Made in USA


Il declino della potenza Usa nel mondo sembra avere inizio?. Cina e Russia sono sempre più rilevanti nella scena politica mondiale: ciò potrebbe portare, in tempi abbastanza lunghi, a un mutamento radicale degli usi e costumi occidentali odierni?. Le politiche isolazioniste e guerrafondaie di Trump, il conseguente e progressivo allontanamento diplomatico dell’Europa dagli Usa, l’influenza geopolitica della Russia nello scacchiere eurasiatico sono alcuni dei fattori che suggeriscono un probabile declino della potenza americana. Le dichiarazioni pubbliche del presidente repubblicano, congiuntamente a quelle del leader nordcoreano Kim Jon Un, donano quotidianamente, ai notiziari di tutto il mondo, uno scenario molto serio di instabilità politica. Il mondo sembra costantemente sull’orlo di un conflitto nucleare senza uscita. Cosa dice, a tal proposito, quella vecchia scialuppa illuminista e preoccupata dal nome ‘Europa’? Certamente, non può approvare i comportamenti ‘scellerati’ del galeone Usa, che ha tradito (oramai da lungo tempo) il sogno dell’isola globale, fatto di ‘pace’ e ‘democrazia’. La globalizzazione non era e non potrà mai essere un fenomeno positivo per tutti, bensì un disegno realizzato sempre a immagine e somiglianza del proprio ideatore. Ebbene, in questo caso non è un mistero che l’Europa, dagli anni ’50 in poi, abbia subito un processo di americanizzazione radicale, sia negli usi che nei costumi. L’uomo e la donna del vecchio continente hanno ‘abbandonato’ il pantalone per indossare il jeans, mentre la musica popolare tradizionale, (tarantella, pizzica, balera in Italia, ballate folcloristiche in Irlanda, Regno Unito e Germania), iniziava a essere sostituita dalle nuove sonorità del rock’n’roll e del pop. Perfino l’alimentazione subisce dei lenti mutamenti; la Coca Cola diviene un segno dell’alba dei nuovi tempi, di una stagione in cui nuovi simboli dal carattere ‘universale’ potevano facilmente essere riconosciuti da tutti nel regno dell’economia di mercato. Questo processo di trasformazione culturale, è giunto oramai a compimento. Quali sono state le implicazioni dell’egemonia culturale americana in ambito internazionale? Il fenomeno della cultura popolare occidentale sembra presentare, al giorno d’oggi, delle componenti omogenee da un punto di vista ideologico (attrattiva per il brand, mondanità, divertimento disinibito, omologazione dei gusti estetici e della mentalità), ed eterogenee che provegono dalle tradizioni e dagli usi dei rispettivi paesi (ES. un ragazzo spagnolo di 20 anni può ascoltare Snoop Dogg e, nello stesso tempo, amare la Corrida o ambire a compiere un pellegrinaggio a Santiago de Compostela). La globalizzazione, dunque, presenta questa tipologia di micro e macro-livelli di interpenetrazione culturale, che sono risultati utili all’uniformazione in un processo che prevede la compattazione dei simili e l’eliminazione del diverso. Come afferma il sociologo statunitense Lewis Mumford, ‘l‘antica distinzione tra uomo e natura, tra abitante di città e abitante di campagna, tra greco e barbaro, tra cittadino e forestiero, non vale più: l’intero pianeta è ormai diventato un villaggio, e di conseguenza il più piccolo dei rioni deve essere progettato come un modello funzionale del mondo intero’. Di fatto, anche gli stati nazionali hanno perso la propria importanza, fino quasi a diventare dei ‘rioni’ nella metropoli terrestre. Di fatto, finora non si era considerata l’idea che il processo di globalizzazione potesse assumere dei connotati diversi dalle aspettative tipiche dell’occidentalismo. E’ possibile concepire un mondo nuovo in cui la nuova cultura non sia quella a stelle e strisce? Di fatto, forse nessun’altra tradizione è riuscita a penetrare nelle case di tutto il mondo come, del resto, è riuscita quest’ultima. Dai social, fino ad arrivare a YouTube, gran parte delle innovazioni sono di fattura Nord-americana. Dalla propria ha certamente avuto due fattori: la tecnologia e l’innovazione estetica. Senza queste ultime, l’industria dell’intrattenimento non avrebbe avuto modo di rivelarsi in tutta la propria potenza attraverso marchi quali Disney, Warner Bros o Marvel. Tuttavia, un mondo meno ‘americano’ è possibile. Se si guarda al passato e al presente, si può affermare che la cultura dominante sia quella del principale attore politico del momento. Già Alberto Angela ipotizzava una prima forma di globalizzazione in età antica: ‘In tutto l’Impero (romano) si pagava con una stessa moneta, c’era una sola lingua ufficiale (unita al greco in Oriente), quasi tutti sapevano leggere, scrivere e far di conto, c’era uno stesso corpo di leggi e c’era una libera circolazione delle merci” .Per concretizzare l’idea, gli Usa hanno esercitato un peso fondamentale per più di 60 anni nella vita politica e culturale del vecchio continente come nella vita economica del Medioriente. Dopo l’esito della guerra civile siriana (2011- 2017), in cui il presidente democraticamente eletto Bashar Al Assad è riuscito a sconfiggere l’Isis e le forze ribelli appoggiate dagli occidentali anche grazie all’arrivo di contingenti russi, gli Usa sembrano aver letteralmente perso credibilità nella lotta contro il terrorismo. Di fatto, se quella di Barack Obama è stata una politica falsa di non interventismo, quella