Lavoro: la pandemia cancella dal mercato 30 mila professionisti


Secondo una ricerca pubblicata recentemente, nei primi sei mesi del 2020, oltre 30 mila liberi professionisti (in prevalenza donne) hanno dovuto abbandonare la propria attività a causa della crisi innescata dalla pandemia, cui si aggiungono circa 170 mila lavoratori indipendenti su una platea di oltre 1,5 milioni di lavoratori autonomi bloccati dal primo lockdown (dati fino a 3 maggio 2020). A Milano è stato di recente presentato il V Rapporto sulle libere professioni in Italia ”, curato dall’Osservatorio libere professioni di Confprofessioni. «Tale flessione va valutata tenendo d’occhio anche le dinamiche di lungo periodo. Per ragioni strutturali, nell’ultimo decennio il lavoro indipendente era già sotto pressione (-735 mila lavoratori circa), colpito da una silenziosa rivoluzione interna nei flussi di entrata e di uscita. Nelle fasce di età più giovani mancano all’appello quasi 1 milione di persone: un crollo solo in parte compensato dalle fasce di età più anziane e dai nuovi ingressi dei laureati (+372 mila), che di norma si vanno a collocare tra i liberi professionisti».
I settori professionali più colpiti sono quelli legati al commercio, all’immobiliare e alla finanza, con un calo di quasi il 14% nel primo trimestre del 2020 e si registrano significative contrazioni anche tre le professioni dell’area tecnica (-5,7%) e amministrativa (-2,5%). Lo stato di emergenza economica dei professionisti è confermato anche dal massiccio ricorso alle misure di sostegno messe in campo nei vari Dpcm varati durante la pandemia. Ad aprile le Casse di previdenza professionali hanno accolto oltre 400 mila domande per l’indennità dei 600 euro, introdotta dal decreto “Cura Italia”; mentre a maggio sono quasi 5 milioni le domande dei lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata pervenute all’Inps, con una percentuale di accoglimento che supera l’80%. Le categorie che hanno fatto maggior ricorso alle indennità sono gli psicologi e i geometri, con una percentuale di domande presentate superiore al 60%. Seguono gli avvocati, gli ingegneri, gli architetti, e i veterinari con percentuali intorno al 50%. Tutte le altre categorie si attestano sotto il 40%, mentre in coda, sotto il 12%, troviamo quasi tutte le professioni sanitarie e i notai.
Se si osservano i dati del primo trimestre 2020, si nota che l’Istat stima un calo del numero di liberi professionisti (-1,2%) leggermente più marcato rispetto a quello dell’anno precedente (-0,2%). La diminuzione sembrerebbe riguardare soprattutto la componente femminile (-2,6%) risultando molto più contenuta per i maschi (-0,4%). Il segno negativo è prevalentemente a carico degli under 34 (-11%), mentre la crescita maggiore si riscontra nella fascia 45-54 anni (+4%). Il titolo di studio gioca un ruolo importante nelle dinamiche del lavoro professionale. i professionisti con laurea sembrano pagare meno lo scotto della crisi economica indotta dall’emergenza sanitaria e dal lockdown, i dati mostrano infatti un calo del 6% circa per i professionisti non laureati e del 2,4% per i professionisti con laurea. «Il dato è sicuramente correlato al tipo di professione svolta – a risentire maggiormente della crisi è stata l’occupazione nel commercio, che meno spesso richiede un titolo di studio universitario, anche nel caso delle libere professioni» spiega Paolo Feltrin, curatore del Rapporto 2020
Oltre la metà dei liberi professionisti risiede nel Nord Italia, dove prevalgono soprattutto le professioni scientifiche e quelle che operano nei servizi alle imprese. Tuttavia il Rapporto di Confprofessioni evidenzia la notevole crescita registrata al Sud, tra il 2011 e il 2019, delle attività veterinarie e scientifiche (+76,5%), dei servizi alle imprese (+40%) e del commercio (+23,2%). Le dinamiche a livello territoriale mostrano invece come l’aumento delle professioni socio-sanitarie interessi in modo esplosivo il Nord (+60,3%), mentre al Centro si conferma l’intensa crescita delle attività veterinarie e scientifiche (+50,2%) e socio-sanitarie (+43,3%).


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Fonti:
– ISTAT
– Corriere della Sera