Il negretto dove lo metto?


Come la Francia, che si propone come esempio di accoglienza, affronta i migranti. Gli extracomunitari caricati su furgoni e scaricati nei boschi o nella vicina Italia.

 

L’episodio dello sconfinamento da parte di gendarmi francesi nella zona di Clavière alcuni giorni or sono ha destato reazioni decisamente animose da parte del Governo italiano. Il ministro Salvini ha bollato l’episodio come ‘vomitevole’, togliendosi dalla scarpa un sassolino grosso come il Monviso, dopo la dichiarazione speculare del portavoce di Macron circa il fermo in porto della nave Diciotti. In generale il dissenso è stato unanime, almeno in chi ha avuto il coraggio di aprire bocca entrando nel merito di questo incidente a dir poco imbarazzante. Sì, perché le forze di opposizione (tutte, ad eccezione di qualche presa di posizione personale) non potendo dare torto all’Esecutivo hanno preferito adottare un contegno struzzesco nascondendo la testa nella sabbia (magari della spiaggia di Capalbio) e facendo finta che nulla fosse accaduto. Ciò che è più grave è che lo stesso Capo di Stato non ha battuto ciglio, né ha ritenuto di dover intervenire presso il Governo affinché questo chiedesse spiegazioni all’omologo transalpino. Il quale per parte sua si è scusato con una giustificazione a dir poco ridicola, parlando di due poliziotti inesperti che hanno sbagliato direzione e non si sono accorti di aver sconfinato. Quindi, fatemi capire: se hanno solo sbagliato direzione allora pensavano di essere dalla parte giusta e per conseguenza stavano liberando due persone di colore (nero) nei boschi. Ah! E perché? Forse adesso in Francia si usa così? Tu trovi per strada degli immigrati irregolari e anziché trattenerli o – al limite – notificare il rimpatrio nel primo Paese che li ha accolti (noi), li carichi su di un furgone e li molli in un bosco? Ma perché, santiddio? E’ una nuova procedura per rendere più facile l’eliminazione di persone scomode mediante assideramento o inedia? O è l’applicazione in territorio europeo della liberazione dei neri ad uso caccia da parte del Ku Klux Klan nel Mississippi degli anni ’50? Tutte queste domande non avrebbero senso di esistere se – e solo se – la strana performance dei gendarmi pasticcioni alla Luis de Funes venisse accantonata a favore dell’unica ipotesi plausibile: qualcuno ha ordinato di rispedirli a ‘les italiens’ senza tante storie. Orbene, questa sarebbe un’accusa grave e per poter essere dichiarata chiedendone ragione alle autorità post-merovinge dovrebbe essere suffragata da prove. Ma quale prova migliore della reiterazione del fatto? Ecco che l’organizzazione umanitaria Amnesty International, che non può proprio dirsi né di destra né tanto meno allineata sulle posizioni leghiste, si fa avanti per dichiarare (vedasi Libero del 18 ottobre scorso) che nella sua missione di osservazione dei giorni 12 e 13 ottobre ha potuto essere testimone di ben 26 respingimenti di questo tipo. Il giorno precedente Matteo Salvini ha diffuso la testimonianza a ‘L’aria che tira’ del giornalista Maurizio Pagliassotti, il quale ha chiaramente detto che si tratta di una prassi e non di un episodio isolato avendo assistito personalmente a un viavai di camionette francesi al ritmo di una all’ora. Egli ha inoltre dichiarato che quando i militari francesi si accorgevano che stava filmando gli chiedevano di mostrare i documenti, non rendendosi conto di essere in Italia! Aggiungendo carne al fuoco, il documentarista Luigi d’Alife ha girato alle 22:43 del 29 dicembre 2017 un filmato in cui si vedono un uomo e una donna di colore con borse e zaini che di fronte alla stazione di Bardonecchia vengono fatti scendere da uomini in divisa da un pulmino bianco su cui in seguito i due uomini risalgono e se ne vanno. Come scrive giustamente D’Alife: “Tutti a fare il tifo per la propria squadra. Tutti che continuano a trattare la questione come una faccenda di onore, relegando le persone al ruolo di numeri o pacchi. Invece l’argomento andrebbe trattato per quello che è: una palese violazione dei diritti delle persone che provano a raggiungere la Francia, rischiando la vita a causa della mancanza di documenti, e che la Francia respinge senza concedere loro la possibilità di richiedere asilo. Ed all’Italia tutto ciò sta benissimo, le responsabilità sono le stesse che ha la Francia, gli accordi e le leggi fomentano il sistema della frontiera con il suo carico di razzismo, repressione e morte. Il problema è solo uno e si chiama confine” Finisce qui? No, perché due persone di Clavière, testimoni in momenti diversi di un incursione di militari in mimetica dotati di fucili d’assalto FAMAS in dotazione all’esercito francese, vengono fermati e minacciati con le armi oltre ad essere avvisati non menzionare quell’incontro, perché “sapevano dove abitavano”. Questi i fatti, o almeno quelli che si conoscono. Per i giudizi preferisco non esprimermi, per tema di inguaiare il direttore di WeeklyMagazine. Faccio solo notare che il nostro ministero dell’Interno non dovrebbe limitarsi a chiedere un atto riparatorio alla Francia dopo aver (giustamente) respinto le scuse puerili che questa ha cercato di recapitarci, ma dovrebbe anche cercare le mele marce in casa nostra, perché data la quantità di episodi è impossibile che non ci sia la connivenza di qualche ominicchio del sottobosco burocratico italiota a cui queste cose possono anche star bene (magari dietro congruo compenso di qualsiasi natura. A pensar male si fa peccato, lo so, ma ricordo anche bene cosa aggiungeva quel vecchio volpone di Andreotti. Concludo rendendo noto che il correttore automatico del mio pc mi sta avvisando da un’ora che Macron non è una parola corretta, o quantomeno non è nel suo vocabolario. Potrei selezionarla con il mouse, cliccare il tasto destro del medesimo e inserire il nuovo vocabolo. Tuttavia ho deciso di non farlo, poiché ritengo che Macron continui ad essere un errore, e non solo per il mio computer.