Dal bunga bunga al banga banga


È passato il tempo del BUNGA BUNGA. Adesso siamo nell’epoca del BANGA BANGA.
La terra nella quale siamo nati e viviamo con i nostri figli, da sempre ha subito, inglobandoli, gli arrivi di altre genie ma rispetto al passato si assiste ad una graduale mancanza della tacita accettazione della pluralità etnica, terreno fecondo di opinioni in campo etico, politico e morale diranno gli inconsolabili Soloni che firmano pagine e pagine di giornali e riviste. A coloro ricordo che la reciproca tolleranza (da essi tante volte invocata al limite dell’imposizione, ma mai ben definita fattualmente) acquisisce la connotazione di valore prodromico alla nascita della libertà politica, che in ultima analisi è quella di pensiero.
A partire dalla seconda metà del decorso decennio, si è innescato un meccanismo di coesistenza conflittuale tra i doveri dell’ospitalità sanciti dal dettame Costituzionale e normativo e l’abuso funzionale perpetrato del diritto ad essere ospitati.
Nel quadro della dialettica istituzionale, l’abuso di taluni, noti, faccendieri ha innescato un meccanismo di attrazione comunitaria, complice la mancata denuncia degli affittuari, la mancata verifica istituzionale dell’abitabilità di molteplici tuguri o locali aventi differente destinazione urbanistica, le inesistenti anagrafi domiciliari, i mancati corrispettivi stante l’aumentato volume dell’immondizia prodotta ecc. ecc.
Al di là di posizioni ideologiche differenti e talora opposte, lo strenuo principe della tolleranza, l’impettito uomo dalla fascia tricolore trasversa sul petto, propone e si fa latore di un modello d’integrazione impari: infatti, contrariamente ad ogni valutazione sulla strategia di accorpo multiculturale, gli indirizzi del “volemose bene” o i dettami papalini della “accoglienza senza riserve” hanno innescato per la prima volta nella nostra Comunità, da sempre alfiere della Solidarietà, differenti meccanismi d’insofferenza. La circostanza che l’intolleranza si svincoli sempre più dalla problematica dell’epidermica diversità trova pieno riscontro nel vociare, nel commentare non più a denti stretti che il troppo storpia. Basti notare che nei giorni soprattutto del fine settimana la popolazione indigena appare numericamente minoritaria nelle piazze e nelle strade. Ma, domandiamoci: nei paesi limitrofi si vive la stessa realtà? No, miei cari alfieri del diritto a danno del dovere, siamo l’unico paesello che gode di questo genere di sovraffollata coesistenza. In tanti si chiedono, inoltre, perché i diritti che sono riconosciuti ai gruppi ed agli individui che ne fanno parte non rappresentano benefici dell’originaria comunità stanziale in queste contrade? Ad esempio, un commerciante, un imprenditore, un artigiano che non soddisfi i sacrosanti obblighi dell’erario, delle Autorità locali, sanitarie, previdenziali, e quant’altro funzionale all’impianto delle nostre Istituzioni, perde ogni potere di contrattazione, mentre le nuove leve del terziario rimangono indisturbate da controlli, verifiche e quant’altro, poiché per l’integerrimo funzionario pubblico “è difficile capirli quando parlano, i documenti sono sempre fotocopie, sembrano tutti uguali, sono brava gente, tanto che male fanno”. In questo contesto non è possibile attuare il modello di tolleranza delle democrazie avanzate, poiché le nuove Comunità tendono a conservare le loro strutture e non perseguono il principio di tolleranza che Essi dovrebbero offrire a loro volta (lo fanno?). Ovviamente, molti nostri concittadini con requisito ius sanguinis accettano tolleranti il troppo abuso che dilaga poiché si disse IL NUMERO È POTENZA: si ma del reddito in nero ricavato da affitti resi in barba agli obblighi del Codice Civile e del TULPS. Tollerante ed amicale è anche colui che lucra da faccendiere per procacciare permessi di soggiorno, per regolarizzare presunti badanti, presunti manovali ecc. ecc. Questo vile atteggiamento opportunistico, conosciuto nei suoi intimi meccanismi da coloro che, per deputazione locale vuoi per mandato vuoi per dovere, hanno potere, ruolo e funzione per contrastarlo, ma non lo fanno, disconosce la dignità dell’individuo originario, dell’autoctono, dell’indigeno poiché “nessuno deve essere disturbato per le sue opinioni, anche religiose, purché la manifestazione di esse non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla legge ” recitava nel 1789 la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino. Cari lettori la Legge, l’istituto fondante la Civiltà, ci garantisce da forme privilegiate ma sembra che un altrui privilegio è in atto. Purtroppo, siamo alla soglia di una deriva xenofoba che non si vorrebbe vedere manifesta. Le motivazioni alla tolleranza, l’atteggiamento di apertura può essere naturale ma esiste anche una tolleranza conformista condizionata dal desiderio di uniformarsi all’atteggiamento della maggioranza. Altri ne hanno fatto un progetto scolastico per affinare conoscenze sulla religione ed il folklore. I più avvertono di essere stati tolleranti in modo passivo per pura curiosità, per spinta umanitaria, ma si stanno ricredendo.