I partigiani azzurri


La Resistenza delle formazioni di ispirazione moderata militare, un capitolo non sempre adeguatamente ricordato della lotta al nazifascismo nei disegni di Igor Belansky e nella testimonianza di Luigina Balaclava, figli di Pasquale Balaclava, il progettista dell’aeroporto partigiano di Vesime (AT). La posizione del sociologo Sergio Bevilacqua.

L’articolo dal titolo: “Luoghi non sempre noti d’Italia: l’aeroporto Excelsior a Vesime (AT)” , pubblicato sull’edizione di domenica 5 luglio 2020 di WeeklyMagazine, anticipa in parte la trattazione di un capitolo non sempre adeguatamente ricordato della Resistenza al nazifascismo.

Il fronte resistenziale fu estremamente variegato. In una schematizzazione delle principali forze in campo impegnate nella Lotta di Liberazione, riscontriamo infatti: fatti i cosiddetti partigiani “bianchi” di matrice cattolica (in alcuni ambiti denominati anche “Fiamme verdi”); i partigiani “azzurri” o “autonomi” di tendenze liberali, derivazione militari e sentimenti monarchici; le formazioni di “Giustizia e Libertà” (Gielle) legate al Partito d’Azione; le Brigate “Matteotti” che si riferivano al Partito Socialista Italiano (P.S.I.); infine, le Brigate “Garibaldi” (Garibaldini). Quest’ultime erano costituite dai partigiani “rossi”, emanazione del Partito Comunista Italiano (P.C.I.), che rappresentavano, comunque, la parte politicamente e militarmente preponderante.

Il fronte resistenziale fu estremamente variegato. In una schematizzazione delle principali forze in campo impegnate nella Lotta di Liberazione, riscontriamo infatti: fatti i cosiddetti partigiani “bianchi” di matrice cattolica (in alcuni ambiti denominati anche “Fiamme verdi”); i partigiani “azzurri” o “autonomi” di tendenze liberali, derivazione militari e sentimenti monarchici; le formazioni di “Giustizia e Libertà” (Gielle) legate al Partito d’Azione; le Brigate “Matteotti” che si riferivano al Partito Socialista Italiano (P.S.I.); infine, le Brigate “Garibaldi” (Garibaldini). Quest’ultime erano costituite dai partigiani “rossi”, emanazione del Partito Comunista Italiano (P.C.I.), che rappresentavano, comunque, la parte politicamente e militarmente preponderante.

Figura a – Igor Belansky: ritratto di partigiano autonomo con il tipico cappello alpino

A parte la comune forte volontà di abbattere il regime fascista, vi erano evidenti divergenze sul futuro assetto politico nazionale e internazionale da dare al nostro Paese.

Mentre i partigiani bianchi/azzurri avevano come obiettivo un’Italia democratica atlantica e filoamericana, i partigiani rossi intendevano instaurare, a guerra conclusa, la dittatura del proletariato e di fare dell’Italia uno Stato satellite della Russia sovietica, da cui prendeva ordini, e riceveva sostegno finanziario, il Partito comunista, il cui segretario politico era Palmiro Togliatti, già stretto collaboratore di Stalin durante gli anni della permanenza in U.R.S.S.

Pertanto, il disegno finale delle formazioni di ispirazione comunista comportava sì di combattere un regime totalitario, quello fascista, ma per rimpiazzarlo con un altro di diverso colore, e non certo migliore, per giunta con l’assoggettamento ad una potenza straniera. Definire, in tal senso, quanti perseguivano un simile proposito (solo loro, sia ben chiaro) “patrioti e combattenti per la libertà” è – a dir poco – paradossale. Diversa, quindi, può essere a posteriori la luce gettata sulle intenzioni di quella parte del partigianato che invece si prefiggeva esclusivamente di contribuire alla liberazione del Paese, rimandandone le successive sorti politiche a scelte popolari da determinarsi in base a libere elezioni.

