Ginecanabasi, Socordia Organolettica, Tetrivoluzione e…


«Il potere apotropaico del neologismo, oltre la purga».
Con una nota di Natalino Codatozza e un’immagine di Igor Belansky.


Ginecanabasi, Socordia Organolettica, Tetrivoluzione… Tra i neologismi che hanno avuto più successo negli ultimi anni, moltissimi sono stati creati da persone addette alla pubblicità. Ma anche le invenzioni e le scoperte scientifiche generano ogni giorno nuove parole: ecco i neologismi che descrivono processi e strumenti innovativi che ci portano direttamente nel futuro. Ma è sempre così? Nella sua prefazione, l’opinionista Natalino Codatozza esprime qualche perplessità circa i neologismi che si leggono in giro, pure a volte su questo magazine. Altrettanto io, con il non sense della successiva parodia di recensione letteraria.

Prefazione di Natalino Codatozza:
Nomen omen, il contenuto è prefigurato dai titoli, ma non è sempre così immediato cogliere i nessi di significato, spesso non ce ne sono proprio.

Mais la Seine s’en balance
Elle n’a pas de souci
Elle se la coule douce
Le jour comme la nuit
Et s’en va vers le Havre,
et s’en va vers la mer
En passant comme un rêve
Au milieu des mystères
Des misères de Paris.

La Senna, poetico fiume francese, può diventare, di colpo, un famoso e compianto corridore automobilistico brasiliano?? Certamente sì!! Tutto è possibile, se si spazia con la sicumera di chi è convinto depositario del Sapere non dato ai comuni mortali. In un ambito dialettico fluido, quasi psichedelico, tutto s’intreccia e trascolora per evidenziare un cartone di sfondo, che celebra La Scienza e il suo Depositario.
Ridimensionata la suggestione, la stessa senna riappare, in veste di semplice purgante.

Parodia di recensione libraria del volume:

«Il potere apotropaico del neologismo, oltre la purga»

Autore: Il Prete Gianni (ritratto in anteprima nell’immagine di Igor Belansky). Leggendario sovrano cristiano orientale la cui origine risale alla tradizione medievale tanto che, secondo i poemi del ciclo bretone, il santo Graal sarebbe stato trasportato proprio nel suo regno. (https://it.wikipedia.org/wiki/Prete_Gianni).

