Afghanistan, resta la vergogna


Vent’anni fa non sapevamo neppure dove fosse l’Afghanistan. Lo conoscevamo per l’invasione russa e lo avevamo visto al cinema nel film di Rambo, ma il resto era completamente ignoto.
Prima dell’invasione gli americani volarono sopra il paese per giorni con le cannoniere Spectre trasmettendo messaggi di guerra psicologica.
In teoria dovevano entrare nelle trasmissioni TV e radio: solo che a terra non c’erano TV e Radio a ricevere perchè i Talebani le avevano bandite. L’ignoranza di un popolo si misura anche da questi dettagli. L’Afghanistan moderno e civile, che fu meta di transito sulla via della seta negli anni ’60, dopo decenni di guerra era tornato al medioevo.

Donne afghane prima dell’avvento dei talebani

Noi italiani, al traino degli americani durante l’invasione del 2001, abbiamo imparato a conoscerlo e molti di noi si sono innamorati di quel Paese e della sua gente. Vent’anni ci siamo stati in Afghanistan: una vita. Non credete a chi vi dice che questo periodo è stato inutile: sono idiozie politiche. In realtà in quei vent’anni l’Afghanistan aveva ripreso il passo con il resto del Mondo, nonostante il terrorismo e la guerra: le famiglie iniziavano a costruirsi un futuro, le donne riprendevano a studiare, le più grandi almeno impararono a leggere e scrivere. Insomma, le persone avevano di nuovo dei diritti.
Poi, dopo vent’anni, abbiamo abbandonato un popolo amico. Quasi due anni fa gli americani in una notte sono fuggiti da Bagram alla chetichella, per paura che tirassero ai loro aerei dalle colline e per lo stesso motivo anche “il nostro” aeroporto di Herat diventò inutilizzabile.
I Talebani dopo la conquista di Kunduz hanno avuto la strada spianata verso Kabul, così l’orologio della storia è tornato indietro.

Lo sport femminile secondo i talebani

Dovremmo vergognarci: abbiamo illuso un popolo che aveva bisogno di noi e lo abbiamo abbandonato al peggiore dei destini.
Habiba Sarabi, la Governatrice della provincia di Bamiyan (dove i nuovi barbari hanno distrutto le grandi statue del Buddha), la prima governatrice donna Afgana, oggi vive in USA perché se torna in patria per lei è finita. Oggi solo pochi afgani riescono a entrare in contatto con il mondo occidentale attraverso saltuari e clandestini collegamenti con Facebook. Io spesso leggo messaggi di afgani in rete, ma sono sporadici, scritti quasi con la fretta e la paura di essere scoperti. Alcuni sono amici, altri semplici conoscenti, con altri ancora ho avuto rapporti di lavoro: persone come me e voi.
Ma poco alla volta questi segnali di vita si spengono mano a mano che i talebani stendono la loro ragnatela nera su tutto il Paese, tagliano reti di trasmissione e reti elettriche. E tornerà il silenzio che c’era prima del 2001.
Militarmente non è mai stato fatto un errore tattico e strategico così. Lo stesso Trump che firmò il programma di disimpegno ci avrebbe probabilmente ripensato. Ma Biden se ne frega, anzi: se per risparmiare qualche dollaro è stato creato di nuovo un porto di pirati nel cuore dell’Asia, questo sarà motivo per ulteriori azioni militari che porteranno fieno in cascina ai suoi amici guerrafondai. Pertanto in Afghanistan ci dovremo tornare, e anche questa volta non sarà un viaggio di piacere.
“Voi avete tutti gli orologi, ma noi abbiamo tutto il tempo” recita un adagio diffuso in Afghanistan tra i talebani. Proprio vero: alla fine hanno vinto loro e hanno festeggiato la vittoria e la conquista di Kabul – guarda che combinazione – l’11 settembre… un giorno a caso, per meglio sbeffeggiare un Occidente cieco e ignorante.
Gli americano dovrebbero vergognarsi, ma un po’ anche noi con loro.