La cultura dell’ascolto


Bisogna riscoprire l’importanza del silenzio che è la culla della cultura dell’ascolto. Udire vedere, sentire tutto ciò che ci circonda. Se noi siamo quello che mangiamo, anche un ambiente idoneo fa la sua parte: come un panorama mozzafiato, una foresta, una casa in collina, tutto questo ci stimola di più ad ascoltare, udire, sentire, vedere, trasmettendoci più emozioni delle tante parole. Per salvarsi da un naufragio non bisogna bere tutta l’acqua del mare, basta rimanere a galla; sappiamo che il silenzio, che genera emozione, è sempre fecondo ovunque ci troviamo.
Oggi le persone hanno più bisogno di ascolto che di parole, abbiamo imparato tutti a parlare, magari anche più lingue, ma a volte non siamo capaci di ascoltare: soltanto quando diamo ascolto all’altro con attenzione e non distratti, con pazienza e non di fretta, con meraviglia e non con noia, acquistiamo il diritto e l’autorevolezza di parlare al cuore.
Spesso crediamo che il tempo dedicato all’ascolto sia perso, in realtà, se pensiamo così, forse è perché non abbiamo tempo a disposizione per gli altri, ma soltanto per noi stessi e per i nostri interessi.
La gente ha bisogno di raccontare i propri problemi a qualcuno che possa capirli per poterli sdrammatizzare, per non sentirsi soli di fronte a situazioni angoscianti, infatti, quando non si trova qualcuno a cui manifestare i propri problemi, questi possono diventare giganteschi e paurosi ed affievolire il senso della vita, soffocando la speranza. Un ascolto attento, invece, diventa un grande servizio al fratello bisognoso, nel sopportare gli uni il peso degli altri.
Questa norma di vita comunitaria è stata ricordata anche da San Paolo, scrivendo ai Galati 2.1-2-7-4 e dal Vangelo di Luca 10. 25-3 il buon samaritano:
“chi ha trasformato la propria vita in virtù della parola ascoltata, costruisce una casa sicura per sé e per gli altri”.