Sanremo: mito o dramma italiano?


Ci siamo: si è appena concluso Sanremo 2023, con la sua scia di spettacolarismo e polemiche, che sono la normale amministrazione da anni di tutte le edizioni, con politica, media e major discografiche sempre in agguato. Contenti dei risultati? I vostri beniamini l’hanno spuntata o no?
E’ stata la mirabolante serata ad incoronare il vincitore, a decretare la delusione di chi ambiva un piazzamento migliore e spera di farcela in tempi migliori. Con palco e platea di nuovo a pieno regime passata la pandemia, in gara i 28 big, con le proprie esibizioni. Veri talenti ed aspiranti tali, big e nuove promesse, alla caccia del voto, quest’anno espresso attraverso un sistema ancora più complicato del passato.
Ormai sono pochi in italia a non esserci cresciuti insieme, è parte di noi, tanto che la prima serata è stata come unicum “inaugurata” dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al canto dell’Inno di Mameli da parte di Gianni Morandi, dopo lo show costituzionale – in parte discutibile – di Roberto Benigni: ecco il vecchio caro Festival della canzone italiana, più comunemente conosciuto con la denominazione “Festival di Sanremo.
Un mostro sacro. E’ la più classica fra le classiche delle kermesse musicali patrie, essendo riproposta ininterrottamente dal 1951, divenendo pertanto uno dei principali eventi mediatici del Paese. La storia è storia e buon sangue non mente. Nato con lo scopo prioritario di alimentare il turismo del comune ligure nella stagione in cui la presenza dei turisti scarseggiava,la popolarità e il giro d’affari nel tempo ha raggiunto livelli incredibilmente superiori ad ogni iniziale previsione.
Azzeccata da subito la scelta di creare un concorso canoro invitando artisti di tutto il paese, con presenze dall’estero che si sono ampliate a tutti i continenti nel corso delle varie edizioni.
Dal 1955 divenne terreno di conquista ed esclusiva della neonata TV di Stato. Una lottizzazione fra le più ben riuscite, di cui i direttori artistici susseguitisi sono state le ballerine di fila, sin dai tempi del gran Patron Gianni Ravera e con lui parliamo di preistoria.
Trasmesso dal primo canale televisivo RAI ha raggiunto il livello di big tra i prodotti d’intrattenimento nonché culturali, grazie alla capacità di raggiungere punte di share che superano il 50%. Ammesso che, come talora si è sospettato, i dati non siano ad arte falsati, in questa realtà vittima del fake system.
La musica, o meglio la teatralizzazione della musica – con il bel canto appare e scompare, – la vera regina della manifestazione, è diventata un fattore di creazione della cultura popolare promossa da Sanremo, grazie in primis all’interdipendenza esistente tra di essa e il sistema socio – culturale di riferimento, per via delle dinamiche sociali che vengono a crearsi non tanto con il prodotto musicale in sé, quanto piuttosto con i processi di fruizione dei prodotti musicali.
In tal senso, sopratutto con il tam tam dei tormentoni sparati via radio,la musica contribuisce a plasmare un’identità cognitiva prima ancora che collettiva. Non c’è bisogno di inutili costrutti, non serve evocare fumosi societarismi, per accorgersi che, in questo modo, gli individui creano esperienze condivise (si pensi al clima che si determina durante un concerto), cementa il senso del gruppo, crea senso di appartenenza, può perfino una funzione educativa. Dunque, occorre prestare la massima attenzione alle forme con cui gli effetti della musica si manifestano, considerandone riflessi sociali positivi o negativi. Lasciamo ai sociatri il compito di analizzarli e chissà se almeno loro ci riusciranno.
In oltre settant’anni, la musica a Sanremo ha seguito i mutamenti della società, si è evoluta, ha proposto nuovi generi e modalità comunicative. Creato e distrutto mode e miti. Trampolino di lancio di nuovi divi e sdoganamento di vecchie glorie bruciate.
Il Festival di Sanremo è quindi non solo uno dei brand di punta del Made in italy, ma una rappresentazione per la massa, un moderno ludo circense, che trascende il tempo, lo spazio. Impregna ormai fino alla radice la cultura popolare nazionale. E’ lo specchio dei nostri beni e dei nostri mali, il nostro psicodramma?
Se molti lo amano, altrettanti lo odiano, ma soltanto perché ad ogni edizione fa parlare di sé, si evolve, si plasma sulla realtà sociale come pochi altri elementi fenomeni di stampo socio-culturale riescono, è degno di attenzione e non è nemmeno ragionevole far finta di ignorarlo.