L’azzardo di Mattarella


Leggendo in rete moltissimo in questi travagliati giorni in cui l’Italia dovrebbe partorire un nuovo governo di centro sinistra, mi ha colpito un post che replico tal quale:

“Breve cronistoria di come il centro-sinistra sia riuscito ad andare al potere in Italia negli ultimi 25 anni:
a) 1995-1996: vanno al governo con un ribaltone ai danni di Berlusconi che aveva vinto le elezioni del 1994.
b) 1996-1998: vincono le elezioni, ma alla Camera non hanno la maggioranza e il governo Prodi I è sostenuto da Rifondazione comunista per effetto del “patto di desistenza” con Bertinotti nei collegi uninominali.
c) 1998-2001: fanno fuori Prodi e vanno al governo con Clemente Mastella, eletto col centrodestra a guida Berlusconi.
d) 2006-2008: si trincerano in un governo – il Prodi II – sostenuto in Senato coi voti dei senatori a vita e di quelli eletti nella circoscrizione Estero, avendo “vinto” le elezioni con uno scarto dello 0,01%.
e) 2011-2012: dall’opposizione (avevano perso sonoramente le elezioni politiche del 2008) votano la fiducia al governo tecnico di Mario Monti frutto di un colpo di Stato ai danni del governo Berlusconi IV. Entrano in maggioranza e Bersani, Alfano e Casini formano l’ABC, l’asse di maggioranza che supporta Monti e le politiche di austerità. Votano favorevolmente per l’autorizzazione alla ratifica del Fiscal compact e per l’introduzione in Costituzione del vincolo del pareggio di bilancio.
f) 2013-2018: vincono le elezioni con poco più del 29% dei voti e ottengono un premio di maggioranza abnorme previsto da una legge elettorale dichiarata incostituzionale (anche nei meccanismi del premio). Restano al governo 5 anni nonostante la Corte costituzionale avesse previsto per le Camere il regime di “prorogatio” con la sentenza sul porcellum. Per 4 anni e mezzo si reggono sul sostegno di Angelino Alfano, eletto col centrodestra, che a sua volta lascia il partito di cui era segretario (PdL) per sostenere (insieme ad una pattuglia di parlamentari eletti con Berlusconi) i governi di centrosinistra
g) 2019 (?): dal 40,8% ottenuto alle elezioni europee del 2014, alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 prendono una batosta memorabile e scendono al 18,8%. La coalizione di centrosinistra ottiene complessivamente il 22%, 15 punti percentuali in meno rispetto alla coalizione di centrodestra (37%) e 10 in meno rispetto al M5S (32%). Nonostante ciò, provano adesso a ritornare al governo senza voti e senza alcuna legittimazione democratica, attraverso un’alleanza coi “nemici” giurati del M5S”.
(cit. Giuseppe Palma)

Tecnicamente ha ragione Mattarella quando asserisce che la legislazione normalmente dura 5 anni tuttavia, considerata l’opposizione che Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia presumibilmente porranno in essere sin già dal voto di fiducia al costituendo nuovo governo e viste le spinte centrifughe già oggi esistono tra Dem, M5s, LeU, e i vari cespugli e cespuglietti di sinistra, non è difficile immaginare una vita breve e travagliata al nuovo esecutivo.
Non a caso Pietro Grasso (NDR: LeU) ha già sbottato: «Le interlocuzioni sul programma sono esclusivamente tra Pd e M5S. Evidentemente l’intenzione è fare da soli, sia al governo che in Senato. Auguri».
E se i partiti che dovrebbero concorrere alla prossima ammucchiata di governo oggi si accapigliano per le poltrone (con la conseguenza che la borsa perde), domani litigheranno per far approvare i provvedimenti, spesso poco conciliabili, di cui sono sostenitori davanti al proprio elettorato.
Mattarella, che ha il dovere morale di guardare un po’ più in là del proprio naso, avrebbe la competenza costituzionale di staccare la spina e sta rischiando davvero grosso a non ridare la parola agli elettori. Rischia infatti, dopo Napolitano che volle Monti, di diventare il Presidente più impopolare della storia repubblicana italiana perché non c’è alcuna certezza che l’esecutivo che sta nascendo, grazie alla volontà politica del Presidente di non rifare la parola al popolo, consentirà di traghettare la nostra nazione sino alle prossime elezioni senza implodere da qui a pochi mesi.
E, ove mai accadesse, la situazione sarebbe certamente peggio rispetto a quella odierna, soprattutto in termini di economia e finanza.
Infatti il nuovo esecutivo promette, anzi si dovrebbe dire dire minaccia, di smontare interi pezzi di provvedimenti già sdoganati (in primis la flat tax a cui, non a caso, tante piccole aziende hanno aderito) e il rischio di vedere l’IVA comunque aumentata e le tasse nuovamente basate su aliquote ben più gravose delle attuali assicurate dal regime forfettario c’è tutto.