Il fisico Roberto Cingolani tecnoministro “green”


Nelle ore in cui Mario Draghi cercava di comporre il puzzle del suo governo, quella casella – il nuovo Ministero della Transizione Ecologica – era sotto particolare osservazione. Il nome del ministro proposto dall’ex Presidente della BCE ha dovuto ricevere innanzitutto la benedizione dei pentapitechi, che si sono battuti perché prendesse forma questo superMinistero “green”. Ma il nome di Roberto Cingolani, milanese, classe 1961, per 15 anni direttore scientifico e anima dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) prima di diventare Chief Technology Officer di Leonardo Finmeccanica, ha convinto tutti, anche in virtù del fatto che lui la politica l’ha sempre incrociata tenendosene a distanza di sicurezza. Lo si è visto ospite a VeDrò di Enrico Letta, alla Leopolda di Matteo Renzi, ma anche al Meeting di Rimini. È molto gettonato perché gli si riconosce un talento speciale da divulgatore scientifico.
La scienza è un marchio di casa. Il padre Aldo era docente universitario di Fisica. La sorella Silvia è ordinaria di Matematica a Bari. Il fratello Gino ha la cattedra di Biologia alla Jefferson University di Philadelphia. La moglie Nassia, greca, è una fisica esperta in Scienza dei materiali. Il primo figlio è un ingegnere chimico, il secondo è laureando in Chimica, mentre il terzo va alla scuola media. Cingolani si laurea in Fisica all’Università di Bari, poi PhD alla Normale di Pisa, poi all’estero – ricercatore al Max Planck di Stoccarda, visiting professor all’Institute of Industrial Sciences della Tokyo University – per poi tornare in Puglia, all’Università del Salento. A Lecce diventa professore ordinario, fonda e dirige il Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie di Lecce. Il suo nome è per quasi 15 anni legato all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, il centro di ricerca pubblico sotto la vigilanza del Ministero dell’Economia, un’eccellenza italiana dotata di ingenti risorse finanziarie, che gli hanno spesso attirato invidie e critiche da parte del CNR e degli ambienti accademici.
La scelta di Cingolani è certamente molto legata alla sua esperienza all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), dove sostenibilità e innovazione sono i motori della ricerca scientifica, anche perché lì ha messo in mostra le sue doti manageriali. Nel 2019 lascia la carica, l’istituto ha 11 centri di ricerca e oltre 1.700 scienziati provenienti da 60 paesi, un migliaio di brevetti, 24 startup già create e altre decine in cantiere, oltre al sogno dell’Human Technopole. Negli ultimi due anni la nuova avventura professionale con Leonardo Finmeccanica, ma anche il contributo alla task force di Vittorio Colao sulla cosiddetta “Fase 2” post-Covid.
La telefonata di Draghi lo deve aver comunque sorpreso, ma Cingolani non poteva dire di no e meno di 12 ore dopo, il nuovo presidente del Consiglio ha annunciato al capo dello Stato Sergio Mattarella prima, e al Paese poi quella lista che comprende anche il suo nome.
Poco si sa del Ministero della Transizione ecologica, se non quanto spiegato da Draghi davanti ai microfoni: “il Ministero dell’Ambiente assumerà la denominazione di Ministero per la Transizione ecologica assorbendone le competenze in materia energetica, allo stato attribuita ad altri ministeri”. Inoltre Cingolani presiederà il nascente “Comitato interministeriale per il coordinamento delle attività concernenti la transizione ecologica”, a cui con ogni probabilità parteciperanno Sviluppo economico (Giancarlo Giorgetti), Infrastrutture (Enrico Giovannini), Agricoltura (Stefano Patuanelli) e Transizione digitale (Vittorio Colao).
Draghi gli ha affidato uno dei pilastri del Recovery Plan. Il principale ostacolo del suo lavoro saranno i tempi dei palazzi romani: proprio sull’elefantiasi della politica e sulle lentezze e i colli di bottiglia burocratici – che tutto rallentano o bloccano – ha spesso puntato il dito nei suoi interventi pubblici, trovando in questo, ne siamo certi, un alleato formidabile proprio nel neo-premier.
Come ha avuto modo di raccontare a Huffington Post nei giorni in cui lavorava alla task force di Vittorio Colao, i tempi in sede europea sono pianificati, si procede per stato di avanzamento lavori e dopo un paio di traguardi che non vengono rispettati l’Ue ci assale. Bisogna quindi innanzitutto pianificare e di conseguenza rispettare i piani fatti: “… perché alla fine il grande vantaggio è che due più due fa quattro per tutti. E certo, se così non è, non si fa molta strada”.


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Fonti
Federaz. Naz. Ordini dei Chimici e dei Fisici
www.huffingtonpost.it