Su Rosa Di Domenico ora taglia di 10.000€


Scomparsa a 15 anni in un buco nero. Sparita, grazie ad una giustizia fantasma, che ha di fatto tutelato un pakistano fondamentalista e ignorato 5 denunce, sporte dai genitori della minorenne e da altre due vittime, adescate con il medesimo modus operandi. L’inerzia nelle indagini – peraltro mai avviate – ha infatti concesso ad A. Q., un musulmano che vive l’Islam a modo suo, un Islam contorto fatto di giochi erotici e di divieti, tre mesi di vantaggio per scappare e nascondere Rosa Di Domenico. In Italia, Francia o in Turchia. O perché no, in Siria, baluardo del barcollante califfato dell’Isis, terra di nessuno, terra che in cui non esistono confini tra halal e haram, tra lecito e proibito.
Rosa era scomparsa il 24 maggio scorso. I sospetti della famiglia sono caduti da subito sul pakistano, che viveva in Italia con il padre e la sorella, già da diversi anni. Apparentemente ben integrato a Brescia, dove lavorava come operaio, si è mostrato simpatizzante dell’Isis, come testimoniano alcune foto che lo ritraggono mentre impugna delle armi e come hanno poi scoperto i genitori della minorenne, che aveva cominciato a leggere il Corano ed ad indossare abiti meno succinti. Eppure il computer e il cellulare utilizzati dalla ragazza nascondevano segreti inconfessabili e foto a sfondo sessuale mandate al pakistano sotto minaccia, oltre alle prove delle umiliazioni subite da Rosa in un garage per mano di A. Q. ed altri aguzzini. Di reati da contestare al pakistano ce ne sarebbero stati tanti, dalla pedo-pornografia al sequestro di persona. Sconcerta che neppure le foto con le armi e l’avviato percorso di radicalizzazione, vera o presunta che sia, avessero indotto la procura di competenza ad avviare le indagini a carico del pakistano ed a tutelare Rosa. Tanto più perché la prima denuncia venne sporta dal padre di Rosa quando la ragazza aveva solo 13 anni. Tanto più perché la mamma di Rosa denunciò di aver ricevuto una telefonata in cui un uomo dall’accento straniero le disse “Io mi prenderò tua figlia”.
Oggi i genitori di Rosa si sentono abbandonati proprio dallo Stato che avrebbe dovuto tutelarli. In prima battuta, senza mai avviare le indagini, venne chiesta l’archiviazione a carico di ignoti, sebbene fossero stati indicati nomi, numeri di telefono e profili facebook utilizzati dal pakistano per contattare Rosa. L’inerzia nelle indagini, la mancanza di intercettazioni telefoniche, di interrogatori delle persone informate sui fatti, compresi il papà, la sorella e gli amici del presunto carnefice, hanno fatto si che lo stesso potesse scappare senza interferenze, nascondendo Rosa chissà dove.
Quella che all’inizio qualcuno confuse con una fuga d’amore, si è trasformata in un incubo per la famiglia Di Domenico, specie dopo che alcune amiche della ragazza raccontarono al papà di Rosa che il giorno precedente alla scomparsa la minorenne era stata avvicinata da un pakistano, che le aveva consegnato un telefono cellulare per contattare qualcuno. E la ragazza, che già aveva ricevuto la minaccia che, se si fosse ribellata, sarebbe stato sgozzato il fratello, evidentemente ubbidì ancora.
La richiesta di archiviazione era stata rigettata dal gip Giovanna Cervo, che aveva imposto alla procura di avviare le opportune indagini e di riunire i vari fascicoli aperti a carico del pakistano. Apparentemente anche la Procura di Napoli Nord aveva iscritto A. Q. nel registro degli indagati, muovendosi per competenza territoriale. Eppure, seppure due diversi uffici giudiziari avessero autonomamente avviato le indagini, di fatto si è trattato più di un atto dovuto che di una inchiesta vera e propria. A tre mesi dalla scomparsa di Rosa, si riparte da zero, con una nuova denuncia presentata dall’avv. Maurizio Lojacono ed una taglia di 10.000 euro, promessa dai genitori a chiunque li aiuterà a dare una svolta alle indagini. A questo punto, non è difficile immaginare che del caso si inizi ad occupare l’antiterrorismo, così da allargare il raggio dell’inchiesta. Indagini concrete potrebbero almeno dare delle risposte, se non una speranza, ai genitori della povera Rosa. Nel frattempo, viene da chiedersi se qualcuno sarà mai ritenuto colpevole, quanto meno morale, per le indagini non fatte, per le risposte non date e per i diritti non garantiti. Il diritto penale nasce dall’esigenza di evitare che la vittima di un reato possa vendicarsi del torto subito, per scongiurare faide e tutelare la pacifica convivenza della comunità. Lo stato si sostituisce al privato e punisce il colpevole. Che paese è quello in cui una ragazzina scompare per miopia della giustizia che dovrebbe tutelarci? Che paese è quello che consente ad un pakistano (simpatizzante dell’Isis) e ad una ragazzina dagli occhi azzurri e dalla pelle chiara di dissolversi nel nulla forse, addirittura, passando le frontiere? Che paese è quello in cui ci si appella alla Costituzione per tutelare i diritti inviolabili dell’uomo, dimenticando quelli degli inermi genitori di Rosa? Qualcuno dovrebbe essere chiamato a fornire risposte e ad assumersi responsabilità. Ma c’è da scommettere sul contrario.