraverso regole ben precise e necessariamente rigide. Altrettanto importante è la necessità di concedere momenti di socializzazione ai ragazzi, molti e variegati, al fine di impegnare i giovani e creare delle circostanze che li facciano sentire liberi di socializzare ed interagire semplicemente e serenamente.
In sostanza bisogna fare tutto quanto possibile per essere presenti nell’adolescenza dei nostri figli e questo per donare loro tutto il nostro amore, per farli sentire protetti ma liberi di agire e per configurarsi come punti di riferimento principali in caso di difficoltà e quando vi è la necessità di un confronto o una spiegazione.

Notazioni Bibliografiche:
-“Adolescenza e dipendenze” T. Giacolini, C. Leonardi, Giovanni Fioriti Editore;
-“Terapia delle dipendenze. Il percorso verso l’autonomia e l’interdipendenza.” E. Giusti, M. Maglioni, Sovera Edizioni.