La storia del Milite Ignoto italiano


Il Milite Ignoto (lat. Ignoto Militi, com’è riportato sul suo sacello) è un militare italiano morto nella prima guerra mondiale, la cui identità resta sconosciuta a causa delle gravi ferite che hanno reso irriconoscibile il corpo, sepolto a Roma sotto la statua della dea Roma all’Altare della Patria al Vittoriano.
Dopo la 1^ Guerra Mondiale, le Nazioni che vi avevano partecipato vollero onorare i sacrifici e gli eroismi delle collettività nella salma di un anonimo combattente caduto con le armi in pugno.
Tombe di questo tipo sono in genere scenario di cerimonie ufficiali in cui, nell’anniversario della fine di una guerra, si commemorano tutti i morti di quella guerra.
Una delle più antiche tombe di milite ignoto si trova in Francia sotto l’Arco di Trionfo e fu realizzata nel 1920 in onore dei morti non identificati della prima guerra mondiale; il milite ignoto britannico è sepolto nella navata centrale della celebre Abbazia di Westminster a Londra.
Il 24 agosto 1920 il colonnello Giulio Douhet, sulla scorta di analoghe iniziative già attuate in Francia e in altri Paesi coinvolti nella prima guerra mondiale, propose per primo in Italia di onorare i caduti italiani con la creazione di un monumento al Milite Ignoto a Roma.
Il motivo di questa proposta va ricercata nella disfatta di Caporetto (24 ottobre – 12 novembre 1917), scontro armato combattuto durante la prima guerra mondiale tra il Regio Esercito italiano e le forze austro-ungariche e tedesche che rappresenta la più grave sconfitta nella storia dell’esercito italiano, dopo la quale Luigi Cadorna, comandante supremo del Regio Esercito, emise un comunicato che addossava la colpa della sconfitta militare alla viltà dei soldati italiani.
Era abbastanza comune in quegli anni addossare ai poveri soldati, spesso strappati alle loro case e alle loro terre e proiettati in un confitto assai più grande di qualsiasi cosa avessero mai visto, le colpe che più correttmente avrebbero dovuto ricadere su generali ottusi e tronfi, che miravano solo a coprirsi di onori qualsiasi fosse il prezzo di sangue che il loro esercito avrebbe dovuto pagare.
Da qui discendono le decimazioni che lo stato maggiore sabaudo decretò dopo la sconfitta di Koprit (Caporetto), descritte in modo crudo e sublime in ‘Addio alle Armi‘ di Ernst Hemingway o nel capolavoro di Stanley Kubrik ‘Orizzonti di Gloria’ che narra un episodio diverso ma assimilabile dell’esercito francese.
Giulio Douhet, in difesa dei soldati e in polemica con Cadorna, a cui rimproverava alcuni errori strategici e la cocciutaggine nel perseguire obiettivi militari difficilmente raggiungibili, dichiarò, dalle colonne del giornale Il Dovere, testata di riferimento dell’associazione ‘Unione nazionale ufficiali e soldati’ da lui fondata, la seguente proposta, che è datata 24 agosto 1920:
«[…] Tutto sopportò e vinse il Soldato. Dall’ingiuria gratuita dei politicanti e dei giornalastri che […] cominciarono a meravigliarsi del suo valore […], alla calunnia feroce diramata per il mondo a scarico di una terribile responsabilità. Tutto sopportò e tutto vinse, da solo, nonostante. Perciò al Soldato bisogna conferire il sommo onore, quello cui nessuno dei suoi condottieri può aspirare neppure nei suoi più folli sogni di ambizione. Nel Pantheon deve trovare la sua degna tomba alla stessa altezza dei Re e del Genio […].»
Giulio Douhet individuò nel Milite Ignoto un simbolo in cui tutta l’Italia si sarebbe dovuta riconoscere. A tal proposito scrisse:
«[…] Nel giorno in cui la sacra Salma trionfalmente giungerà al suo luogo di eterno riposo, in quel giorno tutta l’Italia deve vibrare all’unisono, in una concorde armonia d’affetti. […] tutti i cittadini debbono far ala alla via trionfale, unendosi in un unanime senso di elevazione ideale nel comune atto di reverenza verso il Figlio e il Fratello di tutti, spentosi nella difesa della Madre Comune […]»
Questa idea fu raccolta dall’onorevole Cesare Maria De Vecchi, che la fece propria presentando alla Camera dei deputati un disegno di legge finalizzato alla costruzione, anche in Italia, di un monumento dedicato a tutti i soldati italiani morti in guerra. Ecco parte del suo discorso:
«Il disegno di legge che il Parlamento discute è frutto del sentimento italico, dolce ed ardente ad un tempo. Deve essere rivendicata ai nostri uomini d’arme la priorità del proposito di trasportare solennemente a Roma i resti di un caduto ignoto, perché ivi ricevano i più alti onori dovuti a loro e a seicentomila fratelli.»
Il relativo disegno di legge fu presentato alla camera italiana nel 1921.
Approvata la legge, il Ministero della guerra diede incarico ad una commissione che esplorò attentamente tutti i luoghi nei quali si era combattuto, dal Carso agli Altipiani, dalle foci del Piave al Montello; e l’opera fu condotta in modo che fra i resti raccolti ve ne potessero anche essere di reparti di sbarco della Marina.
Fu scelta una salma per ognuna delle seguenti zone: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele, tratto da Castagnevizza al mare.
Le undici salme, una sola delle quali sarebbe stata tumulata a Roma al Vittoriano, ebbero ricovero, in un primo tempo, a Gorizia, da dove furono poi trasportate nella Basilica di Aquileia il 28 ottobre 1921. Qui si procedette alla scelta della salma destinata a rappresentare il sacrificio di seicentomila italiani.
La scelta fu fatta da una popolana, Maria Bergamas di Trieste, il cui figlio Antonio aveva disertato dall’esercito austriaco per arruolarsi nelle file italiane, ed era caduto in combattimento senza che il suo corpo potesse essere identificato. La bara prescelta fu collocata sull’affusto di un cannone e, accompagnata da reduci decorati al valore e più volte feriti, fu deposta in un carro ferroviario appositamente disegnato.
Le altre dieci salme rimaste ad Aquileia furono tumulate nel cimitero di guerra che circonda il tempio romano.
Il viaggio verso la destinazione definitiva avvenne sulla linea ferroviaria Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma a velocità moderatissima in modo che presso ciascuna stazione la popolazione potesse aver modo di onorare il Caduto.
La cerimonia ebbe il suo epilogo nella capitale. Tutte le rappresentanze dei combattenti, delle vedove e delle madri dei caduti, con il Re in testa, e le bandiere di tutti i reggimenti mossero incontro al Milite Ignoto, che da un gruppo di decorati di medaglia d’oro fu portato a S. Maria degli Angeli.
Il 4 novembre 1921 il Milite Ignoto veniva tumulato nel sarcofago posto sull’Altare della Patria.
Al Milite Ignoto fu concessa la medaglia d’oro con questa motivazione:
“Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della Patria.”
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Si ringrazia Massimo de Simone per gli spunti forniti.