In quest’ottica, il sociologo Sergio Bevilacqua, già noto ai lettori di WeeklyMagazine, nella sua analisi dell’articolazione del processo resistenziale tra democrazia e cripto-stalinismo, considera che prima d’invocare la Resistenza occorre fare pulizia tra «Guerra Civile 1» e «Guerra Civile 2», cioè tra una posizione legittimamente assunta a livello politico-militare e l’infiltrazione di agitatori rivoluzionari staliniani, travestiti da democratici, filone che, sotto varie protezioni ed omertà, ha perdurato subdolamente lungo la storia d’Italia, fino ai giorni nostri.

Importante, dunque, è stato il ruolo delle formazioni “autonome”, le quali erano principalmente composte da elementi (definiti “partigiani azzurri”, anche secondo la citazione che ne fa un celebre scrittore langarolo, Beppe Fenoglio, nei suoi romanzi, e, talora, “badogliani”), di estrazione borghese e di idee liberali o conservatrici, accomunati dalla fedeltà alla Monarchia. Esse facevano riferimento alla Casa Reale e riconoscevano in Raffaele Cadorna il loro capo militare. Erano sorte dai reparti del Regie Forze Armate che rifiutarono la logica del “tutti a casa”, abbracciando la lotta partigiana dopo l’Armistizio italiano dell’8 settembre 1943. Avendo mantenuto una struttura gerarchica di tipo militare, i partigiani azzurri poterono apportare alla Resistenza l’esperienza bellica e la capacità di rapportarsi coi comandi alleati, essenziale per ricevere rifornimenti e aiuti. Una delle più note formazioni azzurre fu il I Gruppo Divisioni Alpine, che operò nelle Langhe piemontesi, agli ordini di Enrico Martini “Mauri”, maggiore degli Alpini, il quale organizzò la guerriglia con efficienza e metodo creando piccoli gruppi d’azione, quindi più agili negli spostamenti e negli attacchi, e creando nelle retrovie dei luoghi sicuri dove riorganizzarsi. Una delle più significative iniziative, in collaborazioni con le missioni britanniche, fu appunto la realizzazione della pista di atterraggio di Vesime (AT), progettata dal geometra Pasquale Balaclava, di cui si parla nell’articolo citato in apertura.

Figura b – Igor Belansky: ritratto di Pasquale Balaclava

La testimonianza della figlia, Luigina Balaclava, insegnante di lettere in pensione, ha ispirato l’illustratore Igor Belansky, collaboratore della nostra redazione, che ha realizzato due tavole – una è il ritratto di Pasquale Balaclava, mentre l’altra raffigura un partigiano autonomo con il cappello alpino -, così commentate nelle sue parole:

«PARTIGIANI AZZURRI. In Italia, riguardo alla Resistenza, si tende poco a parlare dei partigiani “azzurri”, di idee liberali. Nelle Langhe c’era la formazione di Enrico “Martini” Mauri, ufficiale degli alpini, liberale e monarchico. Spicca la figura di Pasquale Balaclava. Liberale ma repubblicano, Balaclava era un geometra che ebbe una notevole importanza nella costruzione di un aeroporto a Vesime, in provincia di Asti, realizzato dai partigiani con l’aiuto degli Alleati. Esso serviva agli Alleati, per inviare armi, e altro materiale ai partigiani, e per trasferire feriti verso le basi sul territorio liberato. I partigiani azzurri riuscirono per un breve periodo ad avere il controllo completo su Vesime. Si conosce poco la storia di questo episodio. Dopo la guerra passò quasi nel dimenticatoio. Questo breve testo vuole in qualche modo ricordare questi partigiani. Igor Belansky

In conclusione, se l’Italia ha evitato il pericolo di fare la fine dei paesi sotto dittatura dell’Est, è esclusivamente grazie agli accordi di Yalta, che, determinando la suddivisione del mondo in due blocchi contrapposti, hanno stabilito la collocazione dell’Italia nella sfera d’influenza delle potenze democratiche occidentali, e non certo per i fini ultimi dei partigiani “rossi” che volevano fare dell’Italia un’appendice della Russia di Stalin.

Che, poi, nell’enfasi celebrativa del 25 aprile, e di larga parte della memorialistica della Resistenza, questo aspetto sia sottaciuto è – come già ho avuto modo di esprimere dalle pagine di questa testata – comprensibile, però una volta passata la festa non possiamo perseverare nel… “gabbare lo santo”.