La guerra totale degli sconfitti


Non so se lo avete notato, ma da quando la sinistra italiana ha realizzato che stava perdendo consenso (quindi diciamo dall’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016) è iniziata una campagna di odio contro i cosiddetti ‘populisti’. La cosa assurda è che invece di cercare di alimentare il consenso verso i partiti di sinistra (NDR: Il grafico nell’immagine a corredo dell’articolo evidenzia, sia pure in modo impreciso e solo qualitativo, la perdita di consenso della sinistra) si è cercato in tutti i modi di diffamare la destra e il Movimento 5 Stelle, che ovviamente di destra non è ma resta comunque un nemico pericoloso.
Questa strategia non può mai essere vincente, perché la diffamazione non paga in nessun caso: sia che l’elettore stia dalla parte dei diffamati, sia nel caso opposto, perché non troverebbe comunque soddisfacente la politica di quella parte che aveva deciso di non votare più. Anzi, troverebbe in tale comportamento una ragione in più per pensare di aver fatto bene a voltare le spalle a gente che non ha nulla di valido da proporre. Hanno seminato solo vento, raccoglieranno solo tempesta.
Ciò in ogni caso la dice lunga sulla capacità della sinistra italiana di proporre alternative costruttive, e lo stesso protrarsi di una situazione che dura ormai da mesi con un PD senza segretario ma con un reggente che in realtà regge solo la coda di Renzi, ci fa capire che la Sinistra in questo Paese non è più cosa.
Tuttavia la protervia e l’ostinazione di questi sciagurati è tale che ormai ha coinvolto tutti gli strumenti e le risorse che potevano essere messe in campo allo scopo di amplificare il più possibile le accuse contro le forze che oggi, guarda caso, governano il Paese.
Sono state così reclutate le più tristi figure veterocomuniste che questa sinistra possa annoverare: figure ormai ai margini del vivere comune, nemmeno più osannate da che a suo tempo li levò sugli scudi di una propaganda becera e trinariciuta, quasi patetici, non fosse che il desiderio di mandarli a ranare sovrasta qualsiasi sentimento di misericordia. Ecco quindi i vari Saviano, Boldrini, Amendola, Bonino, Kyenge e tutta la congerie di portatori d’acqua avvelenata, tutti a sproloquiare e a creare nuovi e sempre più sanguinosi insulti nei confronti del nemico.
Che poi, a ben vedere, è anche una questione di stile: ai tempi della DC e del PCI già i politici si tiravano gli stracci (anche in Aula!) ma sapevano mantenere comunque un fairplay e un decoro che oggi è totalmente sparito. Oserei dire che il ‘new deal’ dell’insulto ha preso il via con Fassino, ai tempi in cui era segretario dell’allora PDS, il quale non si fece scrupoli di passare alle ingiurie nei confronti dell’allora nemico Berlusconi. Di solito funziona proprio così: quando hai finito gli argomenti passi al turpiloquio. Ma funziona solo coi tuoi pari, perché “Aquila non captat muscas” e chi è moralmente superiore ha sempre una freccia in più nella sua faretra.
Dicevamo dei nuovi Pulzelli d’Orléans della gauche italica. In questi ultimi giorni il leit-motiv della battaglia anti-Salvini è la famosa maglietta rossa indossata per la prima volta da don Ciotti contro il divieto di sbarco per le navi pirata delle ONG deciso dal ministro degli Interni, esempio seguito da tutti i radical-chic che trovano in ciò anche un nuovo motivo per mettersi in mostra e procrastinare la loro mesta parabola discendente. Possiamo anche ricordare le improbabili parole del vescovo emerito di Caserta, mons. Raffaele Nogaro, il quale si è detto pronto a trasformare tutte le chiese in moschee se ciò fosse utile alla causa e contribuisse a salvare la vita a uomini e donne. Chissà papa Francesco cosa ne pensa: saremmo curiosi di saperlo.
Ai soliti noti, poi, ultimamente si sono aggiunti due biechi e sgradevoli figuri che non di rado danno prova del loro malestruo quoziente intellettivo sui vari mezzi d’informazione che decidono inopinatamente di ospitarli. Il primo è l’ormai bollito Oliviero Toscani, osannato grande fotografo il cui unico successo di cui si abbia conoscenza tra le plebi sono le discutibili fotografie pubblicitarie scattate per Benetton, che nelle interviste che concede non omette mai insulti e contumelie nei confronti del nemico di turno. Si, perché il nemico è qualsiasi governo non del PD, quindi se prima ce l’aveva con Berlusconi, oggi i suoi bersagli sono i neofascisti e neonazisti partiti al governo.
Il secondo è anche peggio, perché latra i suoi insulti (e qui parliamo proprio di “testa di…”, “figlio di…”, “pezzo di…” e via di questo passo) nelle trasmissioni radiofoniche che lo ospitano. Ma soprattutto è peggio perché la bocca da cui sgorga questo fango perpetuo è quella di un prete. Un certo Don Giorgio de Capitani il quale invece di traghettare anime traghetta camionate di liquami dalla sua bocca all’etere, così che tutti possano sentire i suoi deliri. Vi do solo un assaggio di questo fiore di bontà fraterna con quest’invettiva contro Salvini e Trump.
