Pacta sunt servanda


CON UN’IMMAGINE DI IGOR BELANSKY.

Digressioni a partire da una immagine di Igor Belansky. Anche nelle piccole cose, come ad esempio un assaggio di tortelli, se la parola data non ha più alcun valore che esempio possiamo dare ai nostri figli, alle generazioni future? Quello di essere di quelle banderuole, le cui promesse valgono meno di niente, che non mancano all’appello pure intorno a noi.

Se volessimo riportare la questione ai più aulici livelli giuridici, potremmo appellarci alla locuzione latina pacta sunt servanda (in italiano: i patti devono essere osservati), la quale esprime un principio fondamentale del diritto civile e del diritto internazionale. Se volessimo chiamare in causa la filosofia, diceva Hannah Arendt: “Il rimedio all’imprevedibilità, alla caotica incertezza del futuro, è la facoltà di fare e mantenere le promesse”. Notevole, no?

Qui ci preme però rifarci soltanto alla vita quotidiana e, tuttavia, la sostanza non cambia.

E vogliamo ricordare il buon senso delle antiche abitudini, ossia quel mondo in cui i nostri padri o i nostri nonni erano in grado di affermare d’aver concluso un affare per la vendita o l’acquisto di terreni o case, solo con una stretta di mano. Come oggi, dopo si passava certamente dal notaio per formalizzare il trasferimento di proprietà, ma la stretta di mano… aveva già valore assoluto.

Non nascondiamo ovviamente di avere nostalgia per il tempo dei contratti sanciti sulla base della parola data, che valeva come un patto di ferro. In questa modernità, tutto ciò non costituirebbe più una reciproca garanzia: ogni cosa pare abbia perso qualsiasi significato o valore.

Se ci guardiamo intorno, non sarà difficile trovare personaggi che dicono di aver fatto nella vita cose mirabolanti e di poterne fare di ancora migliori, senza portare una prova di esse. Come pure, sapientoni che tentano di incantare il prossimo con magnifiche teorie, salvo poi scoprire trattarsi dell’ennesima scoperta dell’acqua calda.

Altro che salvatori della patria, filantropi o scienziati: questo è il caso dei millantatori, con tutte le sue implicazioni morali.

Veniamo dunque alla categoria affine di coloro che giurano fedeltà eterna ad una causa o ad una parte e immediatamente fremono alla ricerca del futuro padrino, della futura sponda, anche facendo il salto della quaglia, per qualche bonus in più. Eccoci nell’empireo dei voltagabbana.

Esseri spregevoli che spesso abitano purtroppo la politica, la desolata landa in cui promesse di eterna fiducia a quel governo e verso quel leader vengono smentite alla prima occasione utile, passando da un partito all’altro con la medesima facilità con cui ci si cambia la maglietta madida di sudore sotto il solleone…E per fortuna c’è anche chi promette soltanto di fondare partiti, ma alla – chissà perché? -fine non ci riesce, risparmiandoci il tormento della sua discesa nell’agone politico.

Millantatori e voltagabbana non appaiono che come le due squallide facce della medesima medaglia. Con loro, locuzione “per sempre” non è più valida. Meglio sostituirla con … fino alla prossima occasione o forse nemmeno. Con loro, la capacità di mantenere le promesse fatte o di dire le cose come realmente stanno è pura utopia.

Non ne possiamo davvero più di questo genere di parolai, di personaggi che vivono di parole ma non sono di parola. Personaggi che, pertanto, riteniamo privi di senso dell’onore. E, dunque, osservando l’immagine che ci restituisce l’illustratore Igor Belansky, senza mezzi termini degli infami.

E questo non si riflette solo nelle grandi cose, ma già a partire dalle piccole cose. Fossero anche tortelli, usando l’allegoria con cui a volte ci siamo divertiti a dipingere lusinghe o infingimenti dei politicanti.

Siamo davanti ad una piaga sociale che si sparge a macchia d’olio? In nome della vera sociatria, occorre almeno denunciarla…Altrimenti, quale esempio ci troviamo a dare ai nostri figli, alle future generazioni? Quello di essere diventati banderuole le cui promesse valgono meno di zero?