Il lavoro interinale o in somministrazione


Negli ultimi anni del ‘900 gli imprenditori assumevano sempre più raramente perché, con il diffuso contratto di lavoro dipendente, avrebbero poi dovuto conservare in forza i lavoratori assunti per tutta la durata della loro vita lavorativa: ed era questa una prospettiva che le aziende non potevano permettersi. I tempi imponevano già una maggiore snellezza ed agilità anche nella gestione numerica del personale.
Venne perciò introdotto in Italia, intorno al 1997-1998, su iniziativa del ministro Tiziano Treu, il cosiddetto Lavoro Interinale. Le modalità erano già note in altri paesi occidentali.
Questa formula è contrassegnata da due caratteristiche:
1) L’azienda che assume non utilizza la prestazione lavorativa della persona assunta ma, per così dire, la “affitta” ad altra azienda utilizzatrice.
2) Viene previsto un termine alla scadenza del quale il lavoratore sarà confermato nella sua mansione o meno a scelta dell’imprenditore che utilizza la prestazione.
Non sono due dunque i soggetti del rapporto di lavoro, ma tre: il lavoratore, l’azienda che lo assume, l’azienda che ne utilizza le prestazioni lavorative.
L’azienda che assume, oltre a svolgere tutte le funzioni relative al recruiting, ricerca e selezione, cura gli aspetti amministrativi del rapporto, in particolare eroga la retribuzione e versa i contributi. L’azienda utilizzatrice avrà compiti relativi alla materia tecnica, a quella della sicurezza nei luoghi di lavoro, a quella disciplinare.
Il lavoratore gode di tutte le garanzie del lavoro dipendente e, se confermato alla scadenza del termine, passa in forza alla azienda utilizzatrice diventando dipendente a tutti gli effetti.
Nel 2003, con la legge Biagi che prese il nome dal giuslavorista ucciso dalle Brigate Rosse, la denominazione cambiò da Lavoro Interinale in Lavoro in Somministrazioni ma le modifiche sostanziali risultarono marginali.
Oggi il Lavoro in Somministrazione è largamente diffuso. Le Società che lo esercitano devono offrire garanzie di solidità economica molto stabile, essendo soggette a flussi di danaro considerevoli dovuti soprattutto ai pagamenti delle retribuzioni dei lavoratori che gestiscono.
All’imprenditore utilizzatore il lavoratore costerà un po’ di più rispetto alla ipotesi di assunzione diretta, perché dovrà pagare alla Agenzia di Somministrazione tutte le spese di questa e in più la cifra corrispondente al necessario profitto di essa. Sarà una differenza non esagerata perché altrimenti l’imprenditore non si determinerebbe ad utilizzare la formula. Il lucro della Società Somministratrice sarà limitato su ogni singolo lavoratore ma raggiungerà entità interessanti sul grande numero di lavoratori gestiti.
Da parte di molti si critica questa forma di lavoro nella considerazione che il lavoratore, soggetto a conferma alla scadenza del termine, vive una condizione di precarietà che non gli permette di programmare il proprio futuro. E’ vero però che senza questo modo il lavoratore probabilmente non sarebbe mai stato assunto, invece attraverso il Lavoro in Somministrazione egli ha la possibilità di fare ingresso nel mondo del lavoro, di farsi una esperienza importante e di far crescere il pregio del proprio curriculum. Senza contare che l’augurio è, poi, di una conferma finale nel posto di lavoro.