Trumpiana è meno diplomatica e tesa al confronto plateale e burlesco fra il presidente di un paese e l’altro, fra minacce e dichiarazioni piuttosto colorite. Questo “bipolarismo” comportamentale e isolazionista degli Stati Uniti sta progressivamente spingendo l’Europa all’allontanamento da questi ultimi, all’avvicinamento verso la Russia, che sembra politicamente matura per porsi come interlocutrice fra gli stati d’Europa e Medioriente. Ne è la prova lo scacco matto del Cremlino nei confronti di Washington, per quanto riguarda il recente accordo petroliferofra Russia di Putin e Arabia Saudita, storico alleato economico dell’Occidente (petrolio docet). Anche la Cina sta esercitando un ruolo di mediazione fondamentale fra il bullismo trumpiano e quello del presidente nordcoreano Kim. Ciò che potrebbe conseguire da questi mutamenti è un dominio culturale asiatico, che potrebbe lentamente influire sempre più sugli usi e i costumi dei paesi occidentali. Quale potrebbe essere il ruolo e la situazione dell’Europa nell’ambito di una nuova egemonia culturale? L’Europa non è considerabile una regione in ascesa, dunque è difficile che quest’ultima possa tornare a diffondere un proprio modello di civiltà e cultura(che è in qualche modo sintetizzato ed emulato dagli Stati Uniti), ma certamente il suo ruolo di mediazione fra Est e Ovest rimane tutt’oggi fondamentale per gli equilibri internazionali. Quest’ultima può pur sempre conservare la propria tradizione illuminista fondata sulla diplomazia pacifica fra gli stati, componente chiave per il futuro del vecchio continente e dell’Asia. L’America o States cercano come ogni impero nella storia di mantenere il proprio potere mostrando i muscoli, ecco che il buon Donald di concerto con l’altro buono di Macron e la buona ma non bona May pescano dal cilindro magico, delle prove di un presunto attacco con i gas in Siria ,giù tutto lo sdegno di americani ( che usano proiettili all’uranio impoverito ) di israeliani ed inglesi che con ogni probabilità stando alle fonti russe sono i veri artefici di qsta messa inscena ma soprattutto lo sdegno del cagnolino Macron che più di tutti ha izzato il pastore americano. Mentre le potenze coloniali europee si espandevano per motivi economici e non nascondevano tale motivazione, ogni volta che gli Usa facevano e fanno la stessa cosa dovevano motivarla con ragioni come la difesa dei diritti umani o la esportazione del loro magnifico e perfetto modello democratico. Tale ipocrita dottrina, tutta puritana ( non dimentichiamo che i puritani del New England dopo essersi battuti il petto in Chiesa pentendosi dei loro peccati salivano sulle loro navi negriere per andare a caccia di schiavi) è il tratto che più infastidisce della politica estera americana. Questo volersi sempre mettere in cattedra a dare lezioni di democrazia e di bon ton istituzionale, anche nei confronti di nazioni di ben più antica civiltà, innervosisce e indispettisce. La assoluta certezza degli americani di essere depositari di un sistema politico superiore da esportare nel mondo li ha resi invisi a molti popoli che non accettano di essere americanizzati. Ed anche recentemente, nel vicino oriente, la folle volontà di esportare modelli occidentali in paesi arabi che hanno tradizioni e concezioni totalmente diverse dalla nostre ha prodotto risultati disastrosi di cui noi, purtroppo, paghiamo le maggiori conseguenze. Sarebbe opportuno che gli Stati Uniti studiassero finalmente la storia per evitare di continuare a ripetere sempre gli stessi errori. Errori che, quando commessi dalla più grande potenza planetaria, si riverberano negativamente in tutto il mondo. come disse il politologo del Pentagono Brzezinsky “tutti condividono il presupposto che l’Eurasia sia il centro del mondo e che chi controlla l’Eurasia controlli il mondo’’, e gli Usa, dal dopoguerra fino ad ora, gestiscono la politica ed il fucile contro tutti coloro che dimostrano, fatti alla mano, le contraddizioni proprie delle versioni ufficiali vengono silenziati dai monopoli mass-mediatico. Adesso metterò a fuoco le principali strategie Usa finalizzate alla militarizzazione del mondo.
Nel 1929 Trotsky delinea questo futuro per i maggiori Stati capitalistici nel mondo:
“La fase attuale acquista di nuovo l’aspetto di una “collaborazione” militare tra l’America e l’Inghilterra e anche alcuni giornali francesi temono di veder sorgere una dittatura anglosassone. Evidentemente gli Stati Uniti possono sfruttare e sfrutteranno la “collaborazione” con l’Inghilterra per far marciare alla stessa briglia il Giappone e la Francia. Ma tutto ciò costituirebbe una tappa non verso una dominazione anglosassone, ma verso una dittatura americana destinata a pesare sul mondo, Gran Bretagna compresa’’ (Leon Trotsky, Il disarmo e gli Stati Uniti d’Europa, MIA).L’analisi di Trotsky e mi dispiace ammetrerlo è di una lucidità straordinaria. Non è tutto nel dopoguerra l’imperialismo americano non si limitò ad impiegare il meglio delle sue forze nella lotta contro l’Unione Sovietica ma spense anche le resistenze interne al campo imperialistico come, ad esempio, il gollismo francese e moro in Italia .L’imperialismo più forte domina imponendo il suo sistema economico e creando delle equipe di tecnici giornalisti, magistrati, politici al suo servizio.