Legittima difesa: é scontro ANM – Lega


Il nuovo Ddl sulla legittima difesa é al Senato ma non piace alla magistratura. Salvini e il carroccio replicano ai magistrati: “La difesa é sempre legittima”.

 

Tra i motivi trainanti della campagna elettorale della Lega, si sa, c’è sempre stato il tema della legittima difesa. Molte volte, specie in questi ultimi anni, abbiamo assistito a violente aggressioni nelle abitazioni e in esercizi commerciali con epiloghi assurdi. La legge attuale, infatti, pur prevedendo il diritto alla legittima difesa, rende eccessivamente discrezionale il potere dei magistrati nel decidere se l’aggredito ha ecceduto o meno i limiti della legittima difesa con la conseguenza di vedere capovolgere le parti aggredito-aggressore in fase di giudizio e la beffa che chi ha subito un’aggressione si deve poi difendere nelle aule di giustizia per dimostrare le proprie ragioni. Ciò senza che, in qualche modo, si sia tenuto conto che in una aggressione c’è una sperequazione di fondo che si estrinseca nella circostanza che mentre il criminale sceglie con premeditazione il momento e le modalità dell’aggressione, il malcapitato di turno é preso alla sprovvista e reagisce d’impulso in poche frazioni di secondo, spesso con una distorta visione della realtà. Il DDL sponsorizzato dalla Lega punta quindi a ribilanciare le cose riconoscendo la difesa sempre come legittima ed eliminando il principio di proporzionalità tra offesa e difesa richiesto ora dall’art. 52 del codice penale oltre che ad inasprire le pene. La proposta di Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato della Lega Nord, contenuta nel ddl n. 652 considera, infatti, la difesa sempre legittima nel momento in cui è tesa a “respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell’immobile, con violenza o minaccia di uso di armi da parte di una o più persone, con violazione del domicilio” o di “ogni altro luogo ove sia esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.” Nella buona sostanza se passasse il nuovo Ddl, non sarebbe più onere del cittadino aggredito dover dimostrare la liceità della sua reazione di fronte alla legge e, incredibilmente, nei confronti dell’aggressore ma, eventualmente, onere dell’aggressore e facoltà del magistrato dimostrare l’eventuale sproporzione dell’azione difensiva condotta dall’aggredito. Insomma l’approvazione della nuova norma, fermo restando che rimarrebbero gli strumenti giudiziari per reprimere ogni ipotesi di Far West o di uso distorto della norma per scopi criminali, sarebbe un bel passo avanti in termini di civiltà giuridica ed etica sociale. Il disegno di legge prevede, inoltre, modifiche rilevanti anche per i reati di furto in abitazione e scippo (art 624 bis c.p) inasprendo le pene oggi previste. In particolare: – pena della reclusione da 5 a 8 anni e la multa da 10.000 a 20.000 euro. – pene più severe se il furto è aggravato: reclusione da 6 a 10 anni e multa da 20.000 a 30.000 euro; – concessione della sospensione condizionale solo se la persona offesa è stata risarcita; – ridefinizione del bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti (il disegno di legge prevede infatti che è vietato far prevalere le attenuanti sulle aggravanti, fatta eccezione per la minore età dell’offensore, potendo procedere a una diminuzione di pena solo dopo l’applicazione delle aggravanti); – esclusione dei benefici previsti dall’ordinamento penitenziario (Legge 26 luglio 1975, n. 354) per chi viene condannato per il reato di cui all’art. 624 bis c.p. Tutte cose che la gente comune tende a condividere ma su cui l’Associazione Magistrati, facendo una inopportuna incursione nel campo della sovranità parlamentare, esprime dissenso. L’ANM, l’Associazione Nazionale Magiatrati per il tramite del suo presidente Francesco Minisci, infatti, si è detta contraria al disegno di legge oggi al Senato in quanto a suo dire, se approvato, rischierebbe di legittimare reati gravissimi come l’omicidio. L’ANM, volendo rivendicare con fora il ruolo discrezionale dei magistrati nella valutazione di ogni singolo caso, sostiene la tesi che sia irrinunciabile il principio di proporzionalità tra offesa e diritto alla difesa. Ma la tesi dei magistrati sembra un po’ tirata per i capelli e quasi più tesa a voler preservare il ruolo discrezionale e ubiquitario della casta che concorrere a dotare il Paese di una più snella e popolarmente condivisa normativa sullo scottante tema. Salvini, primo paladino del nuovo decreto, invece sembra più vicino alla visione della gente e, lapidariamente, replica laconicamente alle parole di Minisci col tormentone elettorale per cui il diritto alla difesa è sempre da considerarsi legittimo. La partita ancora una volta, come nel caso della gestione dei migranti (NDR: similmente all’avviso di avvio delle indagini pervenuto al Ministro degli Interni solo la scorsa settimana per i fatti di Nave Diciotti), si gioca tra il potere politico e quello giudiziario e il montepremi sembra essere il peso specifico che ognuno di questi due poteri dello Stato vuole conseguire a scapito dell’altro.