Il potere del “no”


Quel matrimonio “riparatore”, che la consuetudine e la legge stessa imponevano, non avrebbe comunque cancellato la vergogna. E’ vero, con un semplice “sì”, sarebbe tornata una donna onorata e quell’uomo, che l’aveva rapita e violentata, avrebbe estinto il suo reato. Franca, che avrebbe compiuto 17 anni pochi giorni dopo, ragazza di campagna e senza grilli per la testa, invece denuncia e spedisce in carcere chi l’ha stuprata. “Io non sono proprietà di nessuno”, dice al processo, “l’onore lo perde chi le fa certe cose non chi le subisce”.
Non era mai accaduto prima, in Sicilia, che una “donna disonorata” avesse rifiutato di convolare a nozze con il suo violentatore. Siamo nel 1966, in un’Italia che sta cambiando, anche se Nord e Sud hanno passi diversi. Franca Viola si ribella ai costumi di quella società siciliana. La sua reazione fa scalpore e mette a nudo, per la prima volta, di fronte all’opinione pubblica nazionale, la duplice brutalità di quelle assurde “nozze riparatrici”. Pone finalmente le basi per dei rinnovamenti che avverranno solo dopo vent’anni, ma che modificheranno radicalmente e definitivamente il ruolo e la considerazione delle donne. Il caso Viola diventa, nella storia del nostro paese, il brusco cambiamento di rotta dalle vecchie concezioni sul matrimonio, sui comportamenti sessuali e sulle posizioni politiche di generale. A metà di dicembre del 1966, undici mesi dopo il rapimento, si celebra, a Trapani, il processo. Il “Corriere della Sera” mette in campo un inviato speciale, come Silvano Villani, e la firma di Indro Montanelli.
Il 26 dicembre 1965, Franca Viola è rapita ad Alcamo, in provincia di Trapani, da Filippo Melodia, con una dozzina di compari. Franca ha 16 anni. È nata in una famiglia di mezzadri, modesta ma con qualche vigna. A 15 anni, con il consenso dei genitori, si era fidanzata con quel Filippo, nipote di un mafioso locale e membro di una famiglia benestante. Ma, dopo aver saputo di un’accusa di furto e dell’appartenenza ad una banda mafiosa, Bernardo Viola obbliga la figlia a rompere tassativamente il fidanzamento. Il Melodia emigra in Germania. Quando rientra ad Alcamo, però, torna ad insidiare Franca e ad attaccare il padre.
“Leso nell’onore di maschio”, come scriverà poi Montanelli, non si rassegna e inizia tutta una serie di persecuzioni contro Bernardo. Da fuoco alla sua casetta di campagna, demolisce il vigneto, libera un gregge di pecore che distrugge il campo di pomodori. Bernardo non si lascia intimidire, nemmeno dalla minaccia di una pistola.
Franca, ha un altro fidanzato, che preferisce però restare fuori dalla faccenda e non cede nemmeno lei.
Il giorno di Santo Stefano, Filippo Melodia, con una banda di amici, si presenta a casa dai Viola. Dopo aver devasto la casa, picchiato il padre, trascina via Franca, con il fratellino, aggrappato alle sue gambe, nel tentativo di trattenerla. Il piccolo, la sera stessa, ritorna a casa. Qualche quotidiano, riporta in cronaca locale, il fatto. Franca rimane prigioniera, prima in un casolare, in campagna, poi in casa della sorella di Filippo, ad Alcamo. “Rimasi digiuna per giorni”, racconterà in seguito. “Lui mi scherniva e mi provocava. Dopo una settimana abusò di me”.
Il giorno di Capodanno, i parenti di Melodia si recano da Bernardo per la cosiddetta “paciata”, la pace tra le due famiglie che, a fatto compiuto, secondo l’usanza, avrebbero concordato il giorno delle nozze. I genitori di Franca, d’accordo con le forze dell’ordine, fingono di accettare. Il giorno dopo però, la Polizia fa irruzione nell’abitazione, libera Franca e arresta i rapitori. Melodia e i suoi complici sono convinti che in pochissimo tempo saranno celebrate le nozze e che tutti verranno restituiti alla libertà. Ma non sarà così. L’opposizione di Franca e l’imminente processo acquisteranno una rilevanza che uscirà dai confini regionali.
“Una grande occasione si presenta ai magistrati”, scrive Indro Montanelli sul “Corriere della Sera”, nei giorni del processo. “La posta in gioco è grossa e va al di là del caso e dei protagonisti”. “Franca Viola e suo padre non hanno detto no soltanto a Filippo Melodia”, scrive ancora Montanelli. “Hanno detto no a un sistema di rapporti basato sulla sopraffazione del maschio sulla femmina, hanno detto no a tutti tabù e ai feticci, che fanno da pilastro a queste arcaiche società”.
La storia della ragazza di Alcamo diventa un caso nazionale. Per Filippo Melodia, il Pubblico Ministero chiede ventidue anni di reclusione. Diciassette sono i capi d’imputazione e, tra questi, il ratto a scopo di libidine. La difesa tenta di screditare la ragazza. Sostiene la consentaneità nella “fuga d’amore” e presenta l’effettivo rapimento compiuto solo ai fini del matrimonio. Su questa distinzione, si poggerà l’intero processo e la sentenza. I magistrati, la stampa e tutti quelli che avevano immediatamente solidarizzato con Franca, si aspettano ampie ripercussioni. L’articolo 544 del Codice Penale prevedeva che, “per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”. In buona sostanza, il reato viene estinto per legge e l’onore riparato.