“Non è che mi faccia paura Salvini, un nanerottolo in confronto a Trump, che del resto lo ha anche sconfessato pubblicamente. Salvini è un buono a nulla, un rottame che intende traghettare una mandria di porci verso l’altra sponda, ovvero quella dell’inferno. Ci andranno, e chissenefrega? È stata una loro scelta…” poi su Donald Trump: “Un altro idiota, spara cazzate, un furbo che si è fatto miliardi sulla pelle dei coglioni grillini. Ma Trump è un’altra cosa: è un gran bastardo che è uscito dal nulla o meglio da un mondo fatto di soldi e di puttane. Che dire? Noi italiani dovremmo anche tacere, visto che per anni e anni un altro bastardo, un porco, un ladro, un farabutto ha preso per il culo milioni di italiani, ma non ha fatto tutto da solo: è stato sorretto da altri bastardi e farabutti, ovvero dai ciellini e dai leghisti. Perché dimenticarlo? In fondo, Salvini è coerente: politicamente ha fatto parte di quella mandria di porci e farabutti, guidati dal Porco per eccellenza. Per Trump non ci sarebbe nessuno disposto a farlo fuori fisicamente? Chi? Non dimentichiamo che gli americani hanno sempre ucciso i giusti, e non i criminali. Che l’Europa sia compatta in questo momento, e isoli l’America, facendola morire di fame. Ma l’America è troppo ricca, arricchita con il sangue di nazioni che essa ha munto, distrutto o calpestato”.
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Naturalmente i gigli di questo giardino sono molti, come i preti rossi che si mettono anch’essi la maglietta rossa pro-profughi e poi fanno lo sciopero a staffetta a favore degli sbarchi senza regole mentre i nostri poveri frugano nell’immondizia senza che questi fenomeni facciano nulla di caritatevole per loro. Ci sarebbe da chieder loro se hanno mai avuto un senso per la Nazione, come i loro predecessori, cappellani di tutte le guerre, anch’essi morti per difendere questa povera ma meravigliosa terra italiana.
Come dicevamo, la politica del fango è ormai scatenata, ed è orchestrata da quello che Marcello Veneziani definisce il PUS, ovvero il Partito Unico della Stampa, quella stampa che è corretto definire ‘di regime’ e che ogni giorno – ligia ai comandi di chi regge i guinzagli – spande tonnellate di inchiostro avvelenato alimentando quella strategia perdente di cui si diceva più sopra. Strategia che ormai si è tramutata in una guerra totale: la guerra degli sconfitti, degli sciagurati, dei non rassegnati all’evidenza, dei poveri di spirito e di idee contro un nuovo modo di fare politica, giusto o sbagliato che sia, ma che ci ricorda – da lontano – la Lega dei Fratelli d’Italia già proposta da Leo Longanesi nel ‘55, o (con differenti contenuti) quel partito della Nazione di cui Renzi ha solo saputo biascicare qualche idiozia senza trovare il coraggio quando aveva la forza per farlo e per sopportare l’emorragia a sinistra.
Ora potrebbe essere proprio Salvini a superare il vecchio concetto di Lega, troppo legato al Nord, a Pontida alle sorgenti del Po e alle altre fesserie, per farsi polo di aggregazione di quella forza nazionale, sovranista e ultraeuropea che possa ereditare i popolari, i cattolici non progressisti né ultrabergogliani, i sopravvissuti del berlusconismo e le varie destre nazionali e sociali. I populisti sono ormai una forza possente, trasversale, la forza dei disperati di un tempo che vedono oggi una possibilità di riscatto delle proprie idee, so non anche dei propri sogni economici e di benessere. Ho già scritto che populismo è un termine che nasce come positivo. E’ il portare a compimento i voleri del popolo, ossia di chi ci ha votato, e ciò implica – tra l’altro – quel vincolo di mandato tanto odiato dalle sinistre e dal loro sistema burocratico e clientelare.
Il populismo ha ormai superato le vecchie logiche di destra e sinistra, e si annoia a sentir parlare di antifascismo e anticomunismo. Vuole crescere, ha bisogno di qualcuno, come dice Veneziani , che “… ne faccia una storia viva e onesta, chi lo racconti e lo rappresenti diversamente da come è narrato. Perché per ora il populismo è raccontato solo dai suoi avversari. Occorre chi sappia dare motivazioni, sappia trasformare gli obbiettivi in miti, sappia dare un’anima e un pensiero a un comune sentire e a un diffuso disagio. Quello è il salto di qualità che s’impone se si vuole diventare forza leader nel Paese. Senza nulla togliere alla capacità di parlare direttamente alla gente, e di ascoltarla, di dare loro esempi chiari e immediati d’efficacia e piglio decisionista. Ma tra il popolo e il leader, tra il plauso e la rabbia, ci dev’essere qualcosa in mezzo”.
Fare ciò significa vuol dire rendere maturo il populismo e svestirlo dai panni ignominiosi del razzismo e del nazismo che i suoi avversari gli hanno cucito frettolosamente addosso. Significa far sì che esso possa radicarsi nel tessuto sociale di un’Italia che cerca un secondo irredentismo, non più volto all’invasore austriaco ma ad un invasore interno, più subdolo, che con la maschera del buonismo e la patente di unico tenutario della cultura lo incalza a costo di tradire le proprie radici nazionali.
Significa, infine, superare la barriera dei sondaggi d’opinione e dell’impeto momentaneo per creare un terreno fertile dove tutti possano seminare e raccogliere. Insomma, significa diventare adulti e meritare l chiavi di casa.