Emilia Romagna violata


Non una ma due alluvioni in un mese: questo l’amaro bilancio dei capricci del meteo sull’Emilia Romagna. Soprattutto la zona a valle della dorsale appenninica, quella che guarda l’Adriatico per intenderci, è stata colpita duramente da una massa d’acqua che nessuno si aspettava.


Eravamo abituati ormai a lanciare anatemi contro la siccità, a temere per i raccolti che rischiavano di bruciare, invece è stata l’acqua ad affogare tutto, quell’’acqua che farà probabilmente marcire le radici di circa 45 milioni di alberi da frutto e azzererà i raccolti di barbabietole, ravanelli, fragole e grano. Già, il grano: il famoso Senatore Cappelli che fornisce la pasta di grano duro che tanto amiamo con perfetta incoerenza, giacché è stato il primo OGM della storia ma guai (giustamente) a toccarcelo!
Già la prima botta a inizio maggio era stata dura, ma la batosta della scorsa settimana ha messo in ginocchio una delle economie più salde d’Italia, per buona parte agricola ma non priva di eccellenze industriali, a partire dalla Ferrari per giungere a Barilla e a tanti altri nomi che ben rappresentano l’industria Italiana nel mondo. S’, perché l’Emilia Romagna è quel pezzo di terra voluto da Dio per permettere agli uomini di costruire la Ferrari. Gli Emiliani-Romagnoli sono così.
Devono fare una macchina? Loro ti fanno una Ferrari, una Maserati, una Lamborghini o una Pagani. Devono fare una moto? Loro costruiscono una Ducati. Devono fare un formaggio? Loro si inventano il Parmigiano Reggiano. Devono fare due spaghetti? Loro mettono in piedi la Barilla.
Devono farti un caffè? Loro ti fanno la Saeco. Devono trovare qualcuno che scriva canzonette? Loro ti fanno nascere gente come Dalla, Guccini, Morandi, Zucchero, Vasco, ma anche Ligabue, Cesare Cremonini, Laura Pausini, Nek, Samuele Bersani, Luca Carboni e gli Stadio. Devono trovare un cantante lirico? Loro mettono al mondo Pavarotti. Devono offrire un bicchiere di vino? Loro ti coltivano il lambrusco, il sangiovese e l’albana. Devono organizzare una serata danzante? Loro mettono al mondo Raoul Casadei. Devono farti una siringa? Loro ti tirano su un’azienda biomedicale. Devono fare quattro piastrelle? Loro se ne escono con delle maioliche meravigliose.
Sono come i giapponesi, non si fermano, non si stancano, e se devono fare una cosa, a loro piace farla bene, bella e utile a tutti.
Ci saranno pietre da raccogliere dopo un terremoto? Loro alla fine faranno cattedrali.
Ma oggi invece del terremoto è venuta l’alluvione, anzi, due in meno di un mese. E adesso tutti lì a tirarsi su le maniche, carichi come molle con la voglia di ripartire più in forma e più bravi di prima.
Nel Belice stanno ancora aspettando che lo Stato gli aggiusti le case e in Abruzzo molti ancora vivono nei container: una ghiacciaia d’inverno e un forno d’estate. Questi invece, c’é da giurarci, faranno come i friulani di Gemona, che dopo un anno non c’era più traccia della devastazione sismica. D’altro canto lo hanno dimostrato quando il terremoto li ha colpiti nel 2012: si sono inventati anche l’adozione delle forme di parmigiano pur di risollevarsi in fretta!
Purtroppo però questa volta il destino si è accanito malamente e i danni sono enormi. oltre 10 mila alberi da frutto moriranno di asfissia perché le radici non potranno respirare con tutta l’acqua che le sommerge, le fabbriche dovranno fare una lunga pausa, sacrificando forse anche le ferie per risollevarsi e ricominciare a produrre e le persone avranno spese ingenti per ricomprare tutto ciò che l’acqua ha spazzato via o il fango ha sommerso in una morsa che diventa più dura ogni giorni che passa.


Già, l’acqua e il fango. Non si poteva fare proprio nulla per evitare un evento che seppur catastrofico rientra nell’ordine dei fenomeni atmosferici? Probabilmente si poteva fare molto, a partire dal blocco della cementificazione selvaggia e del disboscamento criminale. Un albero d’alto fusto è in grado di drenare un metro cubo d’acqua all’ora facendola filtrare nelle falde sottostanti, ma se in un giorno gli riversano addosso l’acqua di sei mesi certo non può farcela!
Eppure sono anni che i geologi si battono inutilmente contro una classe politica stupida e ignorante. Occorrono grandi opere, però le grandi opere di solito sono invise alla gente, pertanto i politici le sostituiscono con tante piccole opere che non riescono a raggiungere lo scopo.
Un esempio? È stato abbassato di ben 2,53 metri (che sono proprio tanti!) l’argine del fiume Senio per farci una pista ciclabile, inaugurata il 22 aprile con una pedalata cicloturistico alla quale ha partecipato il governatore Pd dell’Emilia Romagna Bonaccini che, per l’occasione, si era cimentato in un vero e proprio sprint con la Giunta al seguito.

