Sette giorni che ti ho perso


Non ci credo, non posso crederci è invece è andata proprio così. Niente Champions League per il Napoli il prossimo anno. Arrivando al quinto posto in classifica nel campionato di serie A dovrà accontentarsi di partecipare all’Europa League, che ha il sapore del trofeo di chi non ce l’ha fatta.

Domenica scorsa, il 23 maggio, gli azzurri si giocavano il pass per l’Europa che conta in casa, al Maradona, contro l’Hellas Verona che non aveva più pretese dal campionato. Doveva essere una vittoria semplice, almeno sulla carta. Le motivazioni dei partenopei dovevano essere di gran lunga superiori a quelle degli scaligeri inesistenti, ma non è andata così. Da principio tutti abbiamo pensato che ci dovesse essere un disturbo nel televisore o nella trasmissione del segnale perché il Napoli era lento e molle ma poi, realizzando che i veneti correvano, eccome se correvano, e pressavano, abbiamo capito che non si trattava di un problema di ricezione ma più semplicemente del Napoli che andava a rallentatore, con i giocatori in passeggiata per il campo. Ok la tensione, ok il nervosismo, ok che ci stiamo giocando la stagione, ma la rabbia, la grinta, la determinazione, l’orgoglio non possono essere rimasti negli spogliatoi!

Un primo tempo da brividi per l’inerzia e la mancanza di gioco, con un solo tiro di Insigne, che manca la porta con un sinistro a giro, ad impensierire il portiere veronese. Si apre il secondo tempo con lo stesso timbro. Si approfitta di una mischia in area dopo un angolo calciato dagli azzurri e rocambolescamente Rrahmani la mette dentro. Neanche il tempo di realizzare che ci siamo, siamo in Champions che il Verona si organizza con un lancio lungo, Hysaj si fa superare e la frittata è fatta: 1-1. Intanto dagli altri campi arrivano notizie che rincarano la dose di sfiducia: la Juve vince a Bologna 4-1 ed il Milan batte l’Atalanta con 2 rigori. Il destino del Napoli è nelle sue mani, peccato che sono mani di burro. Per la città si alza un coro unanime: “ ….metti Demme!!!!!”. Il grido di speranza arriva ovunque, tranne alla panchina di Gattuso che invece mette dentro tutti gli attaccanti possibili: Mertens, Politano e finanche Petagna che allo scadere del recupero sfiorerà l’impresa con una traversa. Un Napoli a trazione anteriore ma senza un degno centrocampo a servire le punte diventa tutto inutile.

Non bastano le lacrime a fine partita degli azzurri a lenire la rabbia e la grande delusione per l’obiettivo sfumato quando era ad un passo. Non serve recriminare su presunti complottismi ed arbitraggi discutibili, che comunque ci sono stati. Il Napoli poteva e doveva farcela. Tutti responsabili del disastro. Le responsabilità per l’insuccesso sono equamente distribuite fra tutti gli attori in commedia, anzi dramma. La squadra si è dimostrata ancora una volta immatura, priva di personalità e mentalità vincente. La società ha gestito il secondo periodo del campionato in silenzio, senza alcuna partecipazione alimentando dubbi e dissapori. E poi c’è lui, Rino Gattuso. L’allenatore che ha preso una squadra ammutinata e ne ha fatto un gruppo, compatto e coeso. Per questo gliene saremo sempre grati, ma ha pagato le tare del suo carattere. Da buon calabrese la tenacia e la caparbietà sono ottime doti ma non quando sfociano nella cocciuta ostinazione che non ti fa imparare dai tuoi errori, facendoteli sistematicamente ripetere.
Cosa rimane ora? Una nottata in bianco per molti, un commiato a Mr. Gattuso, tanta amarezza ed un silenzio assordante. Ritornano le parole di Diego:”…dobbiamo vincere contro a tutti, a tutti quanti”, ma soprattutto contro noi stessi.