Colin Powell, morto di cancro ‘per colpa del virus’


Gli Stati Uniti piangono Colin Powell, una delle figure più influenti e controverse della politica statunitense degli ultimi decenni. La sua carriera raggiunse il picco con la nomina a segretario di Stato nel primo quadriennio dell’amministrazione di George W. Bush. Fu allora che con un intervento davanti al Consiglio di sicurezza dell’Onu, nel febbraio del 2003, Powell aprì di fatto la strada all’invasione dell’Iraq: agitando una fialetta contenente una polvere bianca accusò Saddam Hussein di possedere armi chimiche. Una verità in seguito smentita dai fatti. Powell aveva 84 anni, era stato vaccinato ma aveva contratto il Covid. È stato stroncato da un tumore a causa del quale da tempo era ricoverato al Walter Reed National Medical Center, conosciuto come l’ospedale dei presidenti alle porte della capitale Washington. I familiari hanno spiegato che alcune complicazioni legate al virus avrebbero ulteriormente abbassato le basse difese immunitarie di un paziente già debilitato.
L’agenzia ANSA ha così titolato la notizia: “Morto di Covid l’ex segretario di Stato Usa Colin Powell”. In realtà possiamo dire, come in un innumerevole serie di altri casi, che il Covid ha solo dato il colpo di grazia a un organismo ormai quasi senza difese, e si può senz’altro dire che un anziano sotto chemioterapia di difese ne ha tante quante un contadino alsaziano contro un paio di Panzerdivisionen.
Da anni oramai in pensione, l’ultima uscita politica di Powell risale al gennaio scorso, quando dopo l’assalto al Congresso affermò di non riconoscersi più nel partito repubblicano, ripudiandone definitivamente i vertici considerati ostaggio di una figura come Donald Trump, contro cui aveva votato nel 2016 e nel 2020. Ma già dal 2008 la sua insofferenza verso il Grand Old Party era emersa con l’endorsement dato a Barack Obama, che definì una figura del cambiamento in grado di trasformare il Paese. Del resto anche lui con la sua vicenda professionale ed umana ha contribuito in maniera significativa al cambiamento. Con Powell infatti se ne va non solo un protagonista di quarant’anni di politica estera americana, ma anche un simbolo del sogno americano e dell’emancipazione della comunità afroamericana: nato ad Harlem da genitori emigrati dalla Giamaica e cresciuto nel problematico quartiere del Bronx laureandosi poi all’università pubblica di New York, Powell, grazie alle sue indiscutibili doti di leadership, ha scalato la piramide arrivando ai massimi vertici del Pentagono e – successivamente – della diplomazia mondiale. È diventato così il primo afroamericano a ricoprire i ruoli di consigliere della sicurezza nazionale con Ronald Reagan (che aiutò a negoziare con Michail Gorbaciov la fine della Guerra Fredda), di capo di stato maggiore delle forze armate Usa (dirigendo l’operazione Desert Storm nella prima Guerra del Golfo Persico) e di segretario di Stato dal 2001 al 2004. Il difficile rapporto con altri due falchi alla corte di George W. Bush, il vicepresidente Dick Cheney e il nuovo capo del Pentagono Donald Rumsfield, lo convinsero a dimettersi prima della fine del mandato.
“L’America perde un grande servitore dello Stato”, è stato il commento dell’ex presidente Bush. La sua più grande eredità resta la dottrina che porta il suo nome, elaborata all’inizio degli anni ’90 con la fine della Guerra Fredda e sviluppata a partire dalla prima guerra in Iraq. Una dottrina che, seppure Powell fosse soprannominato ‘il guerriero riluttante’, enfatizzava l’uso delle forze di terra per difendere gli interessi di sicurezza nazionale. Una linea che ha portato alle due guerre del Golfo e all’invasione dell’Afghanistan dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e che oggi viene messa in discussione, con il presidente Joe Biden che con la fuga da Kabul ha di fatto chiuso un’era.
Un fatto rimane comunque indiscusso: Powell fu l’inventore delle fake news. La fialetta di polvere bianca sventolata al Consiglio di sicurezza dell’ONU voleva essere nei suoi piani la “smoking gun” messa in mano a Saddam, che avrebbe di fatto sdoganato l’intervento armato in Iraq. Cosi fu, in effetti, per poi scoprire che i micidiali arsenali chimici e biologici erano solo frutto di un’invenzione.
Il risultato fu la deposizione (e l’assasinio) dell’unico personaggio in grado di garantire la stabilità in quell’area, con i risultati che tutti conosciamo.
Quella fialetta, vista con gli occhi della Storia, ha forse rappresentato la nemesi del falco Powell, e forse Saddam dalla sua nuvoletta ha smesso un attimo di suonare l’arpa per applaudire.

Fonti:
corsera.it
Ansa.it