Era l’eredità del Codice Rocco, che comprendeva la violenza sessuale nei “delitti contro la moralità pubblica”, tutelando, non tanto la persona che la stava subendo, quanto il buon costume sociale e considerando il corpo di una donna non esattamente di proprietà della stessa. La sua violazione era un fatto legato alla morale, non alla persona, secondo il quale la donna non disponeva di alcuna libertà nel campo sessuale. La violenza non offendeva la vittima che la subiva, privandola della propria libertà, ma ledeva una generica moralità pubblica.
La difesa si accanì nel sostenere che quello fosse solo “un processo d’amore”.
Silvano Villani riporta sul Corriere le tesi difensive: “Filippo avrà anche rapito Franca, però è quasi sicuro che Franca ci stava. Anzi è probabile che abbia avuto rapporti ben prima del fatto in esame. Se Franca ha poi buttato il candido velo da sposa, se ha rifiutato di sposarlo, peggio per lei. Che colpa ha Filippo?”
Dopo sette ore di camera di consiglio, Melodia viene condannato a 11 anni di carcere. Gli vengono imputati la violenza carnale, la violenza privata, le lesioni, le minacce e il ratto a scopo di matrimonio.
“Si è tenuto conto delle usanze”, commenta Villani, sottolineando, per l’ennesima volta, le differenze culturali tra Nord e Sud. Nell’aula del tribunale di Trapani, quindi, va in scena la “questione meridionale”. L’attenzione mediatica sulla storia di Alcamo, manifesta le ansie sulle differenze regionali e sull’identità nazionale, frenando il senso stesso di modernità, tanto auspicato per la società italiana.
Sono gli anni in cui Camilla Cederna descrive il miracolo economico e le novità che hanno spogliato il sesso di molti paludamenti moralistici. Ma l’Italia della Cederna è quella borghese, quella del Nord, quella dello sviluppo, della rivoluzione sociale e culturale. E’ l’Italia dove sta aumentando sensibilmente la frequenza femminile nelle università, dove le donne non vedono più il loro futuro esclusivamente legato al matrimonio. Nel Sud non è così. “Per la donna italiana, spesso il matrimonio è l’unica sistemazione possibile”, sottolinea il Pubblico Ministero, che però ammette, “ma non la sola”.
Le spaccature tra Nord e Sud sono tali, che la stampa nazionale non perde occasione di riferirsi al linguaggio di Bernardo Viola, durante le fasi del processo, “abbisognevole di traduttore” e di raccontare le abitudini locali in chiave antropologica, definendole arcaiche e medioevali.
“Si occupino degli amici del Nord, degli amori di Sofia Loren e non vengano qui a fare i Don Chisciotte”, sbottano gli avvocati della difesa. “La Sicilia si difende da sé, con i suoi monumenti, con i suoi eroi. Noi siamo gente arsa dalla salsedine!”. Ed è sempre nelle arringhe della difesa, che si trovano le chiavi per comprendere perché il “no” di Franca è diventato un simbolo nazionale. “L’articolo 544 è una disposizione che favorisce la donna, le dà modo di rimediare al danno subito”, si legge sul “Corriere della Sera”. “Abolite pure l’articolo 544, non avrete migliorato la situazione. Il rapimento non avviene dove i giovani sono liberi di frequentarsi, sono liberi di decidere della propria sorte. Qui esiste il dispotismo tradizionale dei genitori, esiste la costrizione sociale, per una volta che un ragazzo e una ragazza siano visti insieme. Subito la gente li dichiara fidanzati, la ragazza è compromessa, il matrimonio pare inevitabile. Tutti devono muoversi con cautela. Il “ratto d’amore” rende possibile, a una coppia, di sottrarsi al dispotismo dei familiari. È giusto l’articolo 544, che prevede si estingua il reato. Altrimenti si avrebbe doppio danno: lui in galera e lei senza la possibilità di riscattarsi. Prima di modificare l’articolo 544 bisogna modificare i costumi”.
La condanna a Filippo Melodia non fu esemplare, come l’opinione pubblica nazionale si aspettava. Però diede il via ad un atteggiamento d’opinione, che portò il legislatore a non considerare più una “soluzione” il matrimonio riparatore.
“Di esemplare resta il comportamento della ragazza, non il verdetto”, commentò sul suo giornale Silvano Villani, “Bisognerà fare ancora affidamento, più su altre fanciulle coraggiose, come Franca Viola, che sulla severità della legge, per sperare che certi comportamenti scompaiano”.
Sull’esempio di Franca molte ragazze rifiutarono le nozze riparatrici.
Sarà necessario attendere ancora sedici anni, perché “il matrimonio riparatore” venga cancellato, assieme al “delitto d’onore”, dalla L. n. 442, del 5 agosto 1981, giunta alla fine di un lungo percorso, di cui fanno parte il “Referendum sul divorzio”, del 1974, la Riforma del Diritto di Famiglia, del 1975 e il Referendum sull’aborto, del 1978. Si dovrà attendere però il 1996, perché lo stupro venga considerato non più un reato “contro la morale”, bensì un reato “contro la persona”, che è stata abusata.
Un anno dopo la conclusione del processo, Franca Viola sposò il ragazzo di cui è innamorata, Giuseppe Luisi.