
Impressioni napoletane
Secondo il tabloid d’oltremanica The Sun, vivere a Napoli è come vivere a Grozny, girare per le strade del nostro capoluogo è la stessa cosa che districarsi tra quelle di Karachi, Napoli è esclusivamente una sorta di favela sul golfo, un avamposto dell’inferno costellato di pericoli e pericolosi, un coacervo di brutture di ogni risma che non lascia spazio a spiraglio alcuno e dove è tassativamente sconsigliato, recarsi.
Alla luce di quanto sostenuto da Guy Birchall autore del servizio col quale il quotidiano inglese ha stigmatizzato l’antica, mitica Partenope collocandola tra le undici città più pericolose al mondo, droga, omicidi e criminalità la equiparano a Manila e all’honduregna San Pedro Sula, che, per quattro anni, dal 2011 al 2014, è stata la città più violenta del mondo e di certo non la distinguono da Raqqa, roccaforte siriana dell’Isis, da Caracas ( che, con i suoi 120 omicidi l’anno ogni 100.000 abitanti ha tolto a San Pedro Sula il suo deprecabile primato) o da Mogadiscio, terra di una cronica guerra civile.
Orbene, premettiamo che il Sun è un quotidiano di stampo sensazionalistico e che per tale sua esasperata caratteristica, per i contenuti e il taglio degli articoli, rivolti a un pubblico di non elevatissima preparazione, non incontra i favori della stampa di qualità del Regno Unito, Cerchiamo di sorvolare i fiumi impetuosi di parole che sulla nostra Napoli, innegabilmente storicamente complicata, insicura, pericolosa e violenta come tutte le metropoli di ogni latitudine, scorrono da tempi immemori e ne danno la tramandata visione del paradiso abitato da diavoli (come sostenuto nel discorso “ Regnum Neapolitanum Paradisus est, sed a diabolis habitatus” composto nel 1707 dal prof. Daniele Omeis, docente di morale presso l’Università tedesca di Altdorf). Tentiamo anche di non tener conto di certa pubblicità televisiva che, concepita per far comprendere che la delinquenza e l’avida disonestà prima o poi chiedono il fio, ha invece portato nel mondo una immagine tetra e tristemente univoca di questa città.
Ciò che più colpisce di suddetta ennesima, gratuita gogna è il tono delle accuse, che appaiono prive del conforto dell’esperienza diretta, improntate al ” sentito dire”, alla banalità dei luoghi comuni non privi di una certa fantasia (l’espressione “andare a Napoli” mai , a memoria, ha avuto la stessa valenza che ” andare all’ inferno”) e non supportate da veri e propri riscontri statistici che,di sicuro, non farebbero di Nea polis la rappresentante dell’Europa occidentale in merito.
Nel ribadire opportunamente che le problematiche esistono e possiedono addirittura i caratteri della storicità, non si può fare a meno di ritenere che quanto emerge dall’articolo del tabloid inglese sia paragonabile al risultato di una serie di impressioni , intese come giudizi che si fermano in superficie e che non danno del loro oggetto una visione complessivamente veritiera, non andando oltre l’immediato negativo più conosciuto.
Vengono in mente le Impressioni italiane di Charles Dickens, il resoconto che l’illustre predecessore di Birchall fece del suo viaggio in Italia, effettuato tra il 1844 ed il 1845 insieme alla moglie, ai figli e alla cognata. In questo caso non manca l’esperienza sul posto, l’osservazione diretta di ciò di cui si scrive ma, sia di Napoli, che di Roma, che di Genova, che di Firenze, che di Parma, l’autore di Oliver Twist parla quasi esclusivamente come di città sporche e trasandate, disordinate e poco vivibili, decadenti e infarcite di gente dall’aspetto per niente raccomandabile e di ragazzini insopportabili. Napoli poi non è affatto, così come avevano riportato i suoi connazionali nei loro resoconti di viaggio in giro per lo stivale, il pittoresco agglomerato cuore di una vera e propria capitale europea, ma solo il rifugio di mendicanti, gente di malaffare, ladri e patiti del gioco del lotto. E il resto? Possibile che tutto finisse qui, sui rigagnoli fetidi di un vicolo?!
Possibile, ritornando ai giorni nostri e al pezzo del Sun, che non vi sia tentativo alcuno di sporgersi neanche tanto di più per restare abbagliati dalle bellezze naturali e architettoniche della sirena del golfo e dalla sua “biografia”?! Che non sia stuzzicata la curiosità di comprendere per quale motivo essa possa riservare anche risvolti oltremodo spiacevoli e, siamo d’accordo, per niente rassicuranti?! Che Neapolis non è il livido inferno descritto da Birchall, equiparato a città in cui sono addirittura calpestati i più basilari diritti umani?!
E dire che soltanto nel 2015, un sondaggio condotto da un ben più illustre quotidiano british, il Daily Telegraph, aveva proclamato Napoli la città più amata dagli inglesi con più del 50% delle preferenze.