PsicologicaMente – Nella mente dell’imprenditore: siamo NOI la nostra più grande impresa


Il cammino che intraprende un imprenditore può trasformarsi in una grande avventura, unica, straordinaria, arricchente dal punto di vista economico e non solo.
Tuttavia, come ci ricorda il famoso proverbio americano: “non esistono pasti gratis”: ogni cammino nasconde insidie che, piccole o grandi, possono compromettere il raggiungimento della meta.
Affacciarsi nell’imprenditoria può essere un viaggio estremamente solitario e, naturalmente, mentre le gioie si condividono più facilmente, accade di sentirsi abbandonati soprattutto nei momenti più difficili e talvolta nella sconfitta, sicché è in queste occasioni che si scoprono i veri alleati (in genere pochi) e tra questi il più leale e fidato scopriamo essere noi stessi.
E’, dunque, un tragitto lungo il quale facilmente si possono percepire sensazioni negative quali solitudine e paura. Entrambe sono costanti della vita di coloro che scelgono di percorrere sentieri e perseguire obiettivi colmi di incertezza pertanto con questi sentimenti è necessario che l’imprenditore impari a convivere, tenendo presente che quel che lo dovrebbe spaventare di più non sono le sensazioni che suscitano ma il modo in cui lo ingannano, spingendolo a negare a se stesso le cose che in realtà desidera di più.
In questo articolo cercherò di dare qualche suggerimento specifico per questa categoria di utenti, affinché possano imparare a non farsi sopraffare dalla solitudine e dalla paura, soprattutto in un momento così delicato ed in effetti negativo per l’economia del paese quale quello attuale.
Inizierei dando uno sguardo ad alcune delle circostanze che producono un allontanamento dalle persone e quindi uno stato di solitudine.
Prima di tutto l’imprenditore è capo di sé stesso e di tutta l’impresa, quindi è probabile che non lavori con dei colleghi nella sua azienda ma interagisca con i dipendenti che, di solito, non si relazionano a livello emotivo col datore di lavoro.
In secondo luogo ogni business è un discorso a sé. Non c’è un copione da seguire, nessuno che tracci la via. Un imprenditore sa che, anche osservando gli altri, dovrà sempre adattare strategie e consigli alla propria attività, ai propri obiettivi specifici e alla propria esperienza.
Terzo, è inevitabilmente avere troppo poco tempo per sé: chi ha un’impresa non ha turni stabiliti. Un imprevisto, un problema da gestire, sorgono facilmente e bisogna fare il possibile per non farsi risucchiare completamente dal lavoro.
Infine il capo è il volto dell’azienda e deve stare sempre all’erta. Non c’è la possibilità di sfuggire a questo ruolo, se non nell’intimità della propria casa. È come essere in modalità “on” h24, sette giorni su sette. Ne deriva la necessità di mostrare un volto ottimista sempre ed essere capaci di fare networking anche in situazioni più rilassate. Il risultato? Si finisce per sacrificare parte della propria individualità.
Ma allora, come venirne fuori?
Un valido toccasana potrebbe essere, anzitutto, cercare di limitare i rischi legati alla sedentarietà, quindi camminare il più possibile anche se costretti a lavorare per molte ore. Questo stimola la produttività ed aiuta a pensare più lucidamente. L’ideale sarebbe spostarsi dall’ufficio in un’area verde per alleviare i sintomi di depressione, solitudine e ansia.
A questo suggerimento non può non seguire la necessità di praticare sport, anche lo yoga alla scrivania può andar bene perché è utile per mantenere la forma fisica, tuttavia per ridurre il senso di solitudine andrebbe preferita un’attività di gruppo.
Altra buona regola sarebbe quella di mangiare sano e mai da soli, è importante dedicare il giusto tempo al cibo, evitare di mangiucchiare qualcosa al volo davanti al pc che, oltre a far malissimo al corpo, mortifica anche lo spirito. Un pasto sano e rilassato aiuta la produttività, e se lo si fa in famiglia o con amici riduce il senso di abbandono e induce a stare più attenti a cosa e quanto si mangia.