«Il potere apotropaico del neologismo, ovvero la purga»: così recita l’epigrafe scelta dalla punta avanzata del madrelinguismo – ossia coloro che magicamente partoriscono nuove parole e purgano le vecchie dall’idioma nazionale -, in direzione ostinata e contraria a qualunque legge di marketing, che orienta spesso le major editoriali.
Ed è la sfida epica di una casa editrice con sedi sparse – in accordo ad una convinzione diffusasi in Europa a partire dal XII secolo – in Oriente, laddove si troverebbe ancora il regno di un mitico re e sacerdote cristiano.
Da costui l’Occidente potrebbe ricevere nuovamente sostegno, come sperò un tempo contro l’Islam e poi i Mongoli, per affrontare gli attuali disparati nemici, più mali sociali che potenze militari.
Non pochi, però, si sono chiesti se trovare traccia di questo regno sulle carte geografiche altro non sia che utopia.
Un termine la cui etimologia greca può tanto indicare un luogo buono e dunque ideale (eu-topos), quanto un luogo inesistente (ou-topos) o addirittura un non-luogo (a-topos), dacché si evince qual possa essere la natura di un simile reame e del Prete Gianni, il suo monarca.
A dispetto di prevedibili ritrosie o perplessità da parte di menti retrograde e animi offuscati, la casa editrice (si mormora partecipata al 100% dalla real casa) propone la pubblicazione, ampliata e riveduta, della lettera inviata, in versioni differenti, dal Prete Gianni in illo tempore all’Imperatore d’Oriente, al Re di Francia, all’imperatore Federico I Barbarossa e al Papa.
Tale epistola, la cui veridicità fu successivamente attestata introducendo una apposita normativa dinastica in materia di autocertificazione, ebbe una tale fortuna che la leggenda di Sua Altezza, l’autore, poté trapassare nel mito esoterico, giungendo sino all’Africa, e si intrecciò, agli inizi dell’età moderna, pure a quella del Santo Graal.
La sua nuova edizione, intitolata appunto «Il potere apotropaico del neologismo, ovvero la purga», finalmente offre una risposta convincente su premesse e misteriosi contenuti del documento originale.
L’antica preveggenza sapienziale del Prete Gianni svela magnanimamente un filo conduttore a tutti coloro che bramino orientarsi sul tema, tanto affascinante quanto complesso, della tetrivoluzione (globalizzazione, antropocene, mediatizzazione estrema e ginecanabasi) in atto.
Purgate desuete e male dottrine – dalla filosofia all’antropologia, dalla politica alla storia delle religioni, dalla letteratura alla storia della scienza -, ecco emergere un innovativo e risolutivo corpus dogmatico che si arroga spiegazioni definitive.
Anche sotto forme auto-scientifiche, il focus sono i soggetti societari di tipologia diversa, originatisi grazie soprattutto alla mediatizzazione estrema, la cui dimensione atopica non favorisce una adeguata contabilità, comportando un maggiore effetto moltiplicativo.
L’obiettivo del Prete Gianni è dunque duplice e, in entrambi i casi, ottenuto attraverso un’azione lassativa.
In primis, tracciare le scaturigini della tetrivoluzione e stravolgere l’infondata supposizione che la sua evoluzione sia avvenuta secondo le classiche fasi storiche della civiltà occidentale.
Ne viene lo strepitoso risultato di poter annoverare, nella genesi della tetrivoluzione, la ginecanabasi quale ultimo, se non ultimativo, passaggio.
Un peculiare principio di indeterminazione temporale dell’immaginazione consente quindi all’autore di “purgare” la ginecanabasi da ogni presumibile, seppur lontana, attinenza con il femminismo.
La geniale intuizione è quella che gli inizi di tale movimento – secondo una negligibile storia, teso a conquistare per la donna la parità dei diritti nei rapporti civili, economici, giuridici, politici e sociali rispetto all’uomo -, siano stati fatti falsamente risalire al tardo Illuminismo e alla Rivoluzione francese – periodi normalmente ritenuti anteriori a globalizzazione, antropocene e mediatizzazione estrema -, prefigurando forme evidenti di fantascienza.
Nella giusta collocazione quale fanalino di coda della tetrivoluzione, dall’infimo rango di sinonimo di deteriori fenomeni di emancipazione femminile, forse peraltro nemmeno esistiti, la ginecanabasi può pertanto assurgere alla sua piena dignità di neologismo.
A differenza di altre pasticciate parole del lessico politico moderno, il termine «ginecanabasi», coniato dal Prete Gianni (appena prima delle vacanze natalizie, quale cortese dono al mondo intero), entrando prepotentemente – come si spera –nella discussione sociale, pardon societaria, dunque risuonerà con la dovuta enfasi.
L’impatto andrà assai oltre la mera valenza ermeneutica di “ascesa della donna”, derivante dalla sua etimologia di nome composto in greco antico da gineco (da γυνή γυναικός cioè «donna») e anabasi (da ἀνάβασις, letteralmente «andare in salita»).
Ecco come si concretizza il primo importante riflesso dell’effetto purgativo ricercato.
Veniamo quindi al secondo obiettivo del Prete Gianni, che si configura quale impareggiabile occasione:
– di indagare potenzialità e limiti, a livello teoretico ed empirico, dell’utilizzo in generale dei neologismi;
– di interrogarsi su un loro possibile recupero in senso apotropaico, nella misura in cui si renda inopportuna o impossibile una critica sensata alla società conseguente alla tetrivoluzione.
L’esito è sbalorditivo: quando non ci capisci un tubo, per giustificare affermazioni risapute, fatte per dimostrare lo stesso che sai, la soluzione vincente è escogitare un neologismo stupefacente.
Debitamente purgato ogni ingiustificato senso di sprezzante derisione verso chi si vanta di avere inventato per primo qualcosa d’importante che invece è già noto a tutti, come l’acqua calda, a questo punto subentra il valore apotropaico del neologismo.
Esso consente di purgare ogni genere di degenerazione morale e materiale, favorendo un’utopia, tale è il regno del Prete Gianni, in cui vigono pace, rispetto delle leggi, comunanza dei beni e laboriosità di tutte le classi sociali.
Ben più dei modelli utopici rinascimentali, ben più di altri raffazzonati tentativi quali lo psicodramma, orbene prende forma la “vera” sociatria (cura sociale), a patto di crederci.
Tuttavia, permane l’improcrastinabile esigenza di purgare il concetto di purga, medesimo, da alcune sue residuali connotazioni negative:
in un’ottica chimica o biologica, l’allontanamento di scorie o di impurità, mediante trattamenti specifici (la p. della seta, delle pelli; mettere in p. le lumache, la trippa);
dal punto di vista politico, la drastica eliminazione degli oppositori da parte di un regime totalitario.
In opposizione a tali fallacie, in ragione della tetrivoluzione, il Prete Gianni richiama l’attenzione sulla purga come tensione verso il futuro e come apertura di nuove possibilità rispetto al mondo dato, per la cui attuazione è necessario coniugare la speranza e l’impegno peristaltico.
In tal senso, per mezzo di una purgativa damnatio memoriae di tutto lo scibile ad esso alieno, l’autore giunge ad affermare la concezione di purga promanata dall’unica vera rivoluzionaria scienza, la “sua” Socordia Organolettica, la cui chiave ermeneutica sta nell’ottusità, nella stupidità, nella stoltezza relative alle proprietà di una sostanza, percepibili e valutabili dagli organi di senso, come l’odore, il sapore, il colore.
Essa soltanto consente la piena liberazione da ogni aspetto della vita umana che si rivela sottoposto a un fattore opprimente, meglio a dirsi costipante.
E si basa su un milione di casi, di cui la metà documentati, lungo 5000 anni di sperimentazione. Uno su tutti quello di una specialità della gastronomia ligure, la cima alla genovese, la quale si conserva 5 o 6 giorni in frigorifero, se ben avvolta nel foglio di alluminio, o nella pellicola.
Qualora un simile alimento venga consumato al di fuori delle condizioni raccomandate quali conseguenze procura? È questa la domanda, e insieme la sfida, che l’opera sembra lanciare al lettore.