Due settimane dopo lo stesso argine è franato sotto la spinta del fiume Senio. Quella inaugurata sugli argini del Senio era un’opera da 620mila euro, dieci chilometri di pista realizzati proprio all’apice dell’argine del fiume e perla quale sono stati sradicati centinaia di alberi. Per realizzare la ciclovia, che si trova vicino alla casa dell’ex ministro del Lavoro Giuliano Poletti, la Regione ha stanziato un contributo di 380mila euro, mentre il Comune di Castel Bolognese è intervenuto con il 38% della spesa (240 mila euro, stando a liberoquotidiano.it).
Nella presentazione del sito ufficiale della regione Emilia Romagna, si decantava la bontà dell’opera assolutamente “green” «… ricca di spunti naturalistici e culturali, perciò attraente nell’ottica del turismo outdoor». Peccato che il disboscamento effettuato sia stato una concausa proprio in quel punto del disfacimento dell’argine e dell’esondazione del Senio che alla seconda alluvione non ha retto, perché nessuno ha pensato che togliere quasi due metri e mezzo all’argine era pura follia!
Il Senio era da tempo al centro dell’attenzione dei residenti che più volte hanno manifestato perplessità, lamentando il fatto che la cima era stata “limata” per allargare il percorso della ciclabile e temendo che questo intervento potesse indebolire gli argini.
Il presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia Romagna, dottor Paride Antolini e il suo collega dell’Ordine marchigiano Piero Farabollini sostengono che sia un errore togliere gli alberi all’apice degli argini dei fiumi. «Non ha senso in quanto si crea uno scompenso », spiega Farabollini che è anche professore di geomorfologia all’Università di Camerino. «perché nel momento in cui si tolgono apparati radicali e si alza la piena, complice l’umidità, l’acqua non trova resistenza e questo provoca le rotture degli argini. Dobbiamo ripensare all’utilizzo del territorio tenendo conto dei cambiamenti climatici come questi, cioè piogge intensissime in breve tempo, ed evitare l’eccessiva cementificazione di questi territori».
Così, mentre da una parte la giunta Bonaccini si vanta di essere la Regione più virtuosa nel settore delle piste ciclabili annunciando in questa legislatura investimenti per la realizzazione di circa mille chilometri di percorso, dall’altra tralascia manutenzione agli argini e progetti per la realizzazione di casse di laminazioni per contenere le piene dei fiumi (su 23 finanziate ne sono state realizzate 12, e chissà i pareri negativi dell’Arpa Emilia Romagna!) e restituisce ben 55 milioni allo Stato perché in dieci anni Bonaccini e Shlein (che, ricordiamo, in tedesco significa giustappunto “Poco”) non sono stati capaci di spenderli.
Ma non è certo l’unica causa: basta guardare cosa si accumula sotto le arcate dei ponti di quasi tutti i fiumi per capire che la pulizia degli alvei non si fa più da almeno una generazione. Ecco il risultato di aver trasformato il Magistrato dei Po in AiPo e averlo dato in mano ai verdi. Eppure tutti giù a tirar madonne contro le auto diesel che inquinano e provocano le bombe d’acqua. Tutti dietro al sindaco Sala a bloccare le auto con ogni scusa, a fare corsie per i ciclisti (che non ci sono!) in mezzo a Corso Buenos Aires senza nemmeno avere un barlume di consapevolezza che un condominio riscaldato a gasolio (vietato da anni ma sempre tollerato dai politici per non perdere consensi e voti!) inquina come e più di mille automobili.


Invece se un vecchietto va a far legna sull’argine del fiume sotto casa, zacchete! ecco una solerte pattuglia che lo multa per centinaia di euro. Poi però le cataste di legna sotto i ponti non va mica Bonaccini a toglierle, e nemmeno i pidioti di Frau Poco, o i verdi oppure i pentapitechi del conte insistente (tutta gente che, a parte Bonaccini a braccetto con la Meloni, a Forlì non si è manco fatta vedere).
Meno male che almeno abbiamo tanti bravi ragazzi che si sono offerti volontari per pulire e per aiutare la povera gente alluvionata. Gli alpini, smaltita la sbornia di Udine, si stanno organizzando per dare anch’essi una mano, come sempre.
Mi è stato segnalato che a spalare in Romagna c’era anche un pilota giapponese di Formula Uno.
Di “accolti” al momento nessuna traccia. Già, piove ancora…
E dire che a sinistra ne avevano uno che girava con gli stivali di gomma ovunque…
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Fonti:
liberoquotidiano.it
ansa.it