Ancora, sarebbe cosa buona iniziare ad assegnare priorità alle relazioni: non si può essere amici di tutti: l’amicizia è “un’attività” che richiede cura e tempo affinché possa essere arricchente a livello umano. Chi ha poco tempo deve scegliere a quali relazioni dedicare maggiore attenzione. All’inizio potrà sembrare strano o potremmo sentirci in colpa, tuttavia è importante scegliere le amicizie che abbiamo un vero valore.Certo non è sbagliato conoscere altre persone, ma non bisogna tralasciare di mantenere contatti profondi con un gruppo di amici storici.
Quanto al fare nuove amicizie, ci sono vari modi per socializzare anche mentre si lavora. Un modo è fare formazione, partecipare a workshop, ovvero, se possibile, tenere noi stessi dei corsi nella materia in cui si è esperti.
Ancora, sarebbe bene prediligere appuntamenti dal vivo, seguire eventi, conferenze, incontri, riguardanti il proprio settore perché sono i momenti ideali non solo per scovare nuovi clienti o fornitori, ma anche per sentirsi meno soli e magari confrontarsi con imprenditori alle prese con problemi simili ai propri.
Altra buona regola? piangere. Proprio così e, più in generale, esprimere le proprie emozioni senza timore. Dobbiamo ricordare che il problema non è mai provare alcuni sentimenti, semmai la complicazione nasce quando sono solo le emozioni a guidare le nostre scelte e comunque, per superare questa condizione, le emozioni vanno provate fino in fondo e mai represse. Bisogna continuare a vivere, non parlare sempre di lavoro, coltivare interesse anche in altre cose: un hobby, una passione, attività a cui dedicare il proprio tempo libero.
Di fondamentale importanza è, ancora, farsi aiutare perché la depressione è una malattia e questo non va dimenticato. Quando la solitudine cronica conduce a un vero e proprio disturbo psichico non bastano i pranzi con gli amici a venirne fuori: è necessario farsi aiutare da un bravo terapeuta che può offrire una prospettiva completamente nuova sulla propria condizione, aiutandoci a superare lo stallo.
Parliamo ora della paura.
Secondo alcuni neuro-scienziati, il termine “paura” si riferisce allo stato psicologico di un particolare circuito neurale situato nell’amigdala, che determina il nostro modo di reagire alle minacce.
Il modo in cui la paura si manifesta è la risposta emozionale negativa di fronte ad un pericolo percepito. Essa ci colpisce sia sul piano fisico (accelerazione di battito cardiaco e del respiro) che mentale (ad es. immaginando potenziali risultati indesiderati).
La paura nasce come protezione contro i pericoli, per preservare il nostro benessere ma, quando non serve a proteggerci, può diventare un ostacolo.
Ad ogni modo la paura è una componente intrinseca dell’imprenditorialità anche se dobbiamo considerare che per l’imprenditore la paura del fallimento può diventare addirittura un’alleata.
In presenza di una qualunque fonte di stress sembra di avere solo due possibilità: affrontare la situazione o evitarla. Ma esiste una terza opzione che a volte ci capita di scegliere: l’inerzia totale.
Per gli imprenditori, il timore di fallire nasce dal considerare minacce situazioni che potrebbero portare all’insuccesso e che costringono a ricordare cosa si provi subendo una sconfitta e quali siano state le conseguenze dei fallimenti passati.
I possibili esiti sono tre:
Fuga: si evita di affrontare la situazione.
Blocco: si resta paralizzati, incapaci di assumere qualsiasi impegno (ad esempio, non riuscendo a dare il via ad un’attività, anche se è tutto pronto).
Attacco: si adotta un approccio aggressivo, lottando per controllare le conseguenze della minaccia.
Cosa contraddistingue un imprenditore? Scegliere di lottare per tentare di tenere il timone del proprio destino, anche in presenza della possibilità di fallire.
Nella mia esperienza ho notato che questo tema è spesso ricorrente: l’imprenditore sperimenta un senso di “urgenza” che nasce dalla paura. Paura di essere l’ultimo a piazzarsi sul mercato, paura di arrendersi e quindi aver sprecato i propri sacrifici, paura di non riuscire a saldare i conti, paura di non realizzarsi come avrebbe desiderato. Per coloro che provano queste sensazioni la paura diventa un’antagonista ma non una nemica. Certo li tiene svegli la notte, ma li porta anche a svegliarsi ogni mattina.
La paura del fallimento, dunque, non è “campata in aria” poiché nessuno desidera fallire, ma non dobbiamo tralasciare un altro tipo di paura: la paura del “successo” che, sembra assurdo, ma esiste davvero.
