Brexit o Bremain? Questo il dilemma!


Questa settimana la Camera dei Comuni si è espressa due volte in due giorni, la prima per bocciare l’intesa voluta dal Prime Minister che preludeva ad un indecorosa resa del Regno Unito nei confronti dei restanti 27 quasi-ex-partner europei, la seconda per salvare la stessa Theresa May dalla disfatta personale, accordandole ancora – per ora – la fiducia e concedendole una chance per la presentazione entro un pugno di giorni del cosiddetto “piano B” che dovrebbe mettere d’accordo governo e opposizione sulle richieste da fare a Bruxelles per un divorzio consensuale entro il 29 marzo.
Prima di discutere quest’ultimo punto ci dovremmo chiedere il perché di due voti in apparenza così diversi. Ossia: perché la May ha ottenuto la più sonora sconfitta di un governo inglese da che esiste la House of Commons e poi viene salvata con una maggioranza altrettanto schiacciante?
In realtà il motivo è assai semplice: sebbene una parte dei suoi deputati le si siano rivoltati contro come serpi nella prima votazione, quegli stessi deputati sanno benissimo che sfiduciare il primo ministro oggi significa andare a elezioni domani (inteso come fra poche settimane) e ritrovarsi all’opposizione consegnando le chiavi del numero 10 di Downing Street al leader dei laburisti, James Corbin.
Anche i Tories sono uomini, e soprattutto sono politici, quindi anch’essi sono attaccati come mignatte ai loro strapuntini che, pur non avendo nulla a che vedere come le comode poltrone di Montecitorio, un discreto appannaggio e una fettina di potere la offrono comunque!
E’ chiaro quindi che gli stessi deputati, dopo aver fatto capire alla loro leader che aria tira da quelle parti, si sono affrettati a garantirsi (almeno per ora) la possibilità di decidere le sorti del Paese.
Ma è davvero così? Analizziamo i fatti. Il giorno successivo al referendum voluto dall’UKIP di Farage e affrettatamente avallato da Cameron, il popolo inglese si è messo le mani nei capelli chiedendosi perché diavolo avesse fatto una scelta così scellerata. Scoprimmo che l’intera Scozia e buona parte dell’Ulster di Brexit non ne volevano proprio sentir parlare e anche nella più ricca e produttiva Inghilterra ci misero poco a cambiare idea.
Perché? Semplice: avevano capito di essere stati intortati da politici mossi solo dai propri interessi: infatti Nigel Farage il giorno stesso della vittoria della Brexit si è dimesso da ogni incarico nel suo partito (rimanendo però deputato britannico ed europeo), dichiarando di avere raggiunto il suo scopo, mentre l’ex primo ministro Cameron – che osteggiava l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, si è dimesso accettando la propria sconfitta. Fosse stato un samurai non abbiamo dubbi che si sarebbe aperto i visceri con un pugnale.
Da allora il regno Unito si è barcamenato cercando un’onorevole soluzione al problema del distacco dalla UE, con tutto ciò che esso comporta in termini politici ma soprattutto economici. Il lavoro degli immigrati da Paesi comunitari, la ripartizione dei costi e delle spese, i fondi europei che verranno a mancare, e poi la spinosissima questione dei confini con l’Irlanda, che dovrebbero essere nuovamente istituiti venendo a cadere le varie convenzioni da Schengen in poi. Sono tutti motivi di grande apprensione per i governanti britannici e siamo certi che loro stessi vorrebbero tornare indietro e cambiare la storia.
La sera della sconfitta di Theresa May, lo scorso 15 gennaio, la piazza antistante Westminster era affollatissima da gente drappeggiata di bandiere blu a stelle gialle che chiedeva a gran voce di restare in Europa. E’ probabile che – nonostante gli irriducibili che hanno votato contro l’accordo chiedendo una hard-exit o addirittura una no-deal exit (uscita senza accordo) – molti politici inglesi in fondo ai loro cuori desiderino la stessa cosa: in fondo la costituzione inglese non vieta la possibilità di un secondo referendum. Questa possibilità è stata subito negata dalla May che si ostina a voler percorrere la sua strada fino alla probabile resa che si avrà allorquando l’UE o il parlamento inglese le risponderanno nuovamente picche, tuttavia lo stesso Farage ha dichiarato che è possibile che il Regno Unito si stia preparando proprio a questa soluzione
Non sappiamo se la regina, che si è sempre tenuta in disparte – almeno ufficialmente, darà delle indicazioni, né se queste potranno sortire un effetto positivo per risolvere la questione. E’ certo comunque che il popolo britannico non vuole più distaccarsi dal resto dell’Europa. Il Regno Unito è sempre stato un grandissimo esempio di democrazia e dispiace vedere come oggi un pugno di scellerati stia rischiando di fare un danno enorme a un intero popolo. Confidiamo nella pluricentenaria volontà democratica degli inglesi e speriamo che trovino la maniera di liberarsi di un giogo demente.