Obiettivi europei sui rifiuti, Italia ancora lontana


Da Bruxelles ci chiedono di non conferire in discarica più del 10% dei rifiuti ma per il nostro Paese questi obiettivi europei sono ancora troppo lontani. Il report di Utilitalia, la federazione delle imprese dei servizi pubblici idrici, energetici e ambientale presentato a Ecomondo, prospetta un quadro particolarmente negativo che conferma il trend delle precedenti edizioni e, in alcuni casi, lo peggiora. Se brilliamo per il riciclaggio di vetro, plastica e carta, abbiamo ancora un problema macroscopico nel trattamento dell’organico e degli scarti, per i quali siamo molto in ritardo mancando almeno trenta impianti per raggiungere gli obiettivi europei e fermare quello che è definito il “turismo della spazzatura”, che ogni anno sposta almeno 6 milioni di tonnellate di rifiuti dal Sud agli impianti del Nord.
La federazione chiede interventi urgenti del governo: «Senza una decisa inversione di tendenza sarà impossibile raggiungere i target Ue che prevedono sul totale dei rifiuti raccolti, entro 15 anni, il raggiungimento del 65% di riciclaggio effettivo e un utilizzo della discarica per una quota inferiore al 10%». I troppi scarti recuperabili che finiscono in discarica, e la mancanza di impianti per chiudere il ciclo dei rifiuti determina, tra le altre cose, una serie di multe che svuotano le casse dello Stato mediamente di 67 milioni l’anno, cui vanno sommati altri 75 milioni di extracosti pagati dai cittadini con la Tari.
Le discariche sono troppe, sebbene paradossalmente non sufficienti alla domanda soprattutto al Centro e al Sud, dove molte sono in via di esaurimento, mentre la “coltivazione delle discariche “mature” (ossia quelle chiuse da oltre trent’anni) è di là da venire, contrariamente a quanto già accade in Paesi più attenti all’ambiente. Ciò impone il cosiddetto “turismo dei rifiuti”, lo spostamento cioè di ciò che non può essere smaltito verso le regioni del Nord, dove finisce nei termovalorizzatori: ogni anno ci sono più di 120 mila spedizioni di questo genere, tutte finanziate direttamente dalle tasche dei cittadini mediante la Tari.
Il documento mostra come ci sia una forte spaccatura nel nostro Paese, con le regioni settentrionali con un numero congruo di impianti, e un deficit di almeno 2,4 milioni di tonnellate rifiuti e materiali da smaltire al Centro. Al Sud il deficit arriva a 2 tonnellate, ma solo per la presenza di un numero maggiore di discariche. Solo in Sicilia, inoltre, ci sono 1,1 milioni di tonnellate in più.
«Senza impianti di digestione anaerobica e termovalorizzatori – ha spiegato Filippo Brandolini, vicepresidente di Utilitalia – non è possibile chiudere il ciclo dei rifiuti in un’ ottica di economia circolare. I dati dimostrano che la raccolta differenziata per il riciclo e gli impianti non sono due elementi contrapposti, anzi: i territori che registrano le percentuali più alte di raccolta differenziata, non a caso, sono proprio quelli in cui è presente il maggior numero di impianti».
Per fortuna si verifica finalmente un’inversione di tendenza sul fronte della digestione anaerobica: alcuni nuovi impianti stanno per entrare in esercizio e per altri, grazie anche al PNRR, ci sono buone prospettive di realizzazione.
Il mancato raggiungimento degli obiettivi europei non deriva solo dalla scarsità degli impianti e dall’ineguale distribuzione quanto dal fatto che il nostro ciclo dei rifiuti è ancora troppo legato all’utilizzo di discariche, che da sole assorbono 5,8 milioni di tonnellate di scarti urbani mentre molte di queste, come detto, sono in via di esaurimento.
Lo spettro di un’emergenza sistemica sul piano nazionale è sempre più concreto e potrebbe aggravare ulteriormente la spaccatura perché al Nord restano ancora 4 anni di vita residua, mentre per il Sud e la Sicilia gli anni sono appena due, in Sardegna uno solo.
La soluzione deve innanzitutto comprendere la realizzazione di impianti tecnologicamente avanzati al Centro e al Sud, che avrebbero l’ulteriore vantaggio della produzione di biometano attraverso il trattamento dei rifiuti organici e di elettricità attraverso i termovalorizzatori, fattori questi che potrebbero risolvere la domanda energetica di almeno 2 milioni di cittadini, abbassando il fabbisogno nazionale del 5% all’anno e svincolando dunque l’Italia da ulteriori importazioni di gas. Senza questa innovazione sarà necessario continuare a conferire rifiuti negli impianti settentrionali, dove per altro il limite del 10% massimo in discarica è già molto vicino.
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Fonte: rinnovabili.it