La fine del palazzo celeste


Il palazzo celeste, il tempio del cielo, ossia l’enorme stazione spaziale cinese Tiangong 1, rischia di rovinare sulle nostre città. È questo il senso di un allarmante bollettino che recentemente la nostra Protezione Civile ha diramato.
Lo spazio fuori dalla nostra atmosfera è infinito e sembra essenzialmente vuoto. Tuttavia, la parte più vicina alla Terra è alquanto affollato.
Sin dall’ottobre del 1957, quando l’umanità mise in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik 1, i cieli sopra le nostre teste sono diventati sempre più affollati satelliti e della così detta spazzatura spaziale.
Il problema è diventato così serio che la NASA ha dovuto iniziare da tempo un programma teso a monitorare continuamente via radar e con speciali telescopi la posizione non solo di ogni satellite ma anche di ogni rottame presente in orbita.
Già perché anche la perfezione delle costruzioni aeronautiche spaziali ha il limite della obsolescenza e del fine vita di macchine ed attrezzature.
Inoltre i satelliti, specie quelli piuttosto vicino alla Terra, sono leggermente frenati dagli strati superiori dell’atmosfera che, per quanto rarefatti, sono presenti.
Così che quando i satelliti e le stazioni spaziali terminano il propellente che serve per stabilizzare l’orbita compensando il rallentamento dovuto alla rarefatta atmosfera, inesorabilmente l’orbita diventa una spirale che, alla fine, comporta il rientro sulla terra sotto l’azione della forza di gravità.
È quanto sta accadendo in questi giorni alla grande stazione spaziale cinese Tiangong 1 (che significa “tempio del cielo” o anche “palazzo celeste”), un mostro da otto tonnellate e mezzo, che nel corso della prossima settimana rientrerà negli strati più bassi e densi dell’atmosfera e, presumibilmente, esploderà con la conseguenza che pezzi incandescenti anche di oltre 100kg potranno precipitare al suolo.
E, tra i possibili siti di rientro c’è anche l’Italia al punto che la Protezione Civile ha diramato un bollettino di allerta per le prefetture e tutti gli Enti competenti per la gestione di una possibile emergenza.
Tiangong 1 è il primo laboratorio orbitale cinese lanciato nello spazio. La messa in orbita originariamente pianificata per la fine del 2010, è stata successivamente posticipata al 2011.
Pensata e costruita come laboratorio-test per esperimenti e attracco delle varie navette Shenzhou che l’hanno visitata nel corso degli anni di vita operativa, essa fa parte del ben più ampio Programma Tiangong che vuole vedere la Cina avere nello spazio una stazione orbitante da 20 tonnellate (su modello della Mir) entro il 2022 e in Tiangong un modulo di rifornimento, chiamato Tianzhou.
Il rientro, che doveva avvenire in modo programmato e in sicurezza sull’oceano Pacifico, ha invece assunto un andamento imprevedibile da quando i tecnici cinesi hanno perso il contatto, e quindi ogni possibilità di controllo, con la stazione sin già dalla fine del 2016.
Il problema, oltre all’ovvio rischio (ossia la probabilità) inerente il pericolo che un frammento cada su un centro abitato è che i cinesi non hanno mai davvero dichiarato cosa contiene la stazione e, di principio, non è dato sapere se vi è anche materiale radioattivo.
Tuttavia, a parziale tranquillità di tutti, c’è da sapere che sin dai primi anni del millennio tutte le prefetture si sono dotate di appositi piani di emergenza che prevedono anche la fattispecie dello schianto di satelliti artificiali che rechino a bordo materiali radioattivi e che l’esatta traiettoria di rientro sarà possibile conoscerla con alcune ore di anticipo rispetto all’effettivo precipitare sulla Terra del palazzo celeste.