“‘E Piscature”, trionfa al Centro Teatro Spazio un Viviani moderno e innovativo


E’ stata in cartellone per tre settimane al Centro Teatro Spazio, riscontrando successo di pubblico e critica, una singolare ed acuta edizione di “‘E Piscature”.
Viviani mette in scena, nell’ormai lontano 1925, la vita di una comunità di pescatori come sicuramente non ne esistono più. Famiglie intere, ma anche ‘sottofamiglie’ di lavoranti e comari, costretti a stipare nello spazio contenuto di una baracca, vite, dolori, gioie, amori e… passioni, anche di quelle ossessive e malate!
In questo universo di “dimenticati”, dall’equilibrio così labile e così legato all’imprevedibilità del mare, padre o padrone, un evento tragico rompe la quotidianità: la violenza su una donna, tema amaro e tanto attuale, di cui oggi sentiamo troppo parlare, inorridendo, e che in troppe culture viene ancora giustificato.
Grazie all’innovativo adattamento e all’acuta regia di Vincenzo Borrelli, la messinscena procede in magico equilibrio tra l’atmosfera sospesa propria della tragedia greca e la modernità del linguaggio vivianeo, che, oseremmo dire, ne esce alleggerito, più fluido, anche per la riduzione del testo da tre ad un unico atto. A completare questa riscrittura del dramma, contribuiscono le musiche originali e gli indovinati adattamenti di Alessandro Liccardo, talento del pentagramma, che riesce a tessere con la drammaturgia una seducente rete emozionale che cattura lo spettatore.


In scena un nugolo di straordinari attori. Bravissima, Cristina Ammendola dipinge con efficacia di chiaroscuri, anche solo con l’immobilità e lo sguardo, la disperazione del personaggio di Catarì, vittima dell’abuso familiare ad opera del patrigno, Cumpa’ Dummineco, interpretato dallo stesso Borrelli, che disegna del personaggio, in maniera eccellente e misurata, tutta l’ambigua doppiezza. Intensa, Rosaria De Cicco è una convincente madre Concetta, che si barcamena nel rapporto conflittuale tra il secondo marito ed il figlio Cicciariello, un emozionante ed abile Enzo Attanasio, dalla bella voce, che dovrebbe solo smorzare qua e là qualche tono forse troppo infantile del suo personaggio, che non lo aiuta a mantenerne vivo il realismo. Preciso e toccante, Vincenzo Merolla Emoziona nel ruolo del nonno, dalla voce attempata e il passo tramante. Brava Nancy Fontanella, la vicina un po’ amica, un po’ impicciona. Ma, altro merito della regia, lo spettacolo dà spazio anche a tre giovani leve del teatro, ‘figli’ di quei laboratori che il CTS porta avanti da anni, tutti dalle ottime doti recitative: il giovane Antonio Tatarella, fresco e commovente innamorato di Catarina, dà sfoggio di eccellenti capacità interpretative, anche canore; Francesco Gambini, efficace e divertente nel ruolo del giovane pescatore detto “‘o turrese” per il suo sguaiato slang vesuviano; Cristina Di Fiore, la più giovane della comunità, dalla voce fresca e dalla presenza scenica elegante e popolare al contempo.
La scena di MAVART i colori dell’anima, in linea con l’idea registica, ci aiuta a vedere i personaggi come “esseri ‘acquatici’, che vivono in simbiosi con il loro elemento principe”; colorata di toni dall’azzurrato al livido e ideologicamente divisa in due: l’ambiente casalingo, dalla dimensione familiare, che nasconde le tinte cupe del dramma, e quello esterno, quello prettamente marino. Belli i costumi di Annalisa Ciaramella, efficaci ed indovinate le luci di Chiara Rita Aprea.
Insomma, questo emozionante e appassionato spettacolo, a cui auguriamo nuove repliche e nuovi trionfi, è una dimostrazione tangibile di come talento e caparbietà riescano a concepire grandi messinscene anche in spazi materialmente ridotti, che, magia del Teatro, rompono gli argini dei propri limiti materiali, per librarsi verso altri e più alti orizzonti.