
Chiederanno scusa?
Il Covid 19 che ha paralizzato il mondo intero non è il famigerato killer che ci hanno raccontato, ma un virus facilmente neutralizzabile se preso in tempo, prima che provochi danni irreparabili. Non siamo noi a dirlo, ma un cardiologo del Policlinico San Matteo di Pavia, secondo cui la letalità del virus è assai più bassa di quanto dichiarato dai media.
Eppure tutti i soloni in camice bianco o in cravatta che da settimane popolano gli schermi delle TV nazionali (poco importa se di regime o private) si sono sempre accodati alla politica inetta che lascia gocciolare dalle sue labbra un’informazione pigra e mainstream che in questa circostanza ha dimostrato di aver dato il peggio di sé.
Il coronavirus, ha dichiarato il cardiologo rimasto anonimo per via delle sanzioni disciplinari a cui sarebbe andato incontro per aver diffuso “notizie non istituzionalizzate”, non è il killer che ci hanno dipinto TV e giornali, ma un virus facilmente neutralizzabile se preso in tempo prima che provochi danni irreparabili, semplicemente contrastandolo con medicinali “vecchi e che costano poco”.
In sostanza, la causa della patologia polmonare che va sotto il nome di polmonite interstiziale sarebbe dovuta “allo svilupparsi di una coagulopatia” innescata dal virus che provoca trombi venosi i quali impediscono l’arrivo di ossigeno ai polmoni. Pertanto la ventilazione in terapia intensiva diventa inutile, se non addirittura dannosa.
La notizia era stata preceduta in sordina da altre testimonianze simili di alcuni medici e scarsamente prese in considerazione perché sovrastate dal clamore della pandemia e dai conseguenti provvedimenti assunti dalle istituzioni statali, a partire da quelle italiane, sul modello cinese da ove tutto è cominciato. Questa notizia, dicevamo, è stata diffusa con un post su Fb in un gruppo chiuso di medici dal suddetto specialista del reparto di cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia. La testimonianza lascia basiti e ha il merito di aver strappato il velo delle ipocrisie che hanno precipitato il pianeta in una emergenza dalle proporzioni bibliche.
“Non vorrei sembrarvi eccessivo – ha scritto il cardiologo – ma credo di aver dimostrato la causa della letalità del coronavirus. Al San Matteo ci sono due cardiologi che girano su 150 letti a fare ecocardio con enorme fatica e uno sono io. Fatica terribile! Però, di quello che alcuni supponevano, ma non ne riuscivano a essere sicuri, ora abbiamo i primi dati”.
La gente, in pratica, va in rianimazione per il sopraggiungere di tromboembolie venose generalizzate, soprattutto polmonari. Il caardiologo ha quindi sottolineato che “Non servono a niente le rianimazioni e le intubazioni perché innanzitutto devi sciogliere, anzi prevenire queste tromboembolie. Ventilare un polmone a cui il sangue non arriva, non serve. Infatti muoiono 9 su 10. Perché il problema è cardiovascolare, non respiratorio. Sono le microtrombosi venose, non la polmonite a determinare la fatalità”.
Dunque se l’aria non arriva ai polmoni hai voglia a ventilare! La conferma a quanto sostenuto dal professionista è arrivata anche dalle autopsie effettuate sui corpi di alcuni deceduti nel bergamasco prima della cremazione, i cui risultati – inspiegabilmente – non sono stati divulgati con la stessa enfasi con la quale, in questi giorni, si discorre dei vari problemi legati all’emergenza e delle loro soluzioni.
Ma Perché si formano trombi? “Perché l’infiammazione, come da manuale – ha spiegato ancora lo specialista – induce trombosi attraverso un meccanismo fisiopatologico complesso ma ben noto. Contrariamente a quello che la letteratura scientifica, soprattutto cinese, diceva fino a metà marzo era che non bisognava usare antinfiammatori. Ora in Italia si usano antinfiammatori e antibiotici (come nelle influenze) e il numero dei ricoverati crolla”.
“Molti morti, anche di 40 anni – ha proseguito – avevano una storia di febbre alta per 10-15 giorni non curata adeguatamente. Qui l’infiammazione ha distrutto tutto e preparato il terreno alla formazione dei trombi. Perché il problema principale non è il virus, ma la reazione immunitaria che distrugge le cellule dove il virus entra. Infatti nei nostri reparti Covid non sono mai entrati malati di artrite reumatoide, perché fanno il cortisone, un potente antinfiammatorio”.
Un’intuizione che in Italia aveva avuto per primo l’oncologo, Paolo Ascierto dell’ospedale Pascale di Napoli il quale, ai suoi pazienti ritenuti ammalati di Covid-19, aveva somministrato fin da subito un potente antinfiammatorio usato proprio per l’artrite reumatoide (Tocilizumab ) ottenendo risultati strabilianti anche su soggetti già intubati, ma che gli procurò accuse di ciarlataneria in diretta televisiva da parte del ‘luminare’ del Sacco di Milano, Massimo Galli. Lo stesso che, insieme all’altra star della tv e collega virologo, Roberto Burioni aveva sentenziato, prima che accadesse il patatràc, che in Italia il rischio virus fosse zero: poi abbiamo visto com’è andata a finire. La cura Ascierto, in seguito protocollata dall’AIFA, cui si sono andati ad aggiungere farmaci della stessa famiglia sperimentati da altri medici, è diventata la profilassi utilizzata dalla medicina di base, quella che in tutta questa vicenda è stata trattata da Cenerentola mandando al massacro gli operatori e che invece si sta dimostrando fondamentale, riducendo le ospedalizzazioni curando i pazienti nelle loro case e evitando il rischio trombotico.
“Per me si può tornare a giocare e riaprire le attività commerciali – ha concluso il cardiologo – via la quarantena. Non subito. Ma il tempo di pubblicare questi dati, il vaccino può arrivare con calma”.
Senza contare che è molto probabile, come sostengono molti scienziati, epidemiologi e matematici, tra cui l’israeliano Isaac Ben Israel, che la pandemia abbia un ciclo di circa 70 giorni (dal suo arrivo in una zona, indipendentemente dall’inizio avuto in un altra zona N.d.R.), raggiungendo il picco dopo 4/6 settimane e andando poi ad esaurirsi intorno all’ottava/nona settimana. Ciò avverrebbe indipendentemente dalle misure restrittive adottate per contenerlo. In sostanza il patogeno sarebbe legato a una sorta di “ciclo epidemico” che dopo i primi contagi, l’impennata della curva e il raggungimento del picco, tenderebbe ad azzerarsi in poco più di due mesi.
Lo stesso infatti fu per la SARS, l’aviaria, l’influenza di Honk Kong e tante altre. La stessa spagnola non durò in realtà due anni: furono due cicli differenti, di cui è incerta la causa,
Resta il fatto che qualcuno dovrà rispondere di questo madornale errore di valutazione che ha provocato miglia di morti e la completa paralisi del Paese imposta da una classe dirigente incapace. E non è ancora finita.
Forse qualcuno dovrebbe chiedere scusa.