“Più un lavoro o una vocazione ci spaventano, più possiamo star certi che quella è la strada giusta.”
diceva lo scrittore Steven Pressfield nel suo libro “War of Art”.
A giudicare da almeno due studi che comprendono interviste a giovani, la paura del successo sembra in gran parte legata all’aspettativa di un malessere e di un cambiamento drastico, atteso come risultato di un successo senza precedenti.
La mera prospettiva di questi cambiamenti indesiderati è in grado di creare ansia in persone altrimenti votate al raggiungimento di un obiettivo. Gli studi hanno scoperto che quest’ansia è particolarmente acuta in soggetti provenienti da condizioni sociali svantaggiate. Questi vedrebbero nel successo un fattore destabilizzante, di perdita della propria comunità e cultura, sarebbero incerti sulla loro sorte, nel caso il successo dovesse allontanarli dal ruolo che la società si aspetta che essi ricoprano.
Non avere paure pertanto è quasi impossibile ma, allora, come affrontarle?
Spesso ci si sente dire:“Affronta le tue paure” ma è facile a dirsi, difficile a farsi. Si può però imparare a convivere con alcune paure per poi superarle piano piano.
La paura è una risposta psicologica e spesso per vincerla è necessario qualcosa in più della sola forza di volontà.
Anzitutto possiamo provare ad attuare una respirazione profonda, come aiuto per smaltire timore ed ansia. Questa è una chiave per una meditazione consapevole che, oltre a controllare la respirazione, aiuta a guardare ad emozioni e pensieri come a semplici esperienze di passaggio. Al giorno d’oggi ci si può aiutare anche attraverso le “App” (si pensi ad Headspace o Stop, Breathe, Think, tutte gratuite) che possono guidare la meditazione consapevole, per rallentare un po’ ogni giorno, o ogni volta che se ne ha bisogno.
Tengo a ribadire che la paura è anche quel sentimento che accende in noi la passione e accresce le nostre ambizioni, spesso spinge a fare ciò che si desidera realmente e maggiormente.
Ho letto interviste di molti imprenditori oltre ad averne anche come pazienti e la cosa interessante è che nelle loro storie c’è un comune filo conduttore: prima di diventare imprenditori o di avere successo, ognuno di loro si è trovato faccia a faccia con lo stesso proverbiale “mostro”.
La maggior parte sono riusciti a fronteggiarlo grazie all’ambizione, alla voglia di raggiungere i propri obiettivi ed al giusto sostegno quando necessario.
Il supporto psicologico è quindi di fondamentale importanza e con riferimento alla categoria degli imprenditori che vivono, ancor più che altri, un momento veramente difficile non andrebbe affatto tralasciato come ausilio.
Questa verità è avvalorata anche da una recente iniziativa di Confcommercio Imprese per l’Italia che mi fa piacere, in questa sede, segnalare. Si intende predisporre un team di psicologi ed avvocati a disposizione di imprenditori e collaboratori di azienda in questo momento prigionieri delle proprie paure e delle incertezze che questo periodo storico senza precedenti lascerà in eredità alla nostra società. Quindi un’attività di supporto psicologico, gratuito e anonimo, rivolto ai predetti soggetti ed ai loro familiari che stiano attraversando criticità dovute alle ricadute dell’emergenza sanitaria legata al covid-19.
Vediamo allora quanto si è compreso, anche a livelli più alti, che occorre dare ascolto alle persone affinché non si perdano, affinché non perdano la fiducia nelle loro aziende, nelle istituzioni e peggio ancora nel futuro ed in se stessi.
Oggi è chiaro, finalmente, che per evitare di curare la società di domani mentre le aziende crollano, si devono supportare le persone oggi. Non esiste lockdown che possa chiuderci fuori da noi stessi, che ci isoli dal mondo richiudendoci nella gabbia delle nostre angosce, ma soprattutto non deve esistere attimo in cui non ci ricordiamo che noi non siamo il nostro lavoro.
Salute e lavoro, individuo ed azienda non sono e non devono essere soggetti in contrapposizione o in competizione.
Esistono molte persone senza aziende ma… non esistono aziende senza persone!

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Dott. Massimiliano Loreto
Psicologo, Psicoterapeuta
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