
Mi son Istrian, Beo!
Nei giorni in cui si ricorda la tragedia delle foibe è piacevole rileggerre pagine di storia recente che ci fanno pensare a ciò che siamo e che siamo stati.
Nel 2010, uno studente che doveva redigere una tesi di laurea sull’Istria si recò in quella terra e fece un centinaio di interviste a persone che vivono laggiù.
E’ interessante leggerle per capire come la pensa un popolo che da secoli si è visto scorrere davanti la Storia senza mai viverla da protagonista, o che forse è sempre stato protagonista di storie non sue.
Dopo il dominio romano e poi bizantino, passò alla Serenissima Repubblica veneziana, vedendo transitare di striscio le invasioni ottomane fermate dal principe Eugenio di Savoia alle porte di Vienna. A seguito del trattato di Campoformio (17 ottobre 1797) l’Istria assieme a tutto il territorio della Repubblica di Venezia fu ceduta agli Asburgo d’Austria. Dal 1805 al 1813 cadde sotto la dominazione francese ed i suoi destini furono decisi da Napoleone. Dal 1805 al 1808 fece parte del Regno d’Italia napoleonico ed in seguito fu inserita nelle Province Illiriche, direttamente annesse all’Impero francese. Nel 1814 l’Istria tornò sotto gli Asburgo. Nel 1825 venne costituita la provincia istriana unendo il territorio già veneziano al territorio già austriaco. Quando Venezia si ribellò nel 1848, in alcune cittadine della costa occidentale si ridestò un sentimento di appartenenza alla vecchia dominante, unito ad una nuova consapevolezza nazionale, ma sono con la vittoria nella Ia Guerra Mondiale e con l’impresa di Fiume l’Istria divenne in parte Italiana. Poi venne Tito e la Yugoslavia, le IIa Guerra e i trattati che en seguirono, ma gli istriani erano sempre là, a guardare eserciti che passavano e bandiere che prendevano tutte il vento del Quarnaro sebbene ogni tanto cambiassero i colori.
Già da queste poche righe si può capire quanto interesse possa suscitare la storia di una popolazione così frequentemente rimescolata dagli avvenimenti storici. Una tesi di laurea su questo argomento è un’impresa titanica di per sé, quindi le interviste diventano fondamentali per capire la mentalità della gente che vive immediatamente ad est di Trieste, fino a Pola, Veglia e Lussino.
La più interessante di queste interviste ritengo sia quella fatta a un vecchio istriano di Buje che allora (era il 2010) aveva circa 90 anni.
Alla domanda “Lei si sente italiano?” la risposta – in idioma Giuliano (veneto – triestino) è stata la seguente:
“Un zorno son nato che la bandiera la gaveva un’aquila con do teste e li parlava cruco. Un zorno me so svejá che la bandiera l’era tricolore e li parlava talian. Un dì me svejo de novo e trovo na bandiera co la stèla rubia e la lengoa l’era slava; n’altro dí me so svejá ancor có na bandiera piena de scacchi e tanti scudeti in zentro e li me gà dito che l’era tera croata.
Dopo sti zorni e ste bandiere te me chiedi se son talian?
A mi so Istrian, solo Istrian!
Son restá ne là me tera parchè son Istrian no parchè son Titin, questa la zè là me tera.
I me noni l’erano S-ciavoni, i laorava la piera bianca par la Serenissima, là me lengoa zè Veneto-Zuliana, a mi me sento Istrian, né Talian né Slavo, solo e sempre Istrian!”.
La persecuzione dei comunisti titini è sì avvenuta e le foibe la ricordano, ma non é stata contro gli italiani ma contro gli Istriani, i Fiumani (Fiume non è Istria) e i Dalmati tant’è che tutti parlano di “Profughi Istriani e Dalmati”, nessun storico o nessun scrittore parla chiaramente di “Profughi Italiani” ben sapendo che gli Istriani sono stati geopoliticamente soggiogati sia dai fascisti che dai comunisti yugoslavi.
Istriani quindi, gente legata per secoli più alla madre Serenissima come sua fedele provincia che all’Italia ed altri invasori. Gente che ancora nel 1980 parlava in dialetto veneziano ai turisti che non capivano tanto bene il triestino, che accoglieva gli italiani con gentilezza e sputava nella birra prima di servirla ai tedeschi e ai serbi.
Molti italiani li hanno disprezzati e dileggiati non considerandoli loro pari tali solo per il fatto che erano istriani di idioma Veneto.
Ma… “Mi son Istrian, beo!”
NOTA: intervista letta su FB (senza riferimenti)