Immigrati: da irregolari a invisibili


Mentre noi piangiamo nuovi morti dopo gli attentati sulle Ramblas e viviamo con angoscia le minacce mosse dall’Isis all’Italia, continuano ad approdare ondate di profughi, che esigono aiuto e protezione. Gli Stati europei, con l’Italia come capofila, subiscono senza quasi reagire, perché incapaci di espellere milioni di immigrati irregolari e di controllare chi sembra essersi ormai integrato, anche se abusivamente. Eppure proprio la Grecia, ultimo baluardo europeo al confine con la Turchia e limbo dei profughi diretti in Occidente, sembra aver trovato l’antidoto per indurre gli irregolari a tornare nei paesi d’origine. Il programma “Sostegno d’emergenza all’integrazione e alla sistemazione abitativa” rappresenta una svolta rispetto ai progetti umanitari del passato, perché mira ad integrare i profughi ed a rimpatriare i clandestini. Il progetto greco nasce soprattutto dall’esigenza di fronteggiare il massiccio esodo di rifugiati, in passato diretti verso Germania e Svezia, oggi costretti a rimanere entro il confine ellenico a causa delle chiusure delle frontiere dell’Europa settentrionale, che ha eretto muri come antidoto all’immigrazione. Non riuscendo a raggiungere l’Europa e bloccati in una paese sconvolto dalla recessione, gli immigrati si erano trasformati in bande di disperati, incattiviti dalla ferma intenzione di non voler rientrare in Turchia. A coloro che hanno scelto di rinunciare al sogno europeo, è stata però data la possibilità di ricostruirsi una vita nel paese d’origine, anche in risposta ai sacrifici ed alle umiliazioni che hanno subito durante l’esodo. Il progetto, proposto da Daniel Esdras, responsabile della Organizzazione Internazionale per l’immigrazione in Grecia, è in controtendenza con la politica adottata finora dal paese e prevede la collocazione degli immigrati irregolari in un centro di accoglienza a 5 stelle, ubicato in una zona bene della capitale e dotato di ogni comfort, dall’aria condizionata alla lavanderia, dal servizio di interpretariato in 9 lingue, al supporto psicologico e logistico per il rimpatrio. In questo centro viene salvaguardato il nucleo familiare, tanto che le famiglie sono ospitate in camere private. Gli immigrati, accettando quanto previsto dal regolamento del centro, che vieta ad esempio di fumare e di ospitare estranei, usufruiscono dei servizi di pulizia, della rete wi-fi, di televisori a maxi schermo e della fornitura di tre pasti halal (alimenti leciti per i musulmani, ndr) al giorno, con l’unico compito di rifarsi il letto. Una sorta di vacanza a spese della Ue, al termine della quale viene garantito il sussidio necessario per rifarsi una vita nel paese di origine, grazie all’acquisto di capi di bestiame, taxi o macchine da cucire. Secondo i dati riportati dall’orientalista Daniel Pipes, direttore del Middle East Forum, che ha visitato in prima persona il centro, “su 2.200 migranti che sono stati ospiti della struttura, il 94 per cento ha lasciato la Grecia per tornare nel proprio paese di origine”. Il centro è aperto a tutti gli irregolari che accettino di tornare nel paese di origine, fatte salve le zone interessate dai conflitti armati, quali Yemen, Siria, Libia e Afghanistan. Questa formula, finanziata da appositi fondi comunitari elargiti in realtà anche all’Italia, in Grecia funziona. Il paese ellenico è riuscito infatti a rendere dignitoso e conveniente il rimpatrio degli irregolari, anche abbattendo i costi del welfare, in quanto finanziare con 1500-2000 euro un progetto in un paese nel sud del mondo costa certamente meno che mantenere un immigrato in un centro di accoglienza, tanto più perché si tratta spesso di gente intenzionata a raggiungere altri paesi europei. Poiché a parità di costi, il confronto non regge, viene il sospetto che in Italia ci sono altri interessi nascosti dietro la volontà più o meno esplicita di non vedere quelli che impropriamente chiamiamo clandestini. Basterebbe fare maggiori controlli nelle strade e nelle moschee. A tal proposito vale la pena ricordare che va fatta una distinzione netta tra i richiedenti asilo, i rifugiati e gli irregolari. Questi ultimi entrano più o meno legalmente nel nostro paese, ad esempio attraverso un visto turistico o di lavoro, che poi lasciano scadere, o passando illegalmente i confini con i barconi o stipati nei tir. Per poi sparire nel nulla. Spesso non si lasciano prendere le impronte, non è possibile censirli. Diventano degli invisibili, anche se li vediamo lavorare nei campi, prostituirsi nelle strade e vendere braccialetti colorati sulle spiagge. Negli ultimi 30 anni sono stati regolarizzati almeno un milione e ottocentomila persone. Ma ragionando sui rimpatri degli irregolari e sulle domande di status di rifugiato ospitante, dal 1 gennaio al 31 luglio di quest’anno il nostro paese ha valutato 86.837 richieste di asilo (il 46% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno) e valutato 46.224 domande di protezione internazionale, negandone una su due. Considerato che contro il diniego viene data la possibilità di proporre ricorso in primo grado e in Cassazione, come previsto dal decreto Minnitti-Orlando, nonostante quanto asserito dalle varie associazioni che aiutano gli immigrati, può invece ritenersi che molti ricorrenti, di fatto irregolari, spariranno nel nulla, visti i tempi biblici dei nostri tribunali. Si potrebbe però prendere esempio dalla Grecia, per scongiurare che si ripetano episodi aberranti come il fallimento di Roma, prova concreta che in Italia non c’è un vero piano per l’accoglienza. Figuriamoci per il rimpatrio.