Il politico conservatore – Contro il PD


Il problema della organizzazione interna è uno dei gravi aspetti di deficit del funzionamento dei partiti italiani:

1. Assenza di strutture funzionali di supporto agli eletti;
2. Rapporto strutturato con l’economia del territorio (tema del lobbismo virtuoso e del clientelismo perverso);
3. Qualità del personale politico in genere;
4. Capacità di formulazione di un progetto complessivo per lo Stato;
5. Comprensione del funzionamento della Democrazia Amministrativa e del ruolo degli eletti.

L’unico partito italiano che affronta queste problematiche in modo programmatico e organico è il PD, peraltro dando poi risposte sistematicamente sbagliate a tutti e 6 i punti, come se si trattasse di un “altro tipo di Paese”. In realtà, il PD ha ereditato una cultura istituzionale tardo-comunista, con il partito non a svolgere la sua funzione democratica, ma a surrogare, in modo più leggero rispetto all’antico socialismo reale sovietico e al vecchio PCI, al suo interno la funzione di Stato, Governo e magistratura politica. Oggi, e ormai da molto tempo, il PD è oligarchico, cioè non manageriale: un ristretto numero di persone, sempre quelle, decide del funzionamento del partito. Il suo rapporto con l’economia è con un sistema d’imprese strutturato tendente più alla clientela che al sano lobbismo. Effettua selezione e formazione del personale politico ma per un modello incoerente con il meccanismo democratico maturo occidentale, educando i politici alla acquiescenza alla dirigenza e non al dibattito tipico dell’intelligente funzionamento manageriale. La formulazione del progetto per il Paese è assente fino al vertice, ove vengono prodotti scenari condizionati non da sani equilibri socioeconomici per il Popolo, ma da deviate visioni del gruppo di comando, il cui collegamento con l’Europa è vivace e subdolo.
Nonostante sia un partito deviato, il PD è “un Partito”, a differenza di tutti gli altri. E la gente lo riconosce come tale, perché espleta la funzione di raccordo con le istituzioni di cui la gente ha bisogno. Ma, anziché fare tutto per la gente, il PD fa, a modo suo, solo alcune cose per il popolo, utilizzando il consenso popolare e il suo radicamento nel deep-state per rafforzare un potere extra-istituzionale contrario alla Democrazia occidentale, alle sue espressioni imprescindibili di Democrazia Amministrativa connaturata.
In particolare, il PD diffonde un fraintendimento sulla funzione di controllo che deve essere svolta dagli eletti sulle strutture dello Stato. Sì affida invece a meccanismi consociativi tra i poteri che la Democrazia e il buon senso vuole separati e in dialettica istituzionale, meccanismi che avvengono nel ventre del partito. Il risultato sono istituzioni che lavorano per il partito, e non partito che lavora per le istituzioni. Gli effetti sono evidenti (caso Palamara-Mescolini) e accuse di collegamento con le mafie. Il fatto, dunque, che la organizzazione (deforme) del partito sostiene le istituzioni per farle proprie, corrisponde a una dialettica fondamentale che manca a tutte le altre forze politiche.
Il funzionamento che ho descritto è peraltro simile, ovviamente mutatis mutandis, e dal punto di vista organizzativo al funzionamento delle stesse mafie, che cortocircuitano all’interno della cosca ogni cosa che avviene nel territorio, e la risolvono in modo primitivo e cinico, con un effetto di surroga dell’intero Stato.
Il PD non è un partito corretto, ma la sua organizzazione va capita: ne va costruita una altrettanto solida, ma in un rapporto sano con la Società italiana, con le istituzioni e con il servizio di indirizzo e controllo dello Stato che il Popolo in democrazia affida ai suoi eletti. Il PD viene dal PCI e si vede benissimo. L’evoluzione è stata spuria ma, parlando di organizzazione di partito e di relazioni sociali, la storia è quella. A livello ideologico, Peppone ripulito ha sposato Don Camillo, divenuto amico di Moro e rifattosi il look del Concilio Vaticano II (insomma Dossetti e non Sturzo). Seccamente: ONTOGENESI organizzativa con vago cambiamento di rotta in direzione collettivismo tipo B.
Il Partito è il primo anello di congiunzione delle istituzioni con il popolo: se c’è, e ha storia e ruolo, il popolo è più sicuro, e vota più volentieri. Ecco perché tanta gente che ha visto il Partito-Stato PCI/PDS/DS/PD all’opera (Emilia Romagna, Toscana, Liguria), non se lo dimentica.
Ho lavorato più con amministrazioni di sinistra che con altre, e a molte decine. Per questo, oltre alla storia ideologica e alle teorie, posso a ragion veduta parlare del Partito “sul campo”. Ho abbastanza memoria, perché ho sempre studiato i partiti: sono stato a Botteghe Oscure (PCI) più di una volta, così come a Piazza del Gesù (DC) e in via della Scrofa (MSI). Sono sempre stato un sociatra e il mio occhio era clinico. Ma non c’è possibile occhio clinico se non curi interiorità e le facoltà percettive… In Introduzione alla Sociatria spiego tutte queste cose. Senza nessuna animosità, perché credo che molti nel PD “…non sanno che cosa fanno”.
Signore, perdona loro, questa non